Big Eyes (2014). Anima artistica

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Trailer di Big Eyes

Informazione sul film e dove vederlo in streaming

Dopo Frankenweenie (film 2012) il cineasta classe ’58 nativo di Burbank, porta al cinema Big Eyes, una storia dal carattere femminista tratta da un evento realmente accaduto andando così a realizzare il suo secondo film biografico dopo Ed Wood del 1994 e usufruendo dei medesimi sceneggiatori, ovvero Scott Alexander e Larry Karaszewski. La storia si rifà dunque alla storia di cronaca riguardante la pittrice Margaret Keane e del marito Walter Keane, ritenuto per anni il vero autore delle opere dipinte dalla moglie, opere che hanno rivoluzionato l’arte americana. Nei ruoli dei coniugi troviamo Amy Adams e Christoph Waltz.

Sono molte le ragioni per cui volevamo trarne un film. Tanto per cominciare, Margaret ci sembrava uno straordinario personaggio femminile, che in qualche modo incarnava lo spirito del nascente Movimento femminista. All’inizio del film è una qualsiasi casalinga degli anni cinquanta, che fa tutto per il marito. Nel corso della storia, però, imparerà ad affermare se stessa. “Io e Scott siamo molto attratti dalle biografie di personaggi apparentemente minori, emarginati e controcorrente

Larry Karaszewski

Trama di Big Eyes

Big Eyes è l’incredibile storia vera di una delle più leggendarie frodi artistiche della storia. A cavallo tra gli anni cinquanta e sessanta, il pittore Walter Keane raggiunse un enorme e inaspettato successo, rivoluzionando la commercializzazione dell’arte con i suoi enigmatici ritratti di bambini dai grandi occhi. Finché non emerse una verità tanto assurda quanto sconvolgente: i quadri, in realtà, non erano opera di Walter ma di sua moglie, Margaret. A quanto pare, la fortuna dei Keane era costruita su un’enorme bugia, a cui tutto il mondo aveva creduto: una storia così incredibile da sembrare inventata.

Amy Adams e Christoph Waltz in Big Eyes
Amy Adams e Christoph Waltz in Big Eyes

Recensione di Big Eyes

La storia si svolge tra gli anni 50 – 68. Margaret è una madre single che ha una dono nella pittura; è una sognatrice e non conosce minimamente il mondo esterno.  Tutto ha inizio con l’incontro a un parco con un presunto pittore di cui ben presto si innamorerà, Walter Keane. L’uomo, decide di sfruttare le opere di Margaret e di farle passare come sue. Walter Keane ben presto diverrà famoso perdendo completamente il controllo, fino a credere che quelle opere siano davvero una sua creazione artistica.  In quei tempi le donne non erano molto considerate, basti pensare alla scena in cui Margareth va in chiesa e il prete gli dirà di fare tutto ciò che il marito vuole, perché lui è il capo famiglia e sa tutto ciò che è giusto; quindi è possibile che se non fosse intervenuto Walter (Christoph Waltz) i dipinti non avrebbero mai avuto fortuna, ma sarebbero rimasti rinchiusi in uno scantinato. 

Gli anni ’50 erano un’epoca meravigliosa se eri un uomo. Sono Dick Nolan e di mestiere invento cose: sono un giornalista. Questa è la storia più strana di cui abbia mai scritto. Incominciò il giorno in cui Margaret Ulbrich lasciò il suo soffocante marito. Molto prima che lasciare mariti diventasse di moda.

cit. Big Eyes

In Big Eyes ritroviamo, dopo svariate pellicole (esluse quelle d’animazione) lo spirito e lo stile di Tim Burton che riesce a riproporre, a giuste dosi, i suoi ingredienti che lo hanno reso assolutamente riconoscibile all’occhio del pubblico, nonostante abbia saputo passare da un genere all’altro, dalla commedia – horror di Spiritello Porcello all’azione con Batman fino al dramma Big Fish. Il regista con questa pellicola riesce a ritrovare il suo equilibrio autoriale, equilibrio che aveva perduto in Sweeney Todd – Il diabolico barbiere di Fleet Street, Alice in Wonderland e Dark Shadows in cui tendeva troppo all’esagerazione grottesca ricadendo in una scrittura non del tutto approfondita e intesa. In Big Eyes si ha un tono delicato non dissimile da Big Fish e una storia priva dell’eccentricità di Johnny Depp che rischia di soffocare troppo i film di Burton con le sue performance fin troppo eccentriche. In questo lungometraggio biografico abbiamo due attori di spessore (non che Depp non lo sia) che si mettono al servizio del loro personaggio facendo scomparire il loro ego dinanzi alla macchina da presa.

Tim è perfetto per questo film, anzitutto perché capisce gli outsider, i diversi, i personaggi controcorrente. Ma sarebbe riduttivo, dire questo. A lui interessano tutti gli artisti, e i loro sforzi per esprimersi nell’arte. E’ straordinario con gli attori, e sa sempre trovare il registro giusto. Non cerca mai di forzare le cose, vuole sono raccontare la storia e ottenere il meglio dagli attori. Questo non è un film ad alto budget, e tutti noi lo abbiamo fatto per amore. Dal momento che non avevamo milioni di dollari per ricreare la San Francisco degli anni sessanta, Tim ha dovuto compiere scelte drastiche, difficili. E il risultato è splendido”

SCOTT ALEXANDER

All’interno di Big Eyes dunque ritroviamo i classici elementi del cinema Burtiano: la dolcezza, l’ironia fino al suo modo di riuscire a narrare con umiltà e amore le storie degli emarginati dalla società, gli ultimi, il tutto donando alla vicenda un tono fiabesco. Inoltre in questa pellicola troviamo una somiglianza importante tra Burton e i dipinti della Kean che richiamano, attraverso i loro grandi occhi, lo stile visivo dei personaggi creati dal maestro del cinema di Edward Mani di Forbici.

Molti dei suoi personaggi hanno grandi occhi tondi e non è certo una coincidenza. Tim si è sempre identificato con personaggi che hanno quel tipo di aspetto, e non si erano mai viste opere del genere nella cultura di massa, prima della Keane. Sono certo che, da ragazzo, Tim ne sia rimasto profondamente influenzato

Fey

Burton delicatamente, con estrema dolcezza e romanticismo, dipinge la tela sulla vicenda di Margaret Keane, magistralmente interpretata da Amy Adams, attraverso una tonalità di colori chiari – scuri che racchiudono l’essenza, l’anima della pittrice.

Tra arte e diritti Umani

In tutte le inquadrature troviamo quei bellissimi grandi occhi malinconici dei dipinti ma anche quelli tristi e affranti di lei, che si ritrova ingabbiata dalle bugie del marito oltre che dal sistema capitalistico americano che rende tutto un mero prodotto temporale.

Amy Adams in Big Eyes
Amy Adams in Big Eyes

Che cos’è l’arte?

Per la pittrice qualcosa di personale, ognuno ha il suo modo speciale di leggere il tessuto mondo e nessuno è in grado di appropriarsene interamente. Lei cattura nei suoi ritratti gli occhi, che ingigantiti fuor di misura diventeranno l’oggetto principale del dipinto. Per Margaret gli occhi esprimono l’anima delle persone; è da questi che si emanano le più pure emozioni. Un dipinto deve emozionare, provocare dei sentimenti in colui che lo guarda, deve trasmettere o meglio trasferire e arricchire il guardante, ed è questo il fenomeno che deve portare all’acquisto.

Walter Keane mostrerà che non è così: tutto ruota intorno alla fortuna e all’esposizione, dalla comunicazione visiva e dialogica. Un prodotto se esposto bene e con frasi ricche e elaborate l’oggetto assumerà un valore positivo agli occhi del cliente. Se invece, in quell’epoca, l’attore degli stessi dipinti fosse stato una donna, agli occhi del cliente sarebbe apparso inguardabile. La legge del business: tutto è visto attraverso gli occhi di un epoca e dall’esposizione al pubblico. 

Un artista non fa fortuna soltanto con il talento ma grazie al fato, ovvero trovarsi al posto giusto nel momento, o attirando la curiosità.

La fortuna dei bambini dai grandi occhi scaturisce da una lite tra Keane e il proprietario del locale, la notizia farà il giro dei giornali e i curiosi, ovvero una moltitudine di gente, si reca la sera dopo e quelle seguente nel luogo dell’accaduto, per vedere le opere di quest’artista ribelle.

Alla fine dei conti dobbiamo imbatterci nella triste realtà: tutto è business, semplice e mero prodotto commerciale, l’arte se non vende non viene mostrata al grande pubblico. Il pittore, deve continuare a dipingere, deve riscaldare il momento, mostrarsi sempre più spesso alla platea; solo così può restare sulla bocca di tutti e per farlo bisogna sempre inventarsi nuovi mezzi commerciali fino a quando un noto critico non stronca l’autore, qui la sua fama inizierà a scemare. L’arte è moda, dura per un periodo, poi esce un altro autore che a sua volta diventerà di moda, togliendo il posto all’altro e così via. Siamo nell’era del dio denaro: tutto è sotto questa legge, se non vendi, bye bye.

Il vero artista è colui che non ha interesse nella ricchezza, ma che vede nel suo lavoro solo una forma di espressione del suo universo.

Il regista, attraverso gli incessanti primi piani, mostra attraverso gli occhi, un vero e proprio specchio dell’animo umano:

Avete mai pensato che le donne non compaiono mai in un libro di storia studiata a scuola, come se non avessero mai avuto importanza nella società, escluse due o tre; a mio ricordo non ho mai studiato una poetessa, una pittrice e non conosco neanche una regista femmina, ma perché?

Walter Keane: gesticola moltissimo con le mani, che simboleggia che è un abile comunicatore e venditore. Si intuisce che conosce bene il mondo da come parla e che è sicuro di ciò che fa. La sua più grande capacità è truffare, imbrogliare, raccontare storie false e rifalse. Nel profondo è tra i due il più tormentato dal non essere mai riuscito a divenire un bravo artista.

Margaret: timida, insicura, debole e priva di vere e proprie iniziative decisionali. E’ un personaggio molo fragile e puro, che non conosce il mondo e quindi facilmente condizionabile dal suo secondo marito che la sfrutterà per ottenere la sua fama personale. Per tutto il film lei dal suo sguardo emana malinconia e paura del futuro.

La musica che accompagna l’opera cinematografica è soave e solitamente sul jazz, rinviando almeno a mio parere lo spettatore ai film di Woody Allen, per certi aspetti, e agli ambienti parigini.

In conclusione

Note positive

  • Dà spunti di riflessioni
  • Buona prova attoriale
  • Tim Burton rifà un film decente
  • Belle scenografia

Note negative

  • Un film discreto ma non perfetto
  • Tim Burton non riesce più a raggiungere il “vecchio” livello di grande regista, ma la sua regia è godibile ma niente di particolare
  • Scelta della musica non del tutto azzeccata
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7 commenti

  1. Visto la grande quantità di film che sto cercando di vedere in questo periodo non sono ancora riuscito a posare lo sguardo su Big Eyes. Non sono un fan accanito di Tim Burton,ma neanche uno di quelli che lo disprezza a prescindere. Dipende dal film. Dopo aver letto la tua recensione mi è venuta voglia di procurarmi Big Eyes.. si vede che è riuscito a trasmetterti qualcosa, a colpire l’animo dell’occhio del cineasta oltre che quello della pittrice.

  2. Hai ragione anche io ho sentito in tanti dire che questo non è un film da Tim Burton, o anche che se non si legge la locandina nemmeno ci si rende conto che è un film suo. Io non sono d’accordo, credo che invece ci sia molto di Tim Burton in come sono stati utilizzati ai fini del fil quegli occhioni, oppure nei colori utilizzati. Al di fuori di alcune scene assolutamente Burtoniane come quella al supermercato, o quella allo specchio mentre Margaret dipinge. Io preferisco questo Burton qui invece di quello un po’ eccessivo e grottesco. Il film mi è piaciuto molto per come tratta il tema dell’arte. Margaret che sente il quadro come una parte di sè, Walter come una merce. Con tutte le consequenze che ne derivano. Una bella contrapposizione 🙂

  3. Mettiamo subito in chiaro una cosa, io amo Tim Burton e praticamente ogni film che la sua mente dark ha partorito, e questo è stato forse uno dei miei preferiti in assoluto, insieme a beetlejuice (della quale ora aspetto con ansia il 2, e Dark Shadows. Mi ha fatto conosce una grande artista che ammetto, per mia ignoranza nel campo della pittura, nemmeno sapevo chi fosse, e mi ha aperto un vero mondo sui dipinti che esegue Margareth Keane! Insomma un’altra grande pellicola di un enorme regista <3 Bellissimo articolo

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