Sinossi film: All’inizio della Seconda guerra mondiale Salvatore Todaro comanda il sommergibile Cappellini della Regia Marina. Nell’ottobre del 1940, mentre naviga in Atlantico, nel buio della notte si profila la sagoma di un mercantile che viaggia a luci spente, il Kabalo, che in seguito si scoprirà di nazionalità belga e carico di materiale bellico inglese, che apre improvvisamente il fuoco contro il sommergibile e l’equipaggio italiano. Scoppia una breve ma violenta battaglia nella quale Todaro affonda il mercantile a colpi di cannone. Ed è a questo punto che il Comandante prende una decisione destinata a fare la storia: salvare i 26 naufraghi belgi condannati ad affogare in mezzo all’oceano per sbarcarli nel porto sicuro più vicino, come previsto dalla legge del mare. Per accoglierli a bordo è costretto a navigare in emersione per tre giorni, rendendosi visibile alle forze nemiche e mettendo a repentaglio la sua vita e quella dei suoi uomini. Quando il capitano del Kabalo, sbarcando nella baia di Santa Maria delle Azzorre, gli chiede perché si sia esposto a un tale rischio contravvenendo alle direttive del suo stesso comando, Salvatore Todaro risponde con le parole che lo hanno reso una leggenda: “Perché noi siamo italiani”
Il 30 agosto 2023 si è tenuta a Venezia, presso l’80° Mostra internazionale del festival di Venezia, l’anteprima stampa del lungometraggio Comandante per la regia della Edoardo De Angelis e la sceneggiatura del cineasta e di Sandro Veronesi, basato sui fatti storici della corvetta Regia Marina Salvatore Todaro. Durante la conferenza stampa del film, che ha aperto il festival.
Nel lungometraggio, molte frasi pronunciate da Salvatore Todaro ci offrono un’immagine chiara del cuore del film. La forza e lo spirito del film sono incapsulati in una di queste frasi, che colpisce particolarmente: “Un uomo non è mai così forte come quando tende il braccio per aiutare qualcuno che è in difficoltà.” Questo concetto è fondamentale e rappresenta il fulcro della riflessione che ha portato alla creazione di questo film.
Edoardo De Angelis – Regista
Voglio ringraziare il direttore Barbera per averci invitato a partecipare in competizione e aprire questa mostra. È davvero un grande onore per noi. L’espressione citata è stata la scintilla che ha suscitato in me il desiderio di raccontare questa storia. L’idea di forza, intesa come la capacità di estendere una mano d’aiuto a chi è più vulnerabile, mi commuove profondamente. Questo è il vero significato di essere un uomo forte, ed è la ragione per cui ho voluto narrare la storia di Salvatore Todaro. Nel 2018, siamo venuti a conoscenza di questa storia grazie alle parole dell’ammiraglio Petorino, che in occasione della celebrazione dei 123 anni della Guardia Costiera aveva la necessità di fornire una guida ai suoi uomini su come comportarsi in mare. Decise di utilizzare la storia di Salvatore Todaro, un militare italiano che affondava una nave nemica ma salvava gli uomini a bordo. Quando gli veniva chiesto il motivo, rispondeva: “Lo facciamo perché siamo italiani.” Ho subito condiviso questa storia con Pierpaolo Verga, e successivamente ho incontrato la penna e l’umanità straordinaria di Sandro Veronese. Da qui è nato questo racconto, che trovo emblematico non solo per la forza, ma anche per ciò che significa essere italiano. Essere italiani è un concetto che negli ultimi anni è stato talvolta travisato. Questa nazione è un crogiolo meraviglioso, putrido e complesso, fatto di varietà inimmaginabili di esperienze umane. Essere italiani significa anche tendere una mano d’aiuto, e quando ho conosciuto la storia di Salvatore Todaro, ho pensato che se questo è ciò che significa essere italiani, allora voglio essere italiano anch’io. Mi è piaciuto nell’abbandono del racconto, immaginare che si potesse essere un momento in cui tutti, anche in guerra e anche i nemici, potessero dire, fermi un attimo, anche se siamo in guerra, ci sono degli uomini inermi, non si spara. Qualcuno ha avuto il coraggio di dire li trasporto e qualcun’altro ha avuto il coraggio di dire cessate il fuoco. In quel momento tutti ci sono salvati, hanno salvato la loro umanità, salvo riprendere la guerra un attimo dopo, però, per un attimo ci siamo ricordati tutti di essere umani.
Sandro ha citato Edoardo e il libro che avete scritto insieme, tratto poi dal film. Raccontateci un po’ della storia accaduta nel 2018, che Edoardo aveva menzionato come una storia miracolosa. Che rappresentanza ha questa storia per voi?
Sandro Veronesi – Sceneggiatore
Beh, sicuramente è stata una delle parti centrali su cui ho concentrato la mia attenzione, in un’estate difficile. In quel periodo scoppiò uno scandalo, un disonore, una mancanza di rispetto per le regole più elementari e millenarie del mare, ovvero la responsabilità di prestare soccorso. C’era un clima pesante e sprezzante, e la storia di Salvatore Todaro era la risposta perfetta a tutto ciò, come ce ne sono tante. La storia dell’Italia, del nostro popolo, di tutto il mediteranno e della civiltà alla quale apparteniamo è intrisa di azioni di soccorsi. Nonostante tutte le guerre e i conflitti, l’idea di lavorare in modo da onorare le regole del mare e restituire l’onore che stavamo perdendo, era importante. L’idea che si potesse concretamente lavorare in questo senso, facendo il proprio lavoro e non gli attivisti, per ridare onore perso, perché gli slogan erano molto brutti “la crociera” “la pacchia” o “buon appetito ai pesci” c’erano questi social che pullulavano di cose veramente putride. Al di là della connotazione politica era proprio brutta, perché uno diceva che di questo non voleva far parte perché conosceva un altro modo di vivere e nel mare ci siamo sempre distinti, siamo un popolo di poeti, di navigatori. Quindi, ho lavorato su questa storia vera, con il grande privilegio di avere a disposizione gli effetti personali di Salvatore Todaro grazie alla generosità della sua famiglia. Questo mi ha permesso di comprendere appieno ciò che guidava quest’uomo: non solo il suo ruolo militare, ma anche il suo amore per la famiglia, il suo impegno per la patria e il rispetto per le regole del mare.

Pierfrancesco Favino – Attore
Anch’io voglio unirmi per ringraziare il festival. Abbiamo ricevuto un grande aiuto lungo questo percorso. Detto questo, vorrei spiegare una scelta che è stata fatta riguardo al dialetto usato nel film. È vero che avremmo potuto optare per un dialetto più caldo e cantilenante, ma abbiamo scelto il dialetto veneto perché crediamo che enfatizzi un aspetto fondamentale della storia di questo personaggio. Sarebbe stato più semplice scegliere un dialetto più espressivo, ma le sfumature e le cadenze specifiche del dialetto veneto hanno aggiunto un elemento di complessità all’emozione del film. Sono fermamente convinto che l’emozione presente nel film non derivi da una singola scena, ma sia il risultato dell’intero film. In altre parole, non è una questione di una singola scena chiave, ma piuttosto della somma delle parti. Il dialetto veneto è stato un elemento cruciale per accentuare l’emozione senza renderla scontata, ma piuttosto per accompagnare la scrittura che trasmetteva in modo efficace i momenti di profonda emozione, anche senza mostrarli esplicitamente.
Ora vorrei prendere un momento per ringraziare Massimiliano Rossi, che ha recitato in napoletano. Ha portato una grande ironia alla sua interpretazione,
Massimiliano Rossi – Attore
Per me, è stato il regalo più grande della mia vita, e questo regalo poteva venire solo dal mio regista. Per quanto mi riguarda, il teatro ha un legame profondo con Napoli e la Campania, insieme al vento. Questi sono i pilastri della nostra struttura dialettica. Il linguaggio vernacolare rappresenta la lingua della madre e dell’espressione dei nostri sentimenti. Per questo motivo, ho scelto di far parlare i personaggi in questo modo. Questo legame con la madre e la terra è particolarmente forte rispetto agli altri legami. Il linguaggio che un comandante usa con il suo equipaggio è diverso da quello usato con chi condivide la stessa terra e le stesse radici. Con quest’ultima categoria, si possono esprimere sentimenti che si condividerebbero con una madre, anche se in modo diverso.
Vorrei concludere dicendo che non potrò mai ringraziare abbastanza i produttori ed Edoardo. Avevo un sogno, e nel corso della mia esperienza nella storia del Veneto, ho incontrato molte persone che pensavano che fossi pazzo ad affrontare un progetto simile. Ma è proprio questa “pazzia” che spesso ci fa superare le sfide più difficili. Ho fiducia nel mio regista, anche se all’inizio poteva sembrare un’impresa impossibile. Ho deciso di impegnarmi e studiare, cercando di imparare tecnicamente solo le mie battute. Ho anche cercato di ascoltare Pierfrancesco, per capire meglio la sua interpretazione. Ho fatto tutto questo per evitare di lasciar correre la mia fantasia e la mia libertà creativa, che avrebbe potuto portare a un’eccessiva improvvisazione. L’ascolto e l’apprendimento sono state le chiavi per ottenere una performance autentica.