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Francuz
Titolo originale: Француз
Anno: 2019
Paese: Russia
Genere: drammatico
Produzione: Мармот-фильм
Durata: 128 min
Regia: Andrej Sergeevič Smirnov
Sceneggiatura: Andrej Sergeevič Smirnov
Fotografia: Jurij Šajgardanov
Attori: Anton Rival’, Evgenija Obrazcova, Aleksandr Baluev, Evgenij Tkačuk, Michail Efremov
Andrej Sergeevič Smirnov non possiede una lunga filmografia cinematografica come regista, tanto che la sua pellicola precedente,Veroj i pravdoj, è stata girata nel lontano 1979, ovvero trent’anni prima dell’uscita del suo ultimo lavoro Francuz, proiettato per la prima volta nel 2019 alla chiusura del festival cinematografico russo Kinotavr e successivamente ha aperto il XXV Festival Internazionale del Film sui Diritti Umani “Stalker“. In Italia la pellicola è stata presentata in anteprima nel 2021, alla 32 edizione del Trieste Film Festival dove gareggia in concorso nella categoria documentari
Francuz è dedicato all’attivista, dissidente, giornalista e membro dei diritti umani in Urss, Alexander Ilyich Ginzburg, scomparso nel 2002 a Parigi, il quale ha avuto un rapporto piuttosto conflittuale con il potere marxista e comunista venendo svariate volte arrestato per le sue numerose azioni di protesta al fine di ottenere una maggior libertà per il suo popolo rinchiuso in una morsa dittatoriale. Alla fine però l’uomo è stato costretto a scappare dalla patria trasferendosi prima negli Stati Uniti e poi in Francia. Il film seppur non tratta la sua vita riprende in maniere importante, attraverso una serie di personaggio, la sua forte lotta contro il comunismo Russo tra gli anni ’50 e 70.

Trama di Francuz
Nel 1957 lo studente Pierre Durand si reca a Mosca per un tirocinio e conosce la ballerina Kira Galkina e il fotografo Valera Uspenskij. Insieme esplorano la vita culturale di Mosca, ma il tirocinio e l’esperienza di vita sovietica non sono le uniche ragioni del suo viaggio.
Recensione di Francuz
La cosa più importante per me è stato raccontare il momento di formazione della generazione degli anni Sessanta, a cui appartengo. Appartengo ai più giovani degli anni Sessanta. E ricordo bene questo momento di relativa libertà, sospirando dopo il ventesimo congresso del partito e dopo il festival dei giovani di Mosca
Andrej Sergeevič Smirnov
Francuz si dimostra fin dal suo incipit narrativo come un film prettamente autoriale con uno spiccato linguaggio e una tematica predominante come quella sul senso e sul significato di Comunismo, prima mostrato in Francia attraverso un dialogo tra amici che hanno aderito al partito comunista, e successivamente all’interno del paese marxista Urss alla fine degli anni’50, il tutto mostrato attraverso lo sguardo proprio di uno di quei ragazzi francesi, come Pierre Durand, che si reca a Mosca sia per effettuare degli studi sulla letteratura russa ma sopratutto per scoprire le sue origini, avendo da sempre saputo che faceva parte di una nobile dinastia russa. Il giovane vive nella totale libertà europea e dovrà imparare a comprendere come quella libertà in Russia non esista, ma che quella nazione è in tutto e per tutto uno stato totalitario dove non conta l’individuo ma il benessere della nazione, dove per proteggere i valori tradizionali e nazionali ha realizzato una falsa libertà dove tutti i “compagni” altro non sono che numeri che devono seguire un unico dovere: servire lo Stato e seguire il libro rosso.

Il lungometraggio russo ricorda in maniera importante i grandi film della Nouvelle Vague Francese di Jean-Luc Godard, Jacques Rivette o di François Truffaut non tanto per la fotografia che sfrutta un bianco e nero quasi irrealistico in alcune scene, come quella d’apertura dove il fondale appare finto donando una dimensione favolesca al momento drammaturgico. Il lavoro di Andrej Sergeevič Smirnov ricalca, piuttosto, lo stile di scrittura e di non – storia sfruttato negli anni ’60 dai Francesi dove vengono messi in evidenza dei momenti di semplice vita quotidiana che poco hanno a che fare con la storia stessa, donando una maggior importanza alla recitazione degli attori e ai dialoghi piuttosto che alla regia che in Francuz risulta piuttosto statica con inquadrature fisse che catturano un momento che sa di realtà. Gli stessi personaggi e i loro legami amorosi, che risultano la parte di maggior empatia all’interno della storia, nonostante ottengano un minutaggio eccessivamente basso, ricalcano quel rapporto triangolare tanto adorato nella filmografia di Truffaut da Jules et Jim del 1962 passando per Le Due Inglesi del ’71. Qui abbiamo appunto un rapporto amoroso tra Pierre, Kira Galkina, ballerina del Teatro Bolshoi, e Valery Uspensky, fotografo. Se la loro storia d’amicizia richiama bene il cinema di Truffaut in alcune scene, come quella in cui camminano a bracciato per una strada cantando e scherzando, la storia d’amore e d’amicizia perde tutto quel suo lato prettamente emozionale risultando a sua volta fredda come il territorio russo, completamente ghiacciato. Solo nel finale, dopo che i personaggi erano scomparsi per mezz’ora dallo schermo, sentiamo questa oppressione intima d’amore che risulta però debole a causa della mancata caratterizzazione di Kira troppo poco presente nella storia.

Uno sguardo politico
Dal titolo americano dell’opera A Frenchman, comprendiamo fin da subito l’intento del regista, ovvero quello di descrivere il potere marxista dell’Urss attraverso l’esperienza di vita di un giovane studente francese che si ritrova a vivere in un mondo dove gli atteggiamenti e i comportamenti sono molto divergenti da quelli parigini.
Francuz mostra in maniera chiara e decisa uno sguardo sulla politica degli anni ’50 e sul risultato che questo ecosistema sociale – politico russo ha sui suoi cittadini. Interessante risulta la prima parte narrativa in cui il cineasta poggia le basi per il racconto che si svilupperà maggiormente nella seconda parte, che è maggiormente spiegati a, con un lungo dialogo tra il protagonista e un personaggio di cui non svelerò l’identità per evitare degli spoiler (forse il momento emotivamente più passionale).
Il tema che verrà trattato all’interno di quel dialogo e mostrato in tutto il film anche se in maniera a tratti caotica e discontinua. Francuz del resto mostra la prigionia liberale – individualista dove i cittadini stessi vorrebbero fuggire da quello stato e da quelle politiche che mettono a rischio la loro vita. Tale timore del potere lo vediamo in una ragazza che chiede aiuto al francese durante un ballo, oppure nel suo compagno di alloggio russo che confessa di non aver fatto la spia su di lui all’interno del bagno con l’acqua che sgorga dalla doccia temendo che qualcuno li ascolti.
La seconda parte mostra maggiormente i problemi dagli artisti e delle figure che ruotano intorno a Pierre, dove tutti appaiono infelici e sfiduciati sul loro futuro. Tutto appare raccontato in maniera più fluida della prima metà filmica dove ci sono fin troppi dialoghi che rendono il tutto troppo dispersivo. La critica politica inoltre ha la pecca di portare il film ad un livello filosofico intellettuale alla francese ma allo stesso tempo perde di vista il lato emozionale della storia che diviene eccessivamente fredda nonostante mostri alcuni personaggi molto umani, ma noi spettatori non proviamo mai empatia verso il giovane studente francese.
Note positive
- Lo sguardo sociale e politico sulla russia
- Gli attori
Note negative
- La storia d’amore poteva donare maggior empatia al film
- La prima parte risulta troppo lunga e dispersiva