Blonde (2022): quanto abuso può subire una donna prima di crollare?

Blonde locandina film

Blonde

Titolo originale: Blonde

Anno: 2022

Nazione: Stati Uniti d’America

Genere: drammatico, semi-biografico(*)

Casa di produzione: Plan B Entertainment

Distribuzione: Netflix

Durata: 166 minuti

Regia: Andrew Dominik

Sceneggiatura: Andrew Domink

Fotografia: Chayse Irvin

Montaggio: Adam Robinson

Musiche:  Nick Cave & Warren Ellis

Attori: Ana de Armas, Adrien Brody, Garret Dillahunt, Bobby Cannavale, Julianne Nicholson, Sara Paxton, Scoot McNairy, Toby Huss, Rebecca Wisocky, Xavier Samuel, Haley Webb, Catherine Dent, Spencer Garrett, Dan Butler

Trailer italiano di Blonde

Tratto dall’omonimo romanzo best-seller di Joyce Carol Oates, progetto a lungo coltivato con passione dal regista – sceneggiatore Andrew Dominik (L’assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford), Blonde dipinge il fantasioso ritratto della vita della modella, attrice e cantante, narrando il suo percorso da Norma Jeane Baker, figlia maltrattata di madre single, alla star più famosa e richiesta del mondo. Nel ruolo della star di Hollywood troviamo l’attrice cubana Ana de Armas (Deep Water, 2022; Cena con delitto, 2019). La pellicola è stata presentata a Venezia ’79 ed è stata distribuita in Italia direttamente su Netflix.

Leggi il nostra articolo sulla conferenza stampa di Blonde di Venezia ’79

Trama di ‘Blonde’ (2022)

Una rivisitazione fittizia della vita e dei drammi interni di Marilyn Monroe, anzi di Norma Jeane.

Dalla sua infanzia imprevedibile come Norma Jeane, attraverso l’ascesa alla fama e i legami sentimentali, Blonde mescola realtà e finzione per esplorare la sempre più vasta differenza tra l’immagine pubblica e quella privata dell’attrice.

“Allora Marilyn, com’è essere una star del cinema?”

“Ah, non sono una star. Sono solo una bionda,”

“I tuoi capelli sono veri?”

“… no.”

dialogo tratto dal film
Blonde. Ana de Armas as Marilyn Monroe, Cr.Matt Kennedy / Netflix © 2022
Blonde. Ana de Armas as Marilyn Monroe, Cr.Matt Kennedy / Netflix © 2022

Leggi il nostra articolo sulle dichiarazioni di Ana de Armas su Blonde

Recensione di ‘Blonde’ (2022)

Quanta violenza fisica e psicologica può subire una donna prima di crollare? Quanto a lungo può resistere uno spettatore, guardando tutto quell’abuso, prima di voltare la testa, uscire dalla sala, o spegnere il televisore?

Questo film non è una biografia. Joyce Carol Oates, autrice del romanzo di 738 pagine (1.320 nella versione italiana) da cui la pellicola è tratta, ha più volte ribadito quanto tale storia, seppur con qualche sprazzo di verità, abbia ben poco di vero. Guardando “Blonde” infatti non si ha la sensazione di vedere la vita vera, di una persona vera, nel mondo vero. È più come venir trascinati in un sogno, anzi un incubo, dal quale non è possibile svegliarsi. È un’esperienza lenta, surreale e straziante. Induce in uno stato di trance da cui si vorrebbe scappare, e allo stesso tempo vi è impossibile distogliere lo sguardo, poiché ormai colti nel suo lacerante potere ipnotico.

Una donna scappa in macchina, con la figlia, per le strade infuocate di Hollywood. Quella bambina, ormai grande, si rialza dal letto, ignara delle parti intime che le sanguinano dappertutto. Dei personaggi intrattengono una conversazione esistenziale sulla spiaggia, guardando le stelle, finché tali puntini nel cielo, con una dissolvenza, si trasformano in spermatozoi intenti a ingravidare la protagonista. Tutto questo mentre la titolare “bionda” subisce abuso dopo abuso, fino al punto in cui non ha neanche più bisogno degli altri per distruggersi; impara a farlo da sé.

Chiamare questa pellicola stilizzata sarebbe un eufemismo. I dialoghi mancano di naturalezza, spesso trasportando l’audience in un mondo onirico a parte, in cui i drammi esistenziali ci vengono esplicitati. La cinematografia è uno spettacolare (forse eccessivo) showcase di tutto ciò che si può fare con una macchina da presa. Lo schermo cambia formato nella stessa scena, anche in forma verticale. Alterna dal colore al bianco e nero, altalenando fra fluidi ed elaborati piani sequenza e sequenze mosse, spastiche, tenute a mano. Gioca con ogni possibile trucco di luci, sfocature e distorsioni di lente mai provate nella storia del cinema. Di particolare nota è l’ammaliante effetto visivo nella scena d’amore fra ‘Marilyn’ e altri due uomini. Non ci si lasci tuttavia ingannare dalla menzione di quest’ultima scena. Nonostante tutta la nudità artisticamente sbattuta in faccia al pubblico, c’è ben poco di sensuale in questo film.

La scena forse più esemplare dell’intera pellicola è quella in cui Norma Jeane – ovvero la donna dietro l’attrice con lo studiato nome d’arte – inebetita dai farmaci e l’alcool, vomita addosso alla telecamera, piazzata dentro al gabinetto di un aereo. Ogni singolo trauma, ogni singola sofferenza, ogni singolo strazio della protagonista viene spogliato e rigettato, senza mezzi termini, addosso al pubblico, per il nostro… Intrattenimento? Il tutto senza alcun elemento per indorare la pillola che ci viene forzatamente cacciata in gola. In poche parole: Non è un film per i deboli di stomaco.

Se la narrazione renda giustizia alla figura di ‘Marilyn Monroe’, o se la sfrutti martorizzandola quanto i personaggi veri e finti nel film, è argomento di dibattito. Prendendo come riferimento la vera storia di Norma Jeane (quantomeno quella raccontata nella biografia scritta da Fred Lawrence Guiles), lascia dubbiosi la incessante vittimizzazione del personaggio, al limite della de-umanizzazione. Norma Jeane, quella reale, ha sicuramente affrontato ogni genere di abuso. Degli sprazzi di verità ci sono: La sua paura di ereditare la pazzia della madre. Lo sfruttamento commerciale di ‘Monroe’ come icona. La sua disperata ricerca per una figura paterna. Ma questa pellicola pare sorvolare la sua risolutezza nell’essere amata da quante più persone possibili. Lei stava ore davanti allo specchio, non tanto per vanità, quanto per insicurezza, e determinazione nel perfezionare la sua immagine. La scelta di lasciare il primo marito per lanciare la propria carriera. Il tentativo di fondare la sua stessa casa di produzione. Tutti questi elementi vengono minimizzati, rendendola quasi esclusivamente una vittima passiva che subisce, subisce e subisce. La sua crociata personale nel migliorarsi come attrice, essere presa sul serio, viene a malapena sfiorata; pare quasi più un’esigenza da parte del suo marito più violento che un obbiettivo proprio. L’unico livello di azione nella propria storia che le viene concesso è il ruolo nella sua stessa autodistruzione. Per quanto lungo un film, non si può includere tutto di una persona. In base al tipo di storia che si vuole raccontare, si sceglie di focalizzarsi su alcuni aspetti e tralasciarne altri. Tuttavia lascia perplessi il fatto che ci si sia concentrati su ‘Marilyn’ più come mera vittima che come personaggio.

Blonde. Ana de Armas as Marilyn Monroe. Cr. Netflix © 2022
Blonde. Ana de Armas as Marilyn Monroe. Cr. Netflix © 2022

Leggi il nostra articolo sulle dichiarazioni di Andrew Dominik su Blonde

In conclusione

“Blonde” è sicuramente un film ambizioso che si pone di scioccare l’audience, attirandola con l’innegabile fascino e talento di Ana De Armas nei panni di ‘Marilyn’, e certamente destinato a lasciare un forte impatto sugli spettatori con lo stomaco abbastanza forte da riuscire a guardarlo fino alla fine.

Questa pellicola forse si troverebbe meglio in una mostra d’arte surrealista spinta che nella sala di un cinema o un salotto di casa. In ogni caso, qualora qualcuno abbia il coraggio di guardarla, è solo giusto metterlo in guardia su cosa lo aspetta.

Note positive:

  • Ambizioso
  • Stile cinematografico ambizioso e spettacolare (forse troppo)
  • Il film si pone di scioccare e traumatizzare l’audience, e ci riesce benissimo

Note negative:

  • Il ritmo lento e onirico, seppur efficientemente ipnotico, può risultare esasperante
  • Per via delle tematiche durissime, è un’esperienza molto pesante da digerire
  • Lo stile narrativo diventa spesso eccessivo e sfrenato
  • (forse) riduzione della protagonista ad un passivo elemento di martirio e sfruttamento, senza darle la possibilità di essere un personaggio, ma questo è elemento di dibattito

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