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Cry Macho – Ritorno a casa
Titolo originale: Cry Macho
Anno: 2021
Paese: Stati Uniti D’America
Casa di produzione: Warner Bros, Malpaso Productions, Ruddy Productions
Distribuzione: Warner Bros.
Durata: 104 min.
Regia: Clint Eastwood
Sceneggiatura: Richard Nash, Nick Schenk
Fotografia: Ben Davis
Montaggio: Joel Cox, David Cox
Musiche: Mark Mancina
Attori: Clint Eastwood, Eduardo Minett, Natalia Traven, Dwight Yoakam, Fernanda Urrejola, Horacio Garcia-Rojas
Adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo del 1975 scritto da N. Richard Nash, colui che ricopre anche il ruolo di sceneggiatore, insieme a Nick Shenk, del film Cry Macho – Ritorno a casa, per la regia dell’icona del cinema Clint Eastwood, che va a realizzare una nuova pellicola alla sogna dei 91 anni di età. Le riprese della pellicola sono incominciate il 4 Novembre 2020 ad Albuquerque per poi spostarsi nella contea di Socorro dal 16 al 30 novembre; la produzione si è spostata successivamente a Belen, dove si è conclusa poi il 15 dicembre dello stesso anno. Il film è stato distribuito in Italia al cinema dal 2 dicembre 2021.
Trama di Cry Macho – Ritorno a casa
Il film racconta la storia di Mike Milo, un ex star del rodeo che nel 1979, viene ingaggiato dal suo ex datore di lavoro Howard Polk, per andare dal Texas a Città del Messico, per riportare a casa il figlio tredicenne, Rafo. Arrivato, Mike incontra la madre del ragazzo, una poco di buono che abitualmente lo picchia e lo sbatte fuori di casa. Vista la situazione difficile, l’ex torero Mike riesce a convincere il ragazzino a tornare a casa da suo padre, così i due si rimettono in viaggio. Durante il tragitto tra Mike e Rafo si instaurerà un solido rapporto di amicizia, tra incontri fortunati e importanti lezioni di vita. Nel percorso saranno accompagnati anche da Macho, un gallo usato da Rafo per i combattimenti illegali.

Recensione Cry Macho – Ritorno a casa
Il film presenta una narrazione lineare, l’intreccio è quanto di più semplice si possa immaginare, al protagonista viene data una missione da compiere, e deve portarla a termine, punto. Questo elemento all’apparenza potrebbe rendere la pellicola un po’ al di sotto degli standard a cui il regista/attore ci ha solitamente abituati nel corso della sua carriera da cineasta ( è lo stesso che ci ha regalato quel gran film che è Gran Torino); eppure per quanto possa sembrare azzardato sostenerlo, la trama non è il fulcro del film, c’è di più. Infatti il tutto sembra essere un enorme espediente per permettere a Clint Eastwood di rivisitare alcune delle locations che hanno segnato il panorama cinematografico del genere western. Le enormi lande desertiche del Messico, i piccoli paesi semi disabitati ma ricchi di persone dal cuore grande sempre disposte ad aiutare e ad aprire la propria casa a sconosciuti. Il tutto viene mostrato allo spettatore legandolo a una messa in scena che rende pienamente giustizia alle tematiche trattate. Questa luce calda che investe i volti stanchi dei personaggi, i polverosi ma accoglienti locali del paesino in cui i protagonisti trovano riparo durante il viaggio di ritorno, e in cui trovano un’accogliente famiglia messicana, dal tragico passato, da cui stabilirsi. Tutto ciò legato alla stanca (volutamente) interpretazione di Eastwood restituisce al pubblico che abbia almeno un’idea di chi sia l’uomo senza nome di Per un pungo di dollari (1964) una forte sensazione nostalgica che nella seconda metà della pellicola inizia man mano a pervadere l’anima dello spettatore. La regia in questo svolge un compito forse fin troppo buono per spiccare, nel senso che non c’è nient’altro da dire sotto quest’aspetto se non che, si, riesce a restituire al pubblico, anche tramite suggestive transizioni, quei momenti di sospensione dell’azione in cui spesso il personaggio di Mike si immerge, ma comunque non ha quel solido carattere che contraddistingue solitamente il regista. Il montaggio da questo punto di vista la segue a ruota, è buono, ma nient’altro. Ma arrivati a questo punto, se il tutto è così tecnicamente semplice e non particolarmente degno di nota, dove sta la vera anima del film?

L’eredità dello straniero
Una possibile lettura delle carenze tecniche del film può essere quella che il tutto sia giustificato dal fatto che qui, l’elemento centrale fosse più che mai il mostrare, senza particolari espedienti visivi o tecnici, il passato dell’attore che ormai egli è consapevole non potrà più tornare. Cry Macho – ritorno a casa, ha l’aspetto dell’eredità di Clint Eastwood, ne mostra il passato con aria nostalgica e quasi romantica, ne estrae la effettiva essenza facendocela osservare attraverso gli occhi di un vecchio cowboy che è consapevole di non poter più dare niente rispetto a quanto ha già dato, e quindi insegna al ragazzo da poco conosciuto le basi dell’andare a cavallo, gli insegna cosa significa vivere allo stato brado e quando sia difficile vivere quello che ha trascorso lui. In questo senso l’eredità viene lasciata al giovane Rafo, che forse un giorno metterà in pratica gli insegnamenti del suo vecchio amico, e attraverso di lui Mike, come Eastwood con questo film, potrà lasciare qualcosa che ricordi ciò che è stato, ma che non potrà essere mai più.
In conclusione
Note positive
- Un buon ritmo
- Fotografia e illuminazione
- Tematiche affrontate
Note negative
- Regia e montaggio sotto tono
- Finale affrettato
- Alcuni personaggi non sono molto approfonditi