Amour (2012): il dolore della perdita

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Amour: il dolore della perdita

Amour

Titolo originale: Amour

Anno: 2012

Paese: Francia

Genere: drammatico

Casa di Produzione: Les Films du Losange, X-Filme Creative Pool, Wega Film, ARD Degeto Film, Westdeutscher Rundfunk, Bayerischer Rundfunk

Distribuzione italiana: Teodora Film

Durata: 2 hr 7 min, 2 hr 5 min ( Francia)

Regia  Michael Haneke

Sceneggiatura Michael Haneke

Fotografia: Darius Khondji

Montaggio Nadine Muse, Monika Willi

Musica: Franz Schubert, Impromptu Opus 90 n°1 e 3 Ludwig van Beethoven, Bagatelle opus 126 n°2 Johann Sebastian Bach/Ferruccio Busoni: Prélude Choral “Ich ruf zu Dir, Herr Jesu Christ” interpretati al pianoforte da Alexandre Tharaud

Attori: Jean-Louis TrintignantEmmanuelle Riva, Isabelle Huppert, Alexandre Tharaud, William Shimell, Ramon Agirre, Rita Blanco

Trailer di Amour

Trionfatore indiscusso all’ultimo Festival di Cannes, Michael Haneke ha conquistato con Amour la sua seconda Palma d’Oro dopo quella per Il nastro bianco. Osannato dalla critica di tutto il mondo, Amour ha anche il merito di riunire tre interpreti leggendari del cinema francese, qui alla vetta della loro arte: Jean-Louis Trintignant, Emmanuelle Riva e Isabelle Huppert. Dal 2 ottobre 2012 sarà in libreria per Mondadori “Alla fine ho deciso di vivere” l’autobiografia di Jean-Louis Trintignant scritta con André Asséo.

Trama di Amour

E’ la storia di due anziani coniugi, ex insegnanti e appassionati di musica, che si ritrovano improvvisamente a dover affrontare la malattia e l’invalidità di lei, Anne ( interpretata da un intensa Emmanuelle Riva) e a fare i conti con l’accettazione di un destino inevitabile.

Scena di Amour (2012)
Scena di Amour (2012)

Recensione di Amour

– Non vorrai rovinare la tua immagine da vecchio spero.

– Me ne guarderei bene… ma qual è la mia immagine?

– Sei un mostro qualche volta…

Amour

C’è una regola a Cannes che impedisce a un film in concorso di ricevere più riconoscimenti nella stessa edizione del festival. Così, quando Amour è stato premiato con la Palma d’oro, il presidente della giuria, Nanni Moretti, disse al regista che avrebbe voluto premiare anche gli attori, la regia e la sceneggiatura. La cosa particolare è che questa regola è stata introdotta nel 2001 dopo ché un altro film di Haneke, “La pianista”, ha ricevuto numerosi riconoscimenti. Questo aneddoto ci fa capire quanto questo regista sia giustamente amato e apprezzato grazie al suo stile asciutto, duro, inconfondibile e particolare che è ormai un suo marchio di fabbrica. Uno dei pochi grandi registi ad aver vinto per due volte il riconoscimento più alto al festival di Cannes.

Amour può sembrare a prima vista uno dei film meno caratterizzanti lo stile del regista – fatto di colpi di scena improvvisi, azioni fuori campo, durezza delle situazioni – ma a un esame più attento ritroviamo tutti questi elementi seppur in maniera più delicata e sfuggente. Forse però è sbagliato parlare di storia, Haneke ci racconta e mostra piuttosto i sentimenti, le emozioni e l’evolversi di questi con il progredire della situazione. L’amore è quindi il sentimento che spinge Georges (Trintignan) a occuparsi della moglie sempre meno autonoma ed è lo stesso sentimento che lo costringe a vedere e accettare quotidianamente l’idea che la morte arriverà a portargli via la compagna. Il tema della morte viene affrontato fin da subito nella scena iniziale, la polizia fa irruzione nella casa e scopre il cadavere dell’anziana moglie.

In Amour la morte non è un fatto accidentale o violento, ma il risultato finale di un percorso di accettazione doloroso e inevitabile. È soprattutto un fatto privato dal quale viene escluso il mondo esterno: Georges sigilla con il nastro adesivo la porta della camera dove giace Anne. Anche la figlia (Isabelle Huppert) viene tenuta fuori e non può partecipare al dolore che la coppia sta vivendo tanto che, a un certo punto del film, Georges chiude a chiave la stanza della moglie per impedire alla figlia di vederne la sofferenza.

Le oltre due ore del film sono quindi un lento scivolare verso il colpo di scena finale inevitabile ma che giunge inaspettato proprio perché incastonato in una quotidianità ripetitiva e in qualche modo rassicurante.

 Le cose andranno come dovranno andare da qui ad ora. Andranno di male in peggio. Le cose andranno avanti, e un giorno saranno finite.

Amour

L’utilizzo della macchina da presa contribuisce a creare, in modo magistrale, la sensazione di familiarità, di fatica e d’impotenza che la situazione determina: la vediamo seguire un sempre più affaticato Georges che si prodiga ad accudire la moglie oppure la cinepresa è fissa su campi vuoti che accentuano l’intensità dell’azione che arriva attraverso il sonoro mentre gli eventi  sono fuori campo.

Come in molti altri film dello stesso regista la casa riveste un ruolo determinante quasi fosse un personaggio a sé, ma a differenza di Funny Games – dove rappresenta il pericolo da cui dover fuggire o in Cachè (niente da nascondere) dove diventa un specie di gabbia – qui rappresenta il custode di un sentimento le cui conseguenze estreme sono incomprensibili al mondo esterno.

Fotogramma di Amour
Fotogramma di Amour

In conclusione

Amour è un opera intensa dove non sembra accadere nulla, ma invece c’è un sommovimento totale nella vita e nell’animo dei due protagonisti bravissimi a renderci partecipi di un dramma esistenziale così umano e così privato che porta a compiere azioni definitive che solo l’amore giustifica.

Note positive:

  • Interpretazione magistrale degli attori principali
  • regia impeccabile che esalta sensazioni e sentimenti

Note negative:

  • Personaggi secondari poco caratterizzati
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