Ginny & Georgia – prima stagione (2021): il profondo legame tra madre e figli

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Trailer italiano di Ginny & Georgia

Disponibile su Netflix a partire dal 24 febbraio, Ginny & Georgia è una serie composta da dieci episodi della durata di circa 55 minuti. Ideata da Sarah Lampert (attrice in Haze, D. Burkman, 2016), l’opera è prodotta anche da Debra J. Fisher, conosciuta per aver partecipato a progetti come The O.C., Criminal Minds e Law & Order: Los Angeles. Erin Deck, vincitore del Canadian Cinema Editors Award per il cortometraggio Sunday Punch (A. Powell, 2013), cura invece il montaggio dividendo il lavoro con Jonathan Eagan; mentre il trio composto da Lili Haydn, Agatha Kaspar e Ben Bromfield (Boom! A film About the Sonics, J. Albertsen, 2018) si occupa delle musiche. Nel cast figurano Brianne Howey (Batwoman, 2019), Antonia Gentry e Scott Porter, visto in Dear John (L. Hallström, 2010) al fianco di Channing Tatum e Amanda Seyfried. Tornando alla serie, dal 26 febbraio è attualmente in programma anche la disponibilità di uno speciale, intitolato Ginny & Georgia – The Afterparty.

Trama di Ginny & Georgia

Georgia Miller (Brianne Howey) non può apparire più diversa da sua figlia Ginny (Antonia Gentry). La prima è una trentenne esuberante e ricca di fascino; la seconda una riflessiva quindicenne che ama l’interpretazione di Barbra Streisand in A Star Is Born. Le due, insieme al piccolo Austin (Diesel La Torraca), si trasferiscono in continuazione da una cittadina all’altra, decidendo infine di stabilirsi nella tradizionale Wellsbury.

Nel New England, mentre Ginny tenta d’integrarsi nella comunità dell’high school, sua madre conosce il sindaco Paul Randolph (Scott Porter), iniziando a lavorare per lui e scoprendo quanto possa essere bella una vita tranquilla. Georgia comincia così a partecipare al piccolo circolo cittadino, ad organizzare originali “serate casinò” per raccogliere fondi utili alla comunità e coordinare pigiama party nella scuola della figlia. Tutto sembra procedere per il meglio, e persino Ginny riesce ad entrare nel ristretto “club” composto da Maxine (Sara Waisglass), Abby (Katie Douglas) e Norah (Chelsea Clark), poi denominato MANG. Tuttavia, la serenità ritrovata viene presto minacciata da quel drammatico passato che Georgia ha sempre cercato di lasciarsi alle spalle, sperando di non essere rintracciata per evitare di sconvolgere la vita dei propri figli.

Recensione di Ginny & Georgia

Approcciarsi a Ginny & Georgia, ritenendola una serie esclusivamente affine al genere Young Adult, sarebbe un’ingiusta considerazione tanto capace di ridimensionarla quanto di limitare l’ipotetica platea a cui è rivolta. Del resto, la showrunner Sarah Lampert, alla prima grande occasione, realizza un’opera esplosiva, non solo per l’esuberante personaggio di Georgia, ma anche per i contrasti, argutamente sottolineati, tra lo stile della famiglia Miller e quello che apparentemente contraddistingue le persone di una tradizionale cittadina del New England. In tal senso, l’idea (voluta) di contrapporre rapidamente il personaggio interpretato ottimamente da Brianne Howey con i più comuni stereotipi del suburbio statunitense, stabilisce un interessante punto di contatto tra due realtà completamente agli antipodi. La sfida con la “cittadina modello” Cynthia Fuller (Sabrina Grdevich), assidua frequentatrice dei circoli di Wellsbury ne è un esempio; ma anche il rapporto con il sindaco Paul Randolph (Scott Porter), emblema del classico politico americano (e del politically correct) con l’aspirazione ad assumere la carica di governatore dello Stato. Una coppia di personaggi che vivono in mondi distanti anni luce da quello di Georgia, trentenne con due figli, diverse relazioni alle spalle e, soprattutto, un passato torbido. Lo stesso che, Sarah Lampert, mostra a tratti durante gli episodi, mantenendo intelligentemente quella tensione emotiva che ben caratterizza la serie.

E poi, come già scritto, Brianne Howey gestisce il resto. Ovvero, quella Georgia Miller dalle svariate sfumature; una ragazza complessa e complessata, desiderosa di apparire come qualcuno e, allo stesso tempo, di riuscire a dimenticare alcune drammatiche esperienze. Ciò che la sta perseguitando dovunque vada, mettendola alla prova mentre si impegna nel velleitario tentativo di nascondere ogni (dolorosa) verità ai propri figli, in risposta a quell’istinto materno che corrisponde al leitmotiv dell’intera produzione. Ma Georgia Miller, di certo non accumunabile, nonostante la citazione all’interno della serie, alla Lorelai Gilmore (Lauren Graham) di Una mamma per amica (2000-2016), colpisce anche per la capacità di sorridere (allo stesso modo del viso raffigurato in una stampa del salotto) e, in generale, di resistere agli stress emotivi, evitando toni banali e conversando brillantemente con Ginny, la figlia adolescente. Del resto, ciò che rende la serie così apprezzabile, consiste anche nei dialoghi scevri di inappropriati sentimentalismi. Una considerazione perfettamente esemplificata da una conversazione tra Georgia e Ginny, in cui la madre rivela di non ritenersi caratterialmente forte per le difficoltà che è stata costretta ad affrontare, ma al contrario, persino di rimpiangere le energie sprecate in una spaventosa, e talvolta folle, corsa verso un’identità.

Non c’è quindi alcun eroismo nel personaggio di Brianne Howey. Una ragazza la cui esistenza è stata particolarmente condizionata da devastanti esperienze, capaci di spingerla a scappare e a tentare di scordarsi ogni cosa. Un’abitudine che spinge Ginny, nei primi episodi, a sostenere che Georgia, di fronte ai problemi, decide puntualmente di sottrarsi alle proprie responsabilità, senza però sapere quello che sua madre realmente nasconde. A tal proposito, la figlia quindicenne, perfettamente interpretata dalla (quasi) esordiente Antonia Gentry, è un’altra nota positiva della serie. Non solo per la qualità recitativa espressa dalla giovane attrice, ma soprattutto per l’acuta profondità psicologica che contraddistingue il personaggio ideato da Sarah Lampert. Perché Ginny Miller affascina proprio per la sua straordinaria realtà, espressa attraverso quello che più caratterizza Millennials e Centennials (ma non solo): come quel mix tra paura ed entusiasmo nei confronti di nuove esperienze; oppure, più semplicemente, la folle trepidazione nell’attesa di una risposta, in grado di scatenare dubbi e risentimenti che puntualmente scompaiono dopo l’accensione di un piccolo led sullo smartphone. Ma il particolare realismo della serie non riguarda solo le attrici protagoniste, bensì anche le sequenze che inquadrano il piccolo Austin (Diesel La Torraca). Del resto, è il più giovane in casa Miller a subire più profondamente i continui trasferimenti da una cittadina all’altra, entrando subito in contrasto con il gruppetto comandato da Zach Fuller (Connor Laidman) che lo addita come un bambino “strano”. Tuttavia, anche in questo caso, Sarah Lampert non si affida ai soliti luoghi comuni, sviluppando in modo originale il comportamento di Austin nel corso degli episodi.

Tutti aspetti che si incrociano (sapientemente) con il percorso di Georgia, perennemente braccata dal già citato passato che arricchisce la serie di suspense. Perché Sarah Lampert non realizza solo una produzione a metà tra la commedia e il teen drama, bensì un’opera capace d’interagire con svariati generi: dal thriller al sentimentale, sempre con uno stile innovativo. Costruendo difatti il personaggio di Georgia attraverso percepibili e curiosi rimandi a tre ruoli interpretati da Julia Roberts, come la perseverante ma anche fragile Erin Brockovich (Erin Brockovich – Forte come la verità, S. Soderbergh, 2000), l’anticonvenzionale e occasionalmente spietata Grace King (Qualcosa di cui… sparlare, L. Hallström, 1995) e l’audace Vivian Ward (Pretty Woman, G. Marshall, 1990), ricordata in Ginny & Georgia anche con l’inserimento dell’iconico successo (Oh, Pretty Woman, 1964) cantato da Roy Orbison. Delle ambizioni che la showrunner, sicuramente grazie alle interpretazioni di Brianne Howey e Antonia Gentry, riesce a condensare all’interno della serie, lanciando su Netflix un’opera originale capace di conquistare lo spettatore e, soprattutto, di suscitare mutevoli emozioni.

Note positive

  • Le interpretazioni di Brianne Howey e Antonia Gentry
  • La regia (di alcuni episodi in particolare)
  • La profondità psicologica e il realismo che caratterizza i personaggi principali
  • La capacità di sorprendere lo spettatore, senza ricorrere a luoghi comuni

Note negative

  • In termini di sceneggiatura, il primo incontro tra Georgia e Paul appare eccessivamente convenzionale. Tale scelta non pregiudica comunque la qualità della serie, la cui visione resta assolutamente consigliata
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