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Babadook
Titolo originale: The babadook
Anno: 2014
Paese: Australia
Genere: Horror
Produttore: Kristian Moliere
Distribuzione: Causeway Films, Smoking Gun Productions
Durata: 94 min
Regia: Jennifer Kent
Sceneggiatura: Jennifer Kent
Fotografia: Radek Ladczuk
Montaggio: Simon Njoo
Attori: Essie Davis, Noah Wieseman, Tim Purcell, Daniel Henshall, Hayley McElhinney
Trama di Babadook
Amelie è una madre rimasta vedova a causa di un incidente stradale. Nel tentativo di superare il lutto, è costretta nel frattempo a crescere un figlio difficile e con diversi problemi comportamentali ossessionato inoltre dalla presenza di “Mister Babadook”, un mostro proveniente da un libro per bambini. Questo mostro penetrerà nella loro vita perseguitandoli, senza lasciargli scampo.

Recensione di Babadook
Jennifer Kent debutta con questo film, il suo primo lungometraggio. All’apparenza sembrerebbe un classico e scontato horror, ma si distacca invece dai soliti film attraverso le modalità con cui si approccia a questo genere; non eccede nell’utilizzo di banali jumpscare, ma al contrario alimenta la paura nello spettatore gradualmente, provocando un’atmosfera angosciante dall’inizio alla fine. Tutto questo grazie alle musiche azzeccate, e ad una scenografia e fotografia ben curata che riesce a mantenere la giusta atmosfera, nonché alle discrete doti recitative dell’australiana Esse Davis. Babadook è un film che è riuscito a guadagnarsi un posto tra i migliori film horror degli ultimi tempi, ed è riuscito a trasmettere un forte messaggio attraverso la metafora dell’uomo nero.

Il dolore come male necessario
Il film inizia dal primo istante con la scena dell’incidente in cui è morto il marito, lo stesso giorno in cui ebbe Samuel. Già nella prima parte della pellicola si può notare come la madre non ha mai superato questo incidente e come la sua morte sia una grande mancanza per il figli Samuel che è costantemente in cerca del padre. Il figlio è un bambino molto difficile, ma lei cerca sempre di essere paziente con lui e lo difende sempre anche se crescerlo da sola la porta ad alti livelli di stress.
Col passare del tempo il figlio peggiora sempre di più e la madre si sente sempre più sola e abbandonata; ed è proprio in questo momento che inizia a farsi strada la presenza di Babadook; la madre per far addormentare Samuel, gli legge il libro “Babadook” che ha trovato casualmente in camera; questo però spaventa Samuel perché inizia a vedere l’uomo nero. Babadook non è altro che la manifestazione delle proprie paure, dei sentimenti repressi, del dolore. Per Amelia, è il dolore della perdita del marito, mentre per Samuel è l’assenza del padre. Amelia cerca di eliminare quel libro, prova infatti a bruciarlo ma ogni volta che tenta di farlo il libro ritorna sempre; Questo perché è un male che risiede in ognuno di noi, impossibile da togliere, è una condizione necessaria. Anche il manifesto del famoso prestigiatore Howard Thurston inquadrato all’inizio del film, recita “Do the spirits come back?” quasi come voler dire che il padre morto molti anni prima, è una figura che tornerà per sempre.
If it’s in a word or if it’s in a look You can’t get rid of the Babadook
Babadook
Il mostro pian piano trasforma la madre rendendola estremamente aggressiva; ma il figlio, bisognoso di una figura paterna, capisce che la può trovare proprio in Babadook e per questo è un male necessario. Alla fine infatti, diventa qualcosa da accudire e prendersi cura perché il dolore e la paura non bisogna reprimerli ma accettarli e riuscire a conviverci. Il messaggio culmina negli ultimi minuti della pellicola dove Babadook si trova rinchiuso nello scantinato e nutrito con dei vermi da Amelia; questo per dire che la paura, il dolore e le emozioni negative garantiscono un’esistenza equilibrata e bisogna saperli “nutrire” nel modo più giusto. Forse non il migliore dei modi per terminare una pellicola del genere, che agli occhi di alcuni spettatori potrebbe risultare un finale banale, ma di fatto il messaggio è chiaro e preciso.
The more you deny, the stronger I get
Babadook
Ciò che è riuscita a fare la Kent con questo film, è stato il mettere in scena un horror completamente diverso da quelli a cui siamo abituati generalmente. Più che spaventarci, vuole farci immedesimare nei protagonisti; Babadook infatti è un mostro senza volto, non si vede mai in viso, questo perché incarna le paure di ogni persona e ognuno vede le sue riflesse nel suo volto. Anche la scelte fotografiche e scenografiche sono di particolare importanza: colori scuri, ombre marcate, tutto ricorda il cinema espressionista degli anni 20 a partire da Babadook che sembra riportare al famoso Nosferatu di Murnau. La Kent inoltre non fa sfuggire alcun dettaglio, ogni cosa sembra riportare sempre al messaggio principale come per esempio le parole del prestigiatore che Samuel recita numerose volte: “Non è sempre come appare la vita. Può essere una cosa meravigliosa, ma può anche essere molto ingannevole”
Note positive
- Originalità del genere horror
- Ottima fotografia/sceneggiatura espressionista
Note negative
- Finale imperfetto