Paola Randi: “La Befana è una supereroina italiana e questo è meraviglioso.” La regista e il cast presentano a Roma “La Befana vien di notte 2 – Le origini”

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Dopo il film di successo del 2018 di Michele Soavi, il personaggio iconico italiano dell’Epifania torna sul grande schermo con La Befana vien di Notte 2 – Le origini, accolto positivamente nella presentazione a Roma. Sempre scritto da Nicola Guaglianone, ma questa volta con la collaborazione dello sceneggiatore Menotti e sotto la regia di Paola Randi (Zero, Into Paradiso), il film è un prequel che racconta attraverso un percorso di formazione la nascita della Befana come la conosciamo oggi.

È Zoe Massenti, nel suo debutto al cinema, a dare vita alla strega più famosa del nostro paese, una ragazzina egoista di nome Paola che grazie agli insegnamenti di Dolores (interpretata da Monica Bellucci) riuscirà non solo ad affrontare al cattivo Barone De Michelis (interpretato da Fabio De Luigi), ma soprattutto a trasformarsi e incarnare la leggenda della Befana, quella che si dona agli altri.

La regista Paola Randi, anche se per la prima volta coinvolta nel progetto della Befana, non è invece stranea ai racconti di fantasia e all’uso de effetti speciali, mondi di cui si dichiara una vera appassionata. Basta pensare ad alcuni dei sui lavori precedenti come la recente serie tv di Netflix, Luna Nera (2020), o il suo ultimo film Tito e gli alieni (2017), che confermano il suo interesse in produzioni che sveglino l’immaginazione.

L’incanto e la magia che solo il cinema può far diventare “realtà” è proprio quello che Randi cercherà di offrire alle famiglie italiane con La Befana vien di notte 2 – Le origini in sala dal 30 dicembre 2021, distribuito da 01 Distribution.

Di seguito, il video integrale della conferenza stampa del film realizzata a Roma con la regista Paola Randi, gli sceneggiatori Nicola Guaglianone e Menotti, e gli attori Monica Bellucci, Fabio De Luigi e Zoe Massenti:

Paola Randi presenta a Roma "La Bef...

Torni con questo film sul “luogo del delitto”, un po’ perché si parla di streghe e un po’ perché ci sono degli effetti speciali. Tu hai masticato gli effetti speciali fin da Tito e gli alieni. Ci puoi raccontare cosa di quell’esperienza hai portato su questo set, se effettivamente ti è stato utile avere già avuto un’esperienza con quel tipo di fattura?

Paola Randi: Sì. In realtà, io sono un’appassionata di effetti speciali fino proprio da bambina. Quando era uscito Guerre Stellari, io già lo aspettavo da un anno perché ero una fan di Carlo Rambaldi, italiano che ha fatto gli effetti speciali anche per E.T. l’extra-terrestre ad esempio.

A me è sempre piaciuta la capacità del cinema di raccontare l’impossibile. E quindi, di conseguenza, ho sempre cercato di esperimentare, trovare cose nuove. Confrontarmi con una sceneggiatura pazzesca come quella di Nicola Guaglianone e Menotti, mi ha dato una possibilità così ampia di giocare con la fantasia e questa è stata una cosa straordinaria.

Invece di riproporre la stessa formula vincente del film La Befana vien di notte del 2018, avete fatto una cosa di completamente diverso. Cosa vi ha fatto fare questa scelta, questo passo verso l’ignoto, questa scommessa che speriamo sia pure vincente?

Nicola Guaglianone: Io e Menotti siamo sempre stati a fare sequel di film, ma sentivamo che dietro la figura della Befana si poteva raccontare ancora molto e ci piaceva trasformarla e raccontarla vedendo le origini e vedendo anche un percorso di formazione. Ci siamo detti che avevamo un personaggio, una vecchina che dona la sua vita per la felicità degli altri. Allora, ci siamo chiesti: “Qual è il percorso che possiamo fargli fare? Qual è il suo opposto?” Il suo opposto è una ladra che pensa soltanto a se stessa. Quindi, anche lì c’è una tematica che abbiamo sempre usato in molti racconti e film che abbiamo fatto, il se vs. gli altri, l’importanza e la differenza, dicotomia tra egoismo e altruismo. Da lì in poi è nata la storia di Paola, la protagonista, una scugnizza, una ragazzina che è proprio l’opposto pensando solo agli affari suoi e che poi grazie alle relazioni con vari personaggi riesce a fare questo viaggio di trasformazione che la porta a essere la Befana come la conosciamo tutti.

Menotti: A volte la sceneggiatura è veramente anche una questione di matematica oltre che di talento. Noi avevamo già il personaggio finale. Cosa vogliamo raccontare? Una vecchina che dona cose agli altri, scendendo dai cammini e lasciando dei giocattoli. È stato un attimo, quindi, arrivare esattamente all’opposto. Quando hai il punto di partenza e il punto finale, poi scrivere è una delizia perché ti devi solo inventare quello che c’è in mezzo.

Questa non è la prima strega che tu interpreti sul grande schermo. Mi viene in mente il film I fratelli Grimm e l’incantevole strega, però se non sbaglio questa è la prima volta che voli. È corretto?

Monica Bellucci: Una storia così non l’ho mai fatta. Non è solo una strega, ma è anche una fata che aiuta a dei ragazzini. Per cui è una donna che pensa al passaggio, come succede molto in questo film. La forza di questo film è, appunto, il risvolto psicologico di tutti i personaggi che hanno un perché di esistere nella storia. Quindi, anche il mio personaggio Dolores è raccontato nel suo dolore per il fatto che ha perso un figlio. È una storia molto umana come tutti i personaggi. Penso che, in mezzo a tante altre cose, questa sia la forza del film, proprio questa dualità che c’è tra la fantasia, i colpi di scena e personaggi che sono veri e umani.

Sei giovanissima, hai alle spalle undici anni di danza, una carriera su TikTok da tre milioni di follower, un milione di follower su Instagram. Quando hai avuto il tempo di imparare a recitare? Come è successo?

Zoe Massenti: È una cosa che ho sempre voluto fare. Quando da piccola guardavo i film, sola in cameretta mi mettevo a ripetere le battute, ma per vergogna poi non ho mai fatto più di tanto. Ho fatto in passato anche, quattro o cinque anni fa, provini, mi sono iscritta a corsi, ma appunto per questa cosa della vergogna ho lasciato un po’ tutto in sospeso. Poi mi sono detta che questo era un mio sogno, un qualcosa che mi piaceva e volevo fare, mi sembrava un po’ inutile perdere tutto questo per una cosa un po’ sciocca come la vergogna e quindi ho iniziato a lavorare sulla recitazione. Ho appena iniziato in realtà il mio percorso sul mondo dei social. Poi un giorno arriva la chiamata di Nicola, mi ha visto e ha detto “proviamo”. Quindi, ho fatto il provino come tutti e poi evidentemente sono piaciuta. È stata una bellissima esperienza assolutamente.

Il tuo personaggio è strepitoso. Dopo Gli Uomini d’oro, questo è l’unico ruolo da cattivo che tu hai fatto fino ad ora. Penso sia stato divertente cimentarti in un personaggio come il Barone De Michelis.

Fabio De Luigi: Spero che sia un cattivo da favola, un cattivo da una storia come quella di questo film per famiglie e per ragazzi. Interpreto un cattivo con delle fragilità, come giustamente sottolineava prima Monica. Ogni personaggio ha un suo racconto umano che è fatto spesso di contraddizioni rispetto a quello che vediamo. In questo caso, il Barone De Michelis è un uomo che ha delle frustrazioni legate evidentemente al suo aspetto fisico, ma anche a delle carenze abbastanza significative dal punto di vista affettivo per due genitori che non l’hanno proprio amato. Tutto questo pacchetto di frustrazioni fa sì che questa persona così fragile scarichi la propria ansia attraverso una cattiveria esagerata, in particolare verso le streghe per via di una convinzione che lui ha nei loro confronti.

Pensa di essere riuscita a far capire come la distrazione del cinema di evasione serve pure al valore dell’immaginazione?

Paola Randi: Io ho avuto la fortuna di lavorare con un cast che è pazzesco ed è composto anche da attori e attrici incredibilmente generosi. Questo è un film veramente fatto con il cuore perché noi ci siamo proprio innamorati della sceneggiatura e se eravamo già innamorati del personaggio della Befana, adesso ancora di più. La Befana è una supereroina italiana e questa è una cosa meravigliosa.

L’idea non era soltanto dare verità ai personaggi, ma anche delle inflessioni, ci sono molte inflessioni dialettali, dal siciliano al bolognese. Questo è fondamentale perché è un tratto della nostra Penisola che aiuta la gente a identificarsi con questi personaggi perché l’identificazione è importante. Il fatto di riuscire a incastonare tutto in un universo credibile e relazionabile è qualcosa assolutamente fantastico. Ho cavalcato quest’onda dove, tra l’altro, mi sento a mio agio, e ho cercato di portarla il meglio possibile.

Nicola, ho letto nei titoli di coda che sei regista della seconda unità. Dopo aver scritto tanti film, questo è un debutto alla regia. Come ti sei trovato? Invece, Paola, come hai lavorato con Michele Braga? Le musiche sono straordinarie. È una colonna sonora veramente da urlo.

Nicola Guaglianone: Devo ringraziare Lucky Red perché in questo film, oltre a scrivere la sceneggiatura con Menotti, sono anche produttore creativo con la mia società. Ho partecipato fin dall’inizio a tutti i processi produttivi che riguardano la parte creativa del film. Questo mi ha permesso, soprattutto, di imparare tanto, di partecipare alla risoluzione di tanti problemi perché quando si realizza un film bisogna sempre accettare dei compromessi. La cosa importante è che tutto si è mosso intorno alla scrittura e se c’erano dei problemi in alcune scene abbiamo cercato di risolverli insieme.

La seconda unità è nata dal fatto che non c’era tempo per girare certe scene e a un certo punto ho detto: “Va bene. Allora, le giro io.” La prima scena è stata con Fabio e cinquanta bambini incatenati e sono arrivato sul set con un po’ di panico, però alla fine non so, forse per istinto di sopravvivenza, sono riuscito a cavarmela bene. Io ho girato le scene dell’inizio, dei titoli di testa, della carrozza, la scena con Fabio quando si trasforma, la scena del discorso dal balcone, quella con i bambini incatenati. Ho fatto anche l’attore dando vita al macellaio. Ho aiutato pure in sartoria per un periodo. Alla fine, si ha paura di ciò che non si conosce. Ho fatto dei cortometraggi, però l’idea di fare un film da regista mi spaventava molto. Devo dire che ora, dopo quest’esperienza con loro che mi hanno aiutato tantissimo, mi sento meno spaventato. Chiamavo la Randi la sera per dirgli come pensavo di girare le scene. Lei diceva: “Tutto meraviglioso. Tutto bene.” Non gli credevo molto. Ho delle idee. Vediamo se arriverà il giorno di questo debutto. Non ho fretta. Scriviamo tante storie e ci piace vederle realizzate tutte. L’idea di essere concentrato in una storia per anni come vedo che accade a molti amici registi, un po’ mi spavento, ma l’idea del set adesso mi spaventa molto di meno.

Paola Randi: Devo dire che Michele ha fatto un lavoro pazzesco perché mi ha consentito di lavorare insieme proprio sul film che è una cosa che non si fa spessissimo. Poter lavorare proprio sulla partitura emotiva delle scene è una cosa che fa crescere tantissimo il film. E poi, essendo questo un film d’azione, di fantasia, aveva bisogno di una colonna sonora coinvolgente. Michele è straordinario, bravissimo. Ha fatto un lavoro eccezionale. Vorrei aggiungere che sono onorata di aver tenuto il battesimo, l’esperienza come regista del gran Nicola Guaglianone. Lavorare con lui è stato bellissimo. Ci sono ogni tanto degli incontri fortunati dal punto di vista artistico. Il primo è stato con Nicola e Menotti, e con Nicola soprattutto abbiamo avuto uno scambio proprio divertente, un grande piacere.

L’insegnamento che Dolores dà alla futura Befana è importante e anche molto attuale in questo periodo in cui appunto la tendenza è come quella della ragazzina a fare gli affari suoi, a pensare alla propria felicità. Lei che cosa ne pensa di questo insegnamento, se è uno che darebbe o ha dato anche ai suoi figli?

Monica Bellucci: Abbiamo parlato di trasmissione, ma anche di complicità fra donne. Dolores è un po’ come una madre per Paola, è come un rapporto madre-figlia, quindi di amore, protezione. Attraverso Dolores, Paola scopre la sua forza. Questo è anche un rapporto di amicizia. Se devo pensare alle mie figlie, credo che uno debba diventare un po’ amica dei figli. Parliamo di un’evoluzione della femminilità, di noi donne, in quest’intimità e collaborazione che deve evolversi sempre di più perché insieme andiamo più lontano.

Siamo in un periodo storico tanto particolare, unico e difficile per tanti motivi, ma non possiamo non dire che non siamo davanti a un’evoluzione un po’ speciale per noi donne. Imparare a collaborar insieme, a essere in comunicazione e aiutarci l’una all’altra e questo si deve insegnare alle nostre figlie. Il film è una metafora di questo. Insegnare loro a essere libere, ad aver meno paura. Questo oggi è permesso perché siamo donne molto più indipendenti. Paola Randi è qua e non è che abbiamo tante registe donne. È una cosa nuova per noi, un mondo nuovo che si sta affacciando dolcemente, lentamente, ma sicuramente ne prendiamo atto. Quello che mi piace di questo film è anche questo, in mezzo a tante altre cose. Ci sono tante metafore. A volte è bello come la fantasia ci aiuta meglio a raccontare la realtà ed è quello che succede in questa storia.

Come avete detto, questo è un film di supereroi, un film che lavora su un’icona italiana. Mi sembra un film fatto un po’ come negli anni Novanta, cioè non con occhio al divismo come si fa negli Stati Uniti, pur avendo degli attori eccezionali, ma con l’occhio al personaggio della Befana e a ciò che la rende un’icona. C’è tutto della Befana: la scopa, la conversione della ladra che diventa quella che dona. Manca solo una cosa che, invece, c’era nel film precedente, ossia la vecchiaia. Nel film del 2018, Paola Cortellesi diventava vecchia per magia quando era la Befana. Qui questo elemento non c’è. Perché questo aspetto di iconicità avete deciso di non inserirlo?

Menotti: È una delle cose a cui avevamo pensato per un finale, però poi abbiamo deciso di accantonare perché si sarebbe sovrapposto a tutti gli altri finali che avevamo già. Quindi, resta materiale utile per il futuro.

Qual è la caratteristica dei vostri personaggi che vi ha colpito di più e che vi è piaciuto di più interpretare? Visto che si parla di Befana e di Epifania, ci potete raccontare un vostro ricordo legato a questa figura?

Zoe Massenti: Da quando ero piccola, mi sveglio la mattina della Befana con mamma che apre la porta e mi porta in un vassoio la calza con tutti i dolcetti, il cubetto di carbone, il latte caldo, i biscotti. Quello è il ricordo della Befana: mamma che mi porta a letto la calzetta ed è una tradizione che per me va rispettata tutti gli anni.

Una caratteristica che mi piace del mio personaggio è che sa sorprendere. In ogni situazione in cui si trova, il mio personaggio riesce a trovare un modo per uscirne, tira fuori una battuta, risolve il problema. Ti sorprende, Non ti aspetti mai qualcosa di scontato da Paola. Riesce sempre a farti rimanere a bocca aperta e questa cosa, secondo me, è molto bella.

Monica Bellucci: Quello che mi piace del mio personaggio, tra tante cose, è proprio la magia, una magia che avvolge tutta la sua vita fino alla morte. Non è morte, ma trasformazione.

Quando ero bambina, una volta arrivò la Befana a casa, una sera, mi ricordo benissimo. Sono ancora sotto shock, una paura tremenda. Mi ricordo che aprì la porta e c’era questa strega terribile con questa calza. Ancora ho il panico. Per cui sono proprio contenta che con questo film ho un po’ esorcizzato questa paura antica.

Fabio De Luigi: Del mio personaggio, mi piace la cattiveria e la fragilità che stanno insieme molto bene in lui e che sono anche attuali perché molto spesso la cattiveria è figlia di frustrazioni, di miserie proprie che uno sfoga verso gli altri.

Sul ricordo, un po’ lo stesso problema di Monica. Ho un fratello più grande di qualche anno che mi indicava delle signore anziane che stendevano i panni e incominciava a raccontarmi storie terribili. Quindi, la Befana ha sempre avuto per me un fascino un po’ sinistro, attraeva in quanto spaventosa, oltre a essere l’ultima boa a cui aggrapparsi prima del ritorno a scuola.

Questo è un genere di film che in Italia non si è fatto per tanto tempo, per tanti ragioni. A portare le famiglie in sala erano, magari, le commedie. Questa è una commedia di fantasia. Possiamo dire orgogliosamente che è un film anche per famiglie? Avete pensato ai bambini, ai ragazzi, alle famiglie durante la scrittura del film?

Paola Randi: Assolutamente sì. Era un po’ un mio sogno fare un film così, a dir la verità. Io ricordo da bambina quando si andava al cinema ed entravi in questo meraviglioso mondo magico. Ti catapultavi dentro una magia, dentro qualcosa di speciale e lo condividevi con tutti gli altri, con quelle sensazioni che percorrevano tutta la sala.

Secondo me, abbiamo tutti un superpotere che è l’immaginazione e il cinema lo nutre. Una delle cose bellissime che esce anche dal film è che qualunque difficoltà che la realtà ti proponga, se hai questo incredibile superpotere dell’immaginazione e della fantasia, non c’è niente di cui aver paura.

Mostrare più rughe di quelle che si hanno è un superpotere?

Monica Bellucci: Questo personaggio può avere cent’anni, duecento, non si sa. Mostrare le rughe è anche una forma di libertà. Penso che sia molto difficile per un’attrice fare i passaggi e devi trovare i registi che ti permettono di farlo. È bello quando a un certo punto si possono fare anche dei ruoli con cui ti stacchi dalla necessità di apparire in un certo modo e ti offri completamente al personaggio.

Nel suo viaggio da Malèna alla Befana, c’è stato o c’è ancora magia?

Monica Bellucci: La bellezza è poter continuare e non fermarsi. Io non sono mai stata un’attrice che ha fatto delle trasformazioni fisiche incredibili tipo prendere o perdere venti chili, però penso che il fatto di cambiare fisicamente con il tempo che passa ti fa accedere ad altri ruoli, puoi permetterti personaggi che prima non potevi. Quindi, ci sono delle cose buone sul tempo che passa.

Paola Randi: Lavorare con Monica è veramente un’esperienza bellissima perché lei è magica. Secondo me, al di là di qualsiasi cosa, questo film ripropone delle cose e ribalta un po’ dei concetti che abbiamo. Uno, per esempio, è quello delle streghe che sono diverse da quelle dell’immaginario collettivo e anche quello di un’apertura, una femminilità che va oltre tutti i confini degli stereotipi che noi abbiamo. Credo che sia veramente importante e una cosa straordinaria che un orgoglio italiano e un’icona internazionale come Monica abbracci e sposi un messaggio come questo.

Secondo voi, il clima inquisitorio della storia del film si sente anche oggi?

Paola Randi: Il film trasmette una cosa che, più di tutte le altre, è contemporanea, veramente importante e che si cerca di comunicare, cioè che la forza è qualcosa di diverso da quello che normalmente noi percepiamo. In questo film, gli strumenti della forza non è violenza, non è l’odio, non è l’esclusione né la persecuzione, ma sono proprio il contrario: la forza è l’affetto, l’amore, questa missione fondamentale e importantissima che ha la Befana e che gliela insegna Dolores, ossia portare il sorriso ai bambini di tutto il mondo e di tutte le età. Questa è una cosa rivoluzionaria nella sua semplicità proprio perché le armi con cui combatte la Befana sono le caramelle e il carbone, e vince sulla violenza, sull’odio e sulla cattiveria. Questo messaggio è attuale e notevole nella sua essenza semplice e diretta.

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