Dark City: Il papà di Matrix

Dark City

Titolo originale: Dark City

Anno: 1998

Paese: Stati Uniti d’America

Genere: Fantascienza, Noir

Casa di produzione: New Line Cinema

Durata: 1 hr 40 min; 1 hr 52 min (director’s cut)

Regia: Alex Proyas

Sceneggiatura: Alex Proyas

Fotografia: Dariusz Wolski

Montaggio: Dov Hoenig

Musiche: Trevor Jones

Attori: Rufus Sewell, William Hurt, Kiefer Sutherland, Jennifer Connelly, Richard O’Brien, Bruce Spence

Trama di Dark City

Ma immagina una vita estranea alla tua, in cui i tuoi ricordi non fossero i tuoi ma quelli condivisi da ogni altro della tua specie. Immagina il tormento di una simile esistenza: nessuna esperienza da chiamare tua. Se fosse tutto quello che sai, forse sarebbe un conforto.

CIT. MR HAND (RICHARD O’BRIEN) – DARK CITY

John Murdock (Rufus Sewell) si sveglia in una stanza d’albergo, trovandoci un cadavere. Incapace di ricordarsi chi è e come era la sua vita precedente, l’uomo si ritrova a vagare per una città senza nome e immersa in una notte perenne, alla ricerca della verità.

Rintracciata la moglie Emma (Jennifer Connelly) e contattato dal misterioso scienziato Daniel Schreber (Kiefer Sutherland), Murdock scopre di essere braccato non solo dall’investigatore Frank Bumsteadum (William Hurt), che sospetta di lui, ma anche da una setta di umanoidi dagli spaventosi poteri telecinetici, noti come gli “Stranieri”.

Recensione di Dark City

Forse ho perso la testa, ma chiunque io sia, sono ancora me stesso e non sono un assassino.

CIT. JOHN MURDOCK (RUFUS SEWELL) – DARK CITY

Alex Proyas, nato al Cairo nel 1963, è passato all’onore delle cronache per il successo “maledetto” de Il Corvo (1994), amalgama affascinante ed emotivamente forte d’immaginario metal e fantascienza cyberpunk goticheggiante. Il film successivo del regista, Dark City, arriva quattro anni dopo a tentare di replicare l’exploit del cult movie con Brandon Lee, con il quale presenta innumerevoli analogie figurative.

Dark City, però, non ottiene il successo sperato, incassando molto meno di quanto la New Line Cinema si aspettasse. Ciò ha forse ha comportato la condanna all’oblio? Ovviamente no, e l’influenza estetica avuta su Matrix (uscito l’anno dopo e a tutti gli effetti un remake più patinato e spettacolare) o Prometheus di Ridley Scott testimonia il valore dell’opera di Proyas, ancor oggi impressionante per fascino, apertura intellettuale del discorso sulla crisi identitaria e ritmo avvincente.

Non stavi cercando l’anima umana? Questo è lo scopo del tuo piccolo zoo, non è vero? Ecco perché continui a cambiare persone e cose ogni notte. Forse hai finalmente trovato quello che stai cercando e ti morderà il tuo…

CIT. DANIEL SCHREBER (KEIFER SUTHERLAND) – DARK CITY

Scritto dallo stesso regista, Dark City attinge a piene mani da tante cose (Blade Runner, Metropolis e la narrativa horror di Clive Barker in primis), ma la sua essenza derivativa non gli impedisce di essere una pellicola di macabra fantascienza mista al noir, capace di intrigare e stimolare i sensi. La ricca sceneggiatura imbastisce il discorso sulla presa di coscienza e l’unicità della mente umana, le quali si scontrano contro la perfezione di un sistema originato da un’unica volontà pensante. Ovvio, quindi, fare parallelismi con il regime nazista, qui incarnata in una setta di alieni che, anziché la purezza razziale, ricercano quella purezza dell’anima a loro negata per natura.

Sempre dal Philip Dick di Blade Runner proviene l’accattivante tema della memoria falsata, così come con Metropolis di Fritz Lang Dark City condivide l’innesto di una classicissima storia noir in un ambiente fantascientifico urbano barocco. La messa in scena è l’altro grandioso punto di forza del lavoro di Alex Proyas, che dopo Il Corvo non ha più bisogno di dimostrare il proprio valore estetico. Le agorafobiche scenografie, così come gli squarci visionari di vedute interstellari, ingioiellano una cupa architettura dal vago retrogusto steampunk che si fa ricordare per molto tempo, malgrado una CGI allo stato embrionale non proprio invecchiata bene.

Molto dell’efficacia della narrazione si deve anche alla recitazione, prevedibilmente di livello quando tra gli attori c’è gente come William Hurt o Jennifer Connelly. Al netto delle sue piccole pecche, Dark City resta un buon esempio di cinema fantastico dove la spettacolarità è il mezzo per espandere la visione politica del cineasta.

NOTE POSITIVE

  • Messa in scena accattivante di un microcosmo fantascientifico.
  • Coinvolgimento di una classica trama noir ricca di sottotesti mai banali.
  • Recitazione di livello.

NOTE NEGATIVE

  • Effetti speciali digitali non invecchiati benissimo.

Lascia una risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.