I Predatori di Sergio Castellitto: Quando i predatori sono prede

I predatori la locandina

I Predatori

Titolo originale:I predatori

Anno: 2020

Paese: Italia

Genere:  Commedia

Produzione: Fandango, Rai Cinema

Distribuzione: 01 Distribution

Durata: 109 min

Regia: Pietro Castellitto

Sceneggiatura: Pietro Castellito

Fotografia: Carlo Rinaldi

Montaggio: Gianluca Scarpa

Musiche: Niccolò Contessa

Attori: Massimo Popolizio, Manuela Mandracchia, Giorgio Montanini, Pietro Castellitto, Dario Cassini, Anita Caprioli, Marzia Ubaldi, Giulia Petrini, Liliana Fiorelli, Claudio Camilli, Nando Paone, Antonio Gerardi, Vinicio Marchioni

Trailer de I predatori

Trama de I predatori

È mattina presto, il mare di Ostia è calmo. Un uomo bussa a casa di una signora: le venderà un orologio. È sempre mattina presto quando, qualche giorno dopo, un giovane assistente di filosofia verrà lasciato fuori dal gruppo scelto per la riesumazione del corpo di Nietzsche.

Due torti subiti.Due famiglie apparentemente incompatibili: i Pavone e i Vismara. Borghese e intellettuale la prima, proletaria e fascista la seconda. Nuclei opposti che condividono la stessa giungla, Roma. Un banale incidente farà collidere quei due poli. E la follia di un ragazzo di 25 anni scoprirà le carte per rivelare che tutti hanno un segreto e nessuno è ciò che sembra. E che siamo tutti Predatori.

Scena del film I predatori
Scena del film I predatori

Recensione de I predatori

Predatori…ci fate o ci siete?

Siamo di fronte a nuovo cinema? Ci chiediamo. Un cinema estraniato che tuttavia usa  la macchina da presa come un occhio meccanico, con inquadrature frontali, quasi neutre. Pensiamo alla sequenza in cui i due personaggi bevono in un locale e parlano di filosofia. Il giovane protagonista, Federico Pavone, si agita, accusa il suo compagno di studi di non aver compreso nulla della vita. La macchina da presa  stringe  al massimo, come a volerli isolare.  Sembrano preda, tanto per restare in tema, dell’occhio famelico dello spettatore. C’è dell’altro: il professore di Federico, intervistato da un giornalista, viene ripreso prima dal basso, dando un senso  distonico  e grottesco all’immagine, poi, con uno stacco netto, la macchina da presa riprende la scena da lontano.

Si capisce lontano un miglio che il montaggio non vuole essere classico, anzi ha una forma sincopata di mostrare gli eventi e certamente discontinua. Ricordiamo che si narrano due storie diverse: l’una di una famiglia piccolo borghese neofascista (Vismara), l’altra alto borghese e convenzionale (Pavone).I due mondi sono paralleli, lo spettatore approfondisce i fatti, passando da uno stacco di sequenza a l’altro.

Storie parallele

Fin quando le storie parallele entrano in contatto: la signora anziana, che all’inizio del film viene rapinata e imbrogliata nella sua casa di periferia, cammina in strada e viene investita da un’auto. Qui la ripresa è dall’alto e lo spettatore acquisisce bene la dinamica dell’ incidente. La stessa scena però era stata “preannunciata” dal personaggio del  medico distratto dai suoi pensieri che investe una donna anziana. In questo caso la   macchina riprende l’azione in soggettiva del guidatore: è lo stesso incidente.

Questo genere di montaggio scavalca la continuità spazio – tempo facendo accadere lo stesso evento in due momenti diversi del film. Ecco come il regista utilizza il montaggio per far entrare in contatto le due storie parallele. Non possiamo però  evitare, a questo punto, di citare il montaggio che il regista Inarritu usa nel film Amores Perros ( 2000). Nel film l’uso di continui flashback e di prolessi, le tre storie parallele, arrivano all’appuntamento con l’episodio chiave  (anche qui un incidente) in tre momenti diversi del film. Nella realtà, sarebbero tre persone diverse che guardano l’incidente nello stesso momento. La bellezza del film sta nell’uso magistrale del montaggio, per raccontare le storie. L’incidente fa da connettore, ma è l’ultimo tassello di un meccanismo,   affascinante. Possiamo ipotizzare che il giovane regista abbia tentato questa strada ambiziosa?

I predatori scena del film
I predatori scena del film

 Cos’è la realtà?

Tornando al film I predatori, Il rovesciamento di senso tra sogno e realtà si avvale, in qualche modo, di una cifra surrealista, nel senso di superamento della realtà verso l’assurdo. Si pensi alle lente panoramiche nella  sequenza del laghetto, sperduto e desolato, dove sventolano le  bandiere del Fuan, al poligono di tiro, alla famiglia piccolo borghese che  si incontra per festeggiare un compleanno squattrinato. Lo stesso ambiente sarà teatro di desolazione maschilista, dove il più forte del branco, un delinquente boss trafficante d’armi,   umilia senza pietà il debole consanguineo. Si gioca una partita a Ping pong, con tanto di pallina che resta sospesa in aria: chi vince è padrone del territorio e del destino dei suoi uomini ormai cani al guinzaglio. Nella versione altolocata del compleanno neofascista, quella in onore della   famiglia Pavone, lo spazio formale chiuso, si contrappone a quello aperto – informale, dei piccoli borghesi. In questo caso il capo branco è assente, il suo posto è vacante. La festa è solo apparentemente gioviale: la nipote della festeggiata intona una canzone rap volgare e insensata. Tutti i  presenti sono scandalizzati, ma lo scandalo, anche quello, è fittizio.

Il vuoto

Il giovane protagonista Federico Pavone, amante di Nietzsche cerca di occupare il vuoto lasciato dai pigri  e distratti predatori, della sua famiglia. Inascoltato predicatore  della verità, incontra un uomo – cane, della famiglia piccolo borghese, per compiere un gesto estremo… Alla fine, però, è una sorta di boutade. I personaggi si ritrovano in un bistrot dove il giovane Federico parla della sua “impresa”, ma nessuno lo ascolta. Sono gli stessi che si sono incontrati in una villa fuori città. Chi si getta in piscina (Pierpaolo Pavone dopo aver sniffato cocaina) chi finge di dare caccia a un cinghiale! Allora, predatori, ci fate o ci siete? L’autore del film vuol trattare il tema dell’ incomunicabilità? Forse. Tutto, però, resta in superficie: solo l’atto violento dell’uomo cane, che si ribella al capo, rompe questo clima d’impotenza . Una preda che diventa predatore! Punto e capo. Ora, chi è il predatore e chi preda? Sarebbe potuto  essere questo il finale… Invece  si accendono le luci di una sala. Che sia un film dentro un film: come un sogno dentro un sogno…

Tra gli attori ricordiamo l’ottima prova di Pietro Castellitto, factotum, il sempre vivo talento di Massimo Popolizio, nel ruolo di Pierpaolo Pavone  e per gli altri attori del cast, interpretazioni riuscite. Buona la prima, dunque, per il giovane Castellitto, tra dialoghi filosofici e birra che si rovescia.

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