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Dario Fo: l’ultimo Mistero Buffo
Titolo originale: Dario Fo: l’ultimo Mistero Buffo
Anno: 2022
Nazione: Italia
Genere: documentario
Casa di produzione: Clipper Media, Luce Cinecittà, CTFR, Rai Documentari
Distribuzione italiana:
Durata: 90minuti
Regia: Gianluca Rame
Sceneggiatura: Gianluca Rame, Piero D’Onofrio
Fotografia: Antonello Sarao
Montaggio: Piero Lassandro
Musiche: Riccardo Cimino
Sbarca in anteprima mondiale alla Festa del cinema di Roma 2022, il 17 ottobre alle ore 17:30 pressi la sala Maxxi, il docufilm Dario Fo: l’ultimo Mistero Buffo per la regia di Gianluca Rame, nipote del duo artistico Dario Fo, scomparso a Milano il 13 ottobre 2016, e Franca Rame, deceduta il 29 maggio 2013 a Milano, due personaggi che hanno scosso profondamente la società e la cultura del pensiero italiano tra il 1960 e il 1980, quel periodo denominato con il termine di “Anni di piombo”, che ha visto verificarsi in Italia un moto di estremizzazione dialettica politica che ha prodotto un’escalation di violenza che ha portato a una vera e propria lotta armata terroristica all’interno del paese, in cui ci sono verificati svariati atti denominati con il termine “strategia della tensione” come la strage di piazza Fontana, attentato terroristico di matrice fascista avvenuto il 12 dicembre 1969 a Milano presso la Banca Nazionale dell’Agricoltura causando diciassette morti e ottantotto feriti.
La pellicola, incentrata sul drammaturgo premio Nobel per la letteratura Dario Fo e sulla moglie – attrice Franca Rame, è prodotto da Sandro Bartolozzi, con una produzione Clipper Media, Luce Cinecittà, CTFR in collaborazione con Rai Documentari con il patrocinio di Fondazione Fo Rame, con il sostegno della Regione Lazio – Fondo regionale per il cinema e l’audiovisivo e con il sostegno della Direzione generale Cinema e audiovisivo.
Trama di Dario Fo: l’ultimo Mistero Buffo
Il 1° agosto 2016 a Roma, di fronte a tremila spettatori, il grande attore, drammaturgo e Premio Nobel Dario Fo, novantenne e al termine della carriera, sta per andare in scena con uno dei suoi cavalli di battaglia, Mistero Buffo, una pièce rivoluzionaria, censurata al debutto. Il maestro sorride pensando alle tante compagnie che in tutto il mondo rappresentano le sue opere. A Istanbul, dove la compagnia Teatra Jiyana Nu (Teatro Nuova Vita) mette in scena in curdo la commedia Clacson Trombette e Pernacchi, già censurata dalle autorità turche con l’accusa di propaganda terroristica. A Buenos Aires dove “Muerte accidental de un ricotero” adatta il testo di “Morte accidentale di un anarchico” per parlare del caso di Walter Bulacio, assassinato dalla polizia nel 1991. Il film segue gli attori in un continuo confronto nel quale il teatro di Fo diventa spazio di riflessione sulla condizione umana e sulle distorsioni del potere, superando differenze linguistiche, geografiche e culturali.
Manca poco all’entrata in scena. I suoni che giungono dalla cavea si fondono con il ricordo di altre figure familiari: Franca Rame, con cui Dario ha fatto coppia fissa in scena e nella vita, i loro intensi carteggi, le tante storie vissute insieme. L’anziano attore si alza, si porta lentamente dal camerino alle quinte e dopo un accenno di esitazione entra in scena mettendo fine all’attesa. La magia del suo teatro si compie per un’ultima volta ancora.

Recensione di Dario Fo: l’ultimo Mistero Buffo
Il film è incentrato su un evento inedito: l’ultima messa in scena di “Mistero Buffo”, a Roma il 1°agosto 2016, l’addio alle scene del suo autore e interprete, il premio Nobel Dario Fo, scomparso soltanto due mesi dopo. Racconta un percorso che parte dal camerino di Dario Fo, con il suo spettacolo più noto, per percorrere insieme a lui un viaggio caleidoscopico che ci porta dalla Turchia all’Argentina, lì dove le sue opere dalla drammaturgia potente e critica infastidiscono ancora oggi lo “status quo” e il potere.
Gianluca Rame – Regista
Una pellicola profondamente politica, incentrata sulla lotta sociale – culturale per la libertà espressiva dei popoli, con uno sguardo verso quelle classi popolari vittime degli oppressori borghesi e politici, che decidono e fanno le leggi per il loro tornaconto personale, al fine di evitare che la verità (non quella passata dai mass media di stato) venga alla luce e alle orecchie delle platee che potrebbero insorgere da un momento all’altro. Del resto se ci parla della vita di Fo e della Rame non si può che non ricadere entro un linguaggio di sinistra politico a favore delle classi sociali meno ambienti e rivolto alla loro difesa sociale, culturale e umanitaria, poiché sono state due figure attoriali che ben hanno incarnato lo spirito del loro tempo, di quel duro periodo storico denominato come Anni di Piombo. Dario Fo e la moglie Franca Rame, un duo sentimentale e professionale, hanno avuto l’intuizione di fare un passo apparentemente indietro dal punto di vista teatrale: abbandonare i luoghi borghesi del teatro (come la televisione dove venivano ripetutamente censurati) per rintracciare dei palchi maggiormente al contatto con il popolo, in uno spazio (le piazze) dove potessero dar voce a tutta la loro filosofia di pensiero attraverso il loro lavoro attoriale, con testi non fini a se stessi ma posti per risvegliare una coscienza civile e intellettuale popolare, il tutto usando il linguaggio corporeo e linguistico tipico della classe operaia, per essere facilmente comprensibili dai più. Il loro lavoro dunque non ha solo una valenza attoriale innovativa, ma ha avuto un ruolo culturale – politico fondamentale, risvegliando la coscienza dei più, al fine di renderli informati sui fatti storici attuali e delle false verità raccontate dello Stato. Inoltre le loro rappresentazioni teatrali e comizi hanno avuto un’importanza sull’evoluzione del pensiero tradizionale, poiché Dario Fo e la Rame parlavano direttamente al pubblico, creando una profonda discussione con gli interlocutori che venivano a vederli, andando a trattare di quei problemi sociali italiani come la situazione delle donne, escluse dalla vita lavorativa e immesse nelle case. I due attori italiani hanno sempre cercato d’inseminare nella mente degli operai e degli studenti che ciò che fa l’uomo può essere fatto da una donna e che l’uomo stesso può e deve accudire i propri figli dal lato più emozionale e paterno.
Il documentario ci parla, tramite le interviste di France Rame e di Dario Fo, oltre alle numerose interviste di attori (Paola Cortellesi) o di svariati storici e giornalisti (Paolo Mieli e Vincenzo Mollica), anche della loro valenza attoriale e drammaturgica, di coloro che hanno saputo riportare il teatro dove questo è nato. Nel medioevo infatti gli attori erano dei giullari e rappresentavano i loro spettacoli nelle piazze, nei luoghi del popolo, solo in seguito questo si è spostato nei luoghi del Re, nelle corti e nei teatri per i nobili. Il teatro è per il popolo e deve parlare a loro, questa è la concezione alla base di Fo e Rame, una concezione di teatro che però è vissuta con loro e che nel 2022 sembra ormai essere andata perduta in Italia. La carriera e la vita teatrale del drammaturgo premio Oscar per letteratura ci viene narrata da un attore nel bel mezzo di un palco vuoto, il suo racconto però non è incisivo e appare piuttosto superfluo all’interno della narrazione filmica, tanto che questi spezzoni potevano tranquillamente essere assenti nella pellicola.

Parallelamente al racconto delle gesta di Dario Fo e della moglie, troviamo la sua eredità culturale, dove molti giovani attori extra Italia vedono in lui un narratore onesto dei tempi attuali e della situazione sociale del loro popolo. Fin da quando il drammaturgo era in vita in tutta Europa e in America Latina le sue opere hanno avuto molteplici tentativi di messa in scena, spesso con rappresentazioni bloccate dai rispettivi stati e che hanno visto molti attori venire condotti in carcere, solo per aver tentato di rappresentare opere come Mistero buffo. Giullarata popolare in lingua padana del ‘400 (1969) o Morte accidentale di un anarchico (1970), un’opera pesantemente incentrata su una dura satira politica. Durante il documentario veniamo condotti a Istanbul, dove la compagnia Teatra Jiyana Nu, intende mettere in scena la commedia sul terrorismo di Dario Fo dal titolo Clacson Trombette e Pernacchi (1981), recitandola in lingua curda, creando una feroce contrarietà dello stato Turco che si trova dal 1978 in una lotta contro il Partito dei Lavoratori del Kurdistan, nel cosiddetto “conflitto curdo-turco”. Gli attori della compagnia ci sono visti censurare e dunque impossibilitati a rappresentare al loro popolo quello spettacolo, in quella terra Turca dove è vietato per legge leggere e mettere in scena le opere di Dario Fo. Accanto a questa vicenda vediamo anche il tentativo di rappresentare a Buenos Aires una rivisitazione di “Morte accidentale di un anarchico”, dove un gruppo di attori ci sono ispirati a quella storia per parlare dell’uccisione di Walter Bulacio da parte della polizia che l’ha ucciso solo per essere andato a un concerto di musica Rock. Questi due tentativi di rappresentare le opere di Fo sono interessanti, ma doveva diventare l’epicentro narrativo del documentario, in cui il racconto della vita di Franca Rame e di Dario Fo doveva essere solo d’appoggio, dimostrando come il loro teatro è ancora in vita e come le loro opera spaventino, dopo molti anni dalla loro scrittura, il potere. Nel documentario invece il racconto di queste rappresentazioni teatrali viene solo brevemente mostrato e il montaggio non riesce pienamente a integrare questi momenti con il resto del racconto, dando la sensazione che il regista voglia parlare di troppe cose all’interno di un film di soli novanta minuti.
In conclusione
Un documentario interessante che ci permette di conoscere il genio di Dario Fo e di Franca Rame, colei che tra i due era la vera attivista politica. Il titolo però non rende omaggio alla vicenda narrata, poiché non è incentrata sull’ultimo spettacolo di Dario Fo, ma sulla loro vita di coppia e sul loro teatro – politico degli anni di piombo. Menzionare nel titolo solo il nome di Fo, può far più colpo a livello di pubblico, ma il nome della Rame meritava di comparire nel titolo, anche per il tipo di film che è stato realizzato dove abbiamo più interviste d’archivio dell’attrice italiana che non del drammaturgo Fo. Altro problema del film è il voler raccontare troppo, c’è si voleva mostrare le due compagnie teatrali in America Latina e in Turchia, ci si doveva concentrare solo su di loro e parlare, brevemente, sulla vita dei due attori. Il film invece vuole raccontare entrambi i mondi e in questo modo sacrifica troppo la parte attuale, che alla fine dei conti poteva essere anche omessa. Nonostante qualche errore la pellicola è interessante e merita una visione, soprattutto se non si conoscono i due attori italiani.
Note positive
- Immagini d’archivio
- La tematica
Note Negative
- Sceneggiatura: ci si doveva concentrare solo su un argomento e non su tutti. Alla fine gli ultimi anni di vita della Rame e di Fo, sono stati interamente trascurati, come i loro inizi come attori.