Basato sul bestseller americano di Paul Tremblay, La casa alla fine del mondo (The Cabin at the End of the World), Bussano alla porta è partito inizialmente come una sceneggiatura di Steve Desmond e Michael Sherman che si è conquistata uno spazio nella famosa Blacklist annuale dell’industria cinematografica che segnala le migliori sceneggiature non prodotte ogni anno. La pellicola è in uscita, in Italia, il 2 febbraio 2023.
Ashwin Rajan – Produttore e presidente della produzione alla Blinding Edge: Avevamo pensato ad alcuni giovani registi che, alla fine, si sono sganciati dal progetto per problemi di tempistiche e impegni. Noi eravamo ancora molto interessati e per Night l’idea era così affascinante che un giorno a una riunione ha detto, ‘Beh, che ne dite se lo riscrivo e lo dirigo io?’ Sentiva una reale connessione con la storia e ne aveva un’interpretazione che era insieme contenuta ma anche profonda. Il film risulta come un thriller con al suo centro una domanda avvincente: “Cosa faresti se dovessi salvare la tua famiglia o l’umanità e potessi sceglierne solo una?”
M. Night Shyamalan – Regista e sceneggiatore: È un racconto biblico dei tempi moderni. Anche Servant lo è. L’idea di raccontare grandi storie bibliche ma in tempi moderni e ambientazioni moderne è quello che mi interessa al momento. Il film riflette il mio sentire che tutto quello che sta succedendo nel mondo non è bello e non fa star bene. Sento però anche che stiamo lottando insieme e andando nella giusta direzione. Naturalmente non facciamo tutto bene, tutte le volte ma in generale la direzione in cui ci stiamo muovendo come umanità è quella giusta e meritiamo la chance di continuare. Questo è quello che sento. Una storia d’amore è una prova sufficiente che l’umanità deve continuare a muoversi. Bussano alla porta è un’incredibile opportunità per noi di vivere una gigantesca e globale storia biblica attraverso l’esperienza di una famiglia. Abbiamo adattato il libro per fare questo film, ma siamo sostanzialmente andati in una direzione completamente diversa intorno alla metà della storia.Questo mi è pesato un po’ ma nella mia mente la storia aveva bisogno di ciò e doveva andare per questa strada in maniera molto evidente. E infatti questa è stata la parte interessante della sfida: posso fare un film su una terrificante ‘Scelta di Sophie’ e portarci il pubblico?” So raccontare storie molto cupe perché ho un sentimento profondamente positivo nei confronti delle persone e del mondo. Nella vita reale so trasformare tutto ciò che è negativo in positivo grazie alla mia profonda fede nella positività delle cose.
Marc Bienstock – Produttore: L’unico aspetto coerente in tutti i lavori di Night è che girano intorno alla famiglia e che i personaggi e il pubblico fanno un percorso emotivo in ognuno dei suoi film. A Shyamalan piace anche mettersi in gioco e questo film presentava una grande sfida: è ambientato quasi interamente in un interno.
M. Night Shyamalan – Regista e sceneggiatore – Regista e sceneggiatore: Sono molto attratto da storie d’isolamento e dal raccontare storie molto ampie attraverso una piccola finestra. Quella costrizione, quell’equilibrio, una giustapposizione dell’ampiezza della storia e del modo in cui la raccontiamo per me è molto stimolante.

Dave Bautista – Attore: Volevo essere bravo per quanto mi era possibile. Dall’inizio, non avevo la pretesa di diventare una star del cinema. Ho mollato il wrestling per fare l’attore anche se stavo andando alla grande. Ho lasciato all’apice, ma ho lasciato perché amo recitare e non riuscivo a farlo continuando a fare wrestling. I soldi e i riflettori non significano niente per me. Amo semplicemente quest’arte e voglio essere rispettato dai miei colleghi. Questo ruolo per me è stata una grande opportunità. Il mio primo pensiero è stato, ‘Cavolo, è davvero cupo,’” Poi ho pensato che fosse l’occasione di una vita e che fosse proprio quello che stavo aspettando perché non mi vengono mai offerti ruoli così. Di solito tutti mi vogliono per roba d’azione e capisco perché mi vogliono mettere in quella scatola. Ma io ho lottato per uscirne. Volevo ruoli più profondi perché voglio mettermi alla prova come attore e questa pellicola me lo permette.
Jonathan Groff – Attore: Non avevo mai interpretato un padre o un marito prima d’ora, per cui avere Ben e Kristen sul set e trovarmi in un ambiente così ristretto e intenso è stato ancora più forte dal punto di vista emotivo di quando ho letto il copione per la prima volta. Il fatto che sia un ambiente solo e un ensemble di attori che stanno insieme per raccontare una storia lo rendeva molto simile al teatro. Anche alle prove sembrava che stessimo provando uno spettacolo perché c’erano scene lunghe 15 pagine in cui ci si passava la palla avanti e indietro.
Ci sono nella pellicola due visioni opposte in un contesto molto intenso con questa energia spaventosa tipo culto che arriva e con persone dicono loro cose straordinarie. Penso che la storia ci ponga delle domande molto interessanti su fede, fiducia, famiglia e, naturalmente, sul sacrificio. Night, sul set ci parlava della differenza tra registi cacciatori e raccoglitori. I cacciatori sanno esattamente cosa vogliono. Escono e cacciano. I raccoglitori hanno un’idea di cosa vogliono, ma aspettano di arrivare e vedere cosa succede e quando se ne vanno capiscono. Night si identifica essenzialmente con un cacciatore. Sa cosa vuole, e la troupe e il cast lo aiutano a realizzare la sua visione. È uno dei modi di lavorare che preferisco perché puoi davvero abbandonarti nel processo. C’è una persona che ha la responsabilità e ti sostiene e vede tutto e può guidarti verso il tipo d’interpretazione che sa già di volere.
Io e Ben siamo entrambi sui 35 anni, e le cose erano diverse 20 anni fa, quando stavamo crescendo. L’accettazione dell’identità sessuale non era come è oggi. Noi siamo arrivati al punto di essere in un horror hollywoodiano da attori gay che interpretano personaggi gay in un film di M. Night Shyamalan, e non ci potevamo credere. Questo non sarebbe potuto succedere 15 anni fa. Ed è un’opportunità davvero speciale poter essere noi stessi in un film – in un film divertente, interessante e spaventoso -, essere gay sia sullo schermo che fuori. Ora che siamo nel 2022 e le cose sono cambiate, noi possiamo cavalcare quest’onda generata da tutto il lavoro che è stato fatto prima di noi per farci arrivare qui. E riconosciamo questo progresso di cui stiamo beneficiando.
Ben Aldridge – Attore: Quello che Night sa fare davvero bene, e che si vede in film come Signs o The Village, è prendere un contesto familiare come nucleo e farlo esplodere in proporzioni bibliche. Questa storia è stata una cosa molto intensa in cui entrare. Quando l’ho letta mi sono subito reso conto di quanto i temi fossero enormi e di quanto fosse potente il percorso che affrontano i personaggi. Penso che questo film lo faccia in maniera più diretta di qualsiasi altro film lui abbia fatto. Chiede al pubblico di pensare alla fede e alle credenze, mette in discussione la religione, e penso che generi tutte queste questioni da affrontare, che sono gli enigmi della vita, incapsulandole in questo contesto familiare non convenzionale.
Sono cresciuto in un tempo in cui non avevo alcun accesso a cosa significasse essere gay o essere queer. Nel Regno Unito c’erano una manciata di presentatori televisivi davvero estroversi ed eccentrici, e ricordo di aver pensato, ‘Questo significa essere gay.’ Ma non sapevo cosa significasse a livello umano o cosa stavo vivendo io stesso. Per questo penso che la rappresentazione sia enormemente importante a tutti i livelli. È importante vederci riflessi nell’arte che scegliamo di guardare. È così che impariamo a conoscere noi stessi; è così che impariamo a conoscere le persone nel mondo che sono diverse da noi. Credo che la rappresentazione abbia il potere di cambiare e influenzare il mondo in maniera davvero positiva.
Rupert Grint – Attore: C’è qualcosa di molto seducente nei film sull’apocalisse. L’apocalisse esercita un grande fascino e la gente ama guardare come sarebbe se arrivasse. Raramente è stata esplorata in un ambiente così isolato, remoto, intimo. Vederla da questa prospettiva, da questo chalet, è l’ambientazione perfetta. È un luogo molto isolato in cui tutto potrebbe accadere ed è lontanissimo da ogni possibilità di chiedere aiuto. E questo rende tutto ancora più inquietante. Stiamo lentamente uscendo da una pandemia globale. C’è una crisi climatica e ambientale nel mondo che non è mai stato percepito così fragile. Per cui, al momento, questo tipo di paura incombente della fine del pianeta è nella testa di moltissime persone.
Il mio personaggio può sentire il ticchettio dell’orologio più forte degli altri per cui è assalito da una paura maniacale. Ed è un personaggio che, in qualche modo, si sta riprendendo. Ha un passato oscuro, ma quando lo vediamo noi, in realtà, sta vivendo un buon momento. Improvvisamente viene appesantito da questo enorme fardello e deve prendere una decisione. È molto aggressivo, e sta ancora lottando con la tanta rabbia che prova. E questo viene fuori in molti modi diversi. È la persona meno adatta per trovarsi in questa situazione. Non ha sangue freddo e non è capace di comunicare molto bene.
C’è una sequenza che è lunga quasi 10 pagine e Night l’ha girata in modo che alcune delle riprese duravano cinque minuti. Sembrava uno spettacolo teatrale perché si sta in scena per tempi molto lunghi. Sei così immerso in quel mondo e trovi lo stesso ritmo anche negli altri attori. Entri in questo strano sincronismo che è molto ritmico e collaborativo.”