I never cry (Jak Najdalej Stąd) – Trieste Film Festival: Il dramma di una generazione abbandonata

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I never cry

Titolo originale: Jak Najdalej Stąd

Paese di produzione: Polonia, Irlanda

Anno: 2020

Genere: Drammatico

Durata: 1h e 38 min

Produzione: Akson studio, Mk1 production

Regista: Piotr Domalewski

Sceneggiatura: Piotr Domalewski

Montaggio: Agnieszka Glińska

Fotografia: Piotr Sobociński jr.

Musiche: Hania Rani

Attori: Zofia Stafiej, Kinga Preis, Arkadiusz Jakubik, Dawid Tulej, Cosmina Stratan, Nigel O’Neil, Shane Casey, David Pearse, Donncha Crowley.

Trailer di I never cry

I never cry è un film di produzione polacco-irlandese che è stato presentato alla 32° edizione del Trieste Film Festival.

Trama di I never cry

Ola (Zofia Stafiej) è una diciassettenne polacca che vive con la madre e il fratello paraplegico. E’ una ragazza schietta e che sa il fatto suo, infatti fa qualche lavoretto per aiutare la madre e non vede l’ora di prendere la patente, nonostante non riesca mai a passare l’esame di guida. Attende inoltre che il padre, che lavora in Irlanda da tempo, le spedisca i soldi per comprare un’automobile, una volta ultimata la prova. Ad un certo punto però, arriva una telefonata inaspettata in casa di Ola: il genitore è morto in un incidente sul lavoro.

Sarà proprio lei a dover partire per Dublino, in quanto unica in famiglia a parlare la lingua inglese e a farsi carico sulle sue spalle delle faccende burocratiche collegate al tragico evento. Durante il viaggio sarà costretta a doversi confrontare con delle scoperte che non avrebbe mai voluto fare, che la spingeranno ad essere forte e ad affrontare il mondo reale.

Recensione di I never cry

Il regista Piotr Domalewski si è ispirato alla fotografia di Manchester by the sea per rappresentare i colori freddi di un paesaggio nordico che rimanda alla sofferenza interiore del protagonista. In questo caso Ola deve fronteggiare prove estremamente difficili per una giovane della sua età: l’elaborazione di un lutto, il ritrovarsi da sola in un paese straniero senza soldi, le incomprensioni con la famiglia vissute a distanza. E infine, più di ogni altra cosa, la presa di consapevolezza che suo padre era per lei poco più che un estraneo.

Il cineasta stesso ha ammesso che il tema centrale del film è proprio questo: la sensazione di abbandono da parte di un genitore che non è presente né fisicamente, né spiritualmente. Una sofferenza che a ben vedere Ola vive per due volte, poiché la madre la lascia sola nel viaggio e più volte nel corso film sembra non andare incontro alle sue esigenze (ad esempio quando preferirebbe utilizzare i risparmi del padre per il funerale piuttosto che per comprare la tanto agognata automobile per la figlia). Un altro argomento cardine del film è il dramma della generazione Z, costretta a farsi carico degli sbagli dei predecessori che talvolta non comprendono a pieno l’insicurezza che i giovani d’oggi sono costretti a portarsi appresso. Questo unito alla riflessione sull’Unione Europea e sugli expat, di cui il regista si è apparentemente servito solo come espediente narrativo, ma che in realtà può suscitare svariate riflessioni nello spettatore. Sono infatti rappresentate due facce del continente: una povera, da cui la gente emigra, e una ricca, destinata a offrire lavoro anche a chi proviene da zone meno fortunate. Tuttavia, come in questo caso, spesso si tratta di un solo membro della famiglia, dal momento che il trasferimento di tutto il nucleo comporterebbe un costo insostenibile.

Questa frattura diventa quindi incolmabile: Ola ha difficoltà a riconoscere persino il padre all’obitorio e cerca in tutti i modi di contattare qualcuno che lo conoscesse per farsi dire che tipo di persona fosse.

In breve ci troviamo di fronte a un’ottima pellicola, che indaga con eleganza e raffinatezza temi diversi e che allo stesso tempo non è edulcorata, cercando il più possibile di essere fedele alla realtà. Cita molti altri film, ma mantiene sempre una sua originalità. Dal cast, alla regia, ogni aspetto risulta molto curato e la storia è un fiera denuncia, ma è anche un’intensa storia di sofferenza.

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