Contagion: Comunicazione e politica al tempo della pandemia

Condividi su
contagion locandina film

Contagion

Anno2011
Paese di Produzione: Stati Uniti d’America
Genere: drammatico
Casa di ProduzioneDouble Feature Films, Participant Media, Warner Bros. Pictures, Imagenation Abu Dhabi
Distribuzione: Warner Bros. Pictures
Durata: 106 minuti
RegiaSteven Soderbergh
Soggetto : Scott Z. Burns
Sceneggiatura : Scott Z. Burns
Montaggio: Stephen Mirrione
Musica: Cliff Martinez
AttoriMarion Cotillard, Matt Damon, Laurence Fishburne, Jude Law, Gwyneth Paltrow, Kate Winslet, Bryan Cranston, Jennifer Ehle

Trailer del film Contagion

Trama di Contagion

Lo schermo nero e due colpi di tosse e, poi, Beth Emhoff (Gwyneth Paltrow) che, seduta al bancone del bar dell’aeroporto di Hong Kong, mette la mano dentro un ciotola di noccioline. Il telefono squilla e, malgrado la donna non sembri esplodere di salute, è felice e sorridente mentre parla con l’uomo con cui ha una relazione clandestina e con cui si sta organizzando per un rendez vouz a Chicago, prima di tornare a Minneapolis dal figlio e dal marito. Intanto, sempre ad Hong Kong, un ragazzo dopo aver preso un battello e un autobus, si dirige verso casa per riposarsi e per trovare sollievo da un malessere che sembra presagire uno stato influenzale. A chilometri di distanza, a Londra, una modella sta per mostrare il suo book fotografico ma la febbre sembra non darle pace costringendola ad abbandonare il provino e tornare verso la sua camera d’albergo. La rivedremo distesa sul pavimento del bagno. Morta.

Inizia così il racconto del contagio che, in breve tempo, attraversa le città, gli stati e i continenti per diventare una pandemia mondiale. Mani che si stringono, persone che si parlano e si incontrano, che si amano, che tradiscono, che si divertono, che ogni giorno si recano nel luogo di lavoro e ritornano a, fine giornata, a riunirsi con la propria famiglia. Il virus si alimenta attraverso le interazioni sociali e non ci sono confini territoriali che possono contenerlo. Minneapolis, Chicago, Londra, Parigi, Tokyo e Hong Kong, nessuna città è immune al Mev-1 e in numeri raddoppiano in maniera esponenziale. Mentre l’Oms indaga alla ricerca del paziente zero e i governi cercano di non creare il panico tra la popolazione, il dottor Ellis Cheever (Laurence Fishburne) dà l’incarico alla dottoressa Ally Hextall (Jennifer Ehle) di portare avanti le ricerche sul virus e sulle sue caratteristiche. In mezzo all’aumento dei malati, dei morti e dei disordini sociali c’è anche chi, come il blogger Alan Krumwiede (Jude Law), diffonde fake news su rimedi curativi miracolosi.

Contagion non punta sull’ostentazione della malattia, della morte e del catastrofismo e che si distacca da teorie complottistiche e oltremodo fantasiose ma che si preoccupa di analizzare, fino in fondo, quelle che potrebbero essere e che, in effetti, in molti casi sono, i reali effetti che una pandemia può portare a livello di rapporti sociali e politici in un mondo globalizzato come lo è il nostro.

Recensione di Contagion

Per ammalarsi, si deve entrare in contatto con una persona malata o con qualcosa che abbia toccato. Per spaventarsi basta entrare in contatto con una calunnia, con la televisione, con internet

Contagion

Contagion fu presentato nel 2011 al Festival del cinema di Venezia e, malgrado le buone recensioni da parte della critica, fu accolto tiepidamente da parte del pubblico. Il cast stellare non si tradusse con un successo al botteghino e, negli anni, Contagion si era un po’ perso in mezzo a centinaia di pellicole fantascientifiche su futuri distopici in cui virus e strane malattie si diffondono in ogni angolo della Terra. Soderbergh ha continuato a sperimentare realizzando film come Unsane, primo lungometraggio interamente girato con un Iphone, e spaziando tra i generi, mescolando continuamente il cinema più mainstream con elementi del cinema d’autore.

Nel 2020, poi, il suo Contagion, complice la pandemia di Covid 19, è tornato alla ribalta, diventando una delle pellicole più scaricate, chiacchierate e citate sui giornali, sui forum e sui social, trasformandosi in un vero e proprio cult di cui, probabilmente, continueremo a parlare anche in futuro. Ciò che rende l’opera del regista di Erin Brockovich, Traffic, Ocean’s Eleven, un film che si smarca dal genere è il modo in cui affronta le modalità di diffusione del virus, concentrandosi, più che sull’aspetto ansiogeno e horror, sulle dinamiche con cui la politica, la comunicazione e la società affrontano l’avanzare della pandemia.

Analisi di Contagion

Non parli con nessuno. Non tocchi nessuno. Questa è la cosa più importante

Contagion

Mentre il mondo è travolto da una pandemia potrebbe non sembrare una scelta saggia “gustarsi” un film che parla proprio di una pandemia. Ma, in realtà, guardare Contagion in questo periodo – come dimostrano anche i dati delle piattaforme streaming – può essere qualcosa di utile per esorcizzare la paura e capire come quello che, fino a poco tempo fa, credevamo un prodotto di fantascienza più vicino alla realtà di quanto potessimo immaginare. Soderbergh non è Nostradamus e il suo Contagion non è un risultato dei suoi poteri da medium o veggente, ma è il frutto di uno studio approfondito e di ricerche dettagliate sulle possibili dinamiche di diffusione di un virus.

Scott Burns, lo sceneggiatore che nel 2011 propose lo script al regista di Sesso, bugie e videotape (e che ha collaborato con lui anche per Effetti collaterali e Panama Papers), voleva fare un film che non scadesse nel mero catastrofismo, ma che si basasse più che mai su studi ed evidenze scientifiche. Quindi, per rendere il MEV-1 e tutta la sceneggiatura quanto mai realistica, Burns e Soderbergh non si sono lasciati andare a voli pindarici e teorie fantasiose ma si sono affidati ai consigli e alle analisi di epidemiologi e virologi, come ad esempio Ian Lipkin, direttore del Center
for Infection and Immunity alla Columbia University
.

In alcune interviste recenti Burns ha sottolineato come gli esperti di virus con cui ha collaborato non affrontavano mai la questione pandemia come una possibilità ma come una certezza che, prima o poi, si sarebbe verificata. Questa certezza oggi è realtà e le analisi così dettagliate presenti in Contagion sembrano scene tratte da alcuni servizi di approfondimento che vediamo spesso in tv o su internet: l’epidemiologa che ci spiega l’importanza del valore R0 (quello che indica la potenziale trasmissibilità del virus), la nascita di teorie complottistiche che dubitano dell’effettiva origine naturale della malattia e la prudenza dei governi nel diffondere la notizia del nuovo pericolo infettivo. (Dobbiamo solo fare in modo che nessuno lo sappia, fino a che non lo sapranno tutti) La frase promozionale del film “Non parlare con nessuno, non toccare nessuno” sembra estrapolata dalle linee guida dei decreti in cui la distanza sociale – insieme alle mascherine – risulta l’unica vera arma con cui proteggersi. Ma Contagion non si limita a raccontare con precisione solo il virus e le sue caratteristiche ma tutti i risvolti sociali e mediatici legati alla sua espansione. Il contagio non crea solo morti e caos a livello sanitario ma produce disordini e rivolte tra la popolazione nel tentativo di accaparrarsi pasti e farmaci, produce la proliferazione di fake news da parte di blogger scaltri con un grande seguito di pubblico, produce timore, preoccupazione e paura nella gestione delle relazioni umane.

Soderbergh si diverte a osservare ed esaminare le contorte dinamiche della società come un biologo che, con il suo microscopio, analizza le caratteristiche di un minuscolo organismo virale. La sua telecamera si avvicina ai personaggi, ai loro volti o ai particolari con cui manifestano le loro emozioni, le loro paure, i loro segreti soffermandosi su tutte quelle azioni banali e comuni dietro cui si può nascondere un pericolo. A volte la struttura di Contagion e le vicende che si trovano ad affrontare i personaggi possono risultare non ben amalgamate ma la sensazione che si può avere, è che il regista non punti a un’immedesimazione fra pubblico e protagonisti in scena quanto a stimolare uno sguardo esterno, ampio e periferico. Soderbergh ci richiede una visione globale per comprendere un film che parla di un mondo globale dove ognuno è una pedina di domino capace di innescare effetti a catena potenzialmente Infiniti a livello sanitario, economico e sociale.

Note positive

  • Lo script che punta sulla verosimiglianza della storia 
  • La regia e il montaggio che attraverso uso di scene di vita quotidiana, senza indugiare nel truce e dell’horror, sono capaci di trasmettere un senso di paura e insicurezza.

Note negative

  • La struttura poco coesa
  • Il personaggio di Marion Cotillard, poco approfondito
Condividi su

Lascia una risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.