I segreti di Wind River: Addentrarsi nell’America profonda

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Trailer italiano di I segreti di Wind River

Taylor Sheridan, già apprezzato per le sceneggiature di Sicario (D. Villeneuve, 2015) e Hell or High Water (D. Mackenzie, 2016), conclude la sua personale trilogia della frontiera con I segreti di Wind River, di cui è anche regista. Il lungometraggio è montato dallo statunitense Gary D. Roach, fedele collaboratore di Clint Eastwood, mentre nel cast figurano Jeremy Renner, Elizabeth Olsen, Jon Bernthal, Gil Birmingham e Graham Greene, famoso per aver interpretato il capo Sioux Lakota nel film Balla coi lupi (Dances with Wolves, K. Costner, 1990). I segreti di Wind River, notevolmente apprezzato dalla critica, ha ottenuto la candidatura di Renner ai Satellite Awards 2018 e ha vinto, con la figura di Taylor Sheridan, il Premio Un Certain Regard per la miglior regia al Festival di Cannes 2017.

Trama di I segreti di Wind River

Dopo la scomparsa della figlia, il cacciatore Cory Lambert (Jeremy Renner) dedica la maggior parte del suo tempo a proteggere il bestiame dagli animali selvatici. È ormai un personaggio riconosciuto nella comunità di Wind River, in Wyoming, con rapporti che lo legano anche alla vicina riserva indiana. Durante un’esplorazione alla ricerca di un puma, Lambert trova però il corpo di Natalie Hanson (Kelsey Chow), una giovane amica di sua figlia. Ad indagare, oltre al poliziotto locale Ben Shoyo (Graham Greene), c’è l’inesperta agente dell’FBI Jane Banner (Elizabeth Olsen), desiderosa di comprendere ciò che è realmente accaduto, affidandosi alle tracce scoperte proprio da Lambert.

Recensione di I segreti di Wind River

Dopo Sicario (D. Villeneuve, 2015) e Hell or High Water (D. Mackenzie, 2016), Taylor Sheridan torna a scrivere di quei territori abbandonati che costituiscono gli sconfinati spazi, paradossalmente marginali, tra una città e l’altra. Tuttavia, grazie al duplice ruolo di sceneggiatore e regista nel film I segreti di Wind River, Sheridan riesce persino ad addentrarsi con più intensità nell’America profonda, descrivendo il gelido Wyoming attraverso l’intimo racconto dell’esperto cacciatore Cory Lambert. Qui, dispersi in “vuoti” desolati, non ci sono né operazioni per chiudere una tratta di narcotrafficanti né Texas Rangers incaricati di arrestare due rapinatori di banche. Lambert agisce in piena solitudine convivendo con il terribile avvenimento che ha devastato la sua vita, mimetizzandosi nel paesaggio e proteggendo capi di bestiame dagli assalti di lupi e puma. Per lui non c’è futuro. Soltanto quella neve che continua inesorabilmente a cadere, scatenando repentine e violente bufere e ammantando tutto ciò che può essere ricoperto.

Sono le terre, per certi aspetti, descritte dallo scrittore statunitense Chris Offutt in Country Dark (2018) e in alcuni romanzi della serie Jack Racher creata da Lee Child, in cui il silenzio opprime come un urlo continuo e le vicende vengono risolte senza l’intervento della polizia. Che invece, di contrasto, è presente in I segreti di Wind River, ma sempre con un approccio estremamente autonomo, come se disponesse di una giurisdizione particolare per agire indisturbata in quei territori. L’ambulanza che “impiegherebbe troppo tempo ad arrivare”, come sostenuto dal poliziotto Ben Shoyo, connota proprio tale caratteristica, provando le decisioni che è solito perseguire tra i ghiacci. Uno stile fortemente opposto a quello espresso dall’inesperta Jane Banner, agente dell’FBI inviata in Wyoming per indagare sulla tragica storia di Natalie Hanson. Del resto, gli abiti inadatti per cercare prove nella neve e l’animo “da città” di Banner sottolineano la differenza tra due tipi di esistenza praticamente agli antipodi.

Una separazione che racconta la storia stessa degli Stati Uniti d’America, divisi non solo tra Nord e Sud (si rimanda a Via col vento, V. Fleming, 1939), ma anche tra insediamenti urbani e zone rurali. Le stesse in cui vivono i Nativi Americani della riserva di Wind River, un luogo in cui le tradizioni sono ormai dimenticate e alcune nuove generazioni si avvicinano pericolosamente al mondo delle droghe. E tuttavia, un posto in cui Cory Lambert dispone ancora di un amico (il Martin Hanson interpretato da Gil Birmingham, presente anche in Hell or High Water) a cui offrire consigli su come affrontare un dolore così opprimente. Una sofferenza che, secondo Lambert, dev’essere accettata, sentenziando come inutile la “guerra contro il mondo” considerata già persa ancora prima di iniziare. Perché il Wyoming è uno Stato agricolo in cui la gente può essere lasciata a se stessa, abbandonata da quella “civiltà” che si interessa a loro quasi esclusivamente per i giacimenti presenti nel sottosuolo. In tal senso, l’impianto petrolifero presente nelle vicinanze, sottolinea la totale dipendenza di una parte della popolazione nei confronti del suo funzionamento. Gente che, com’è ovvio, sarebbe smarrita se ciò venisse smantellato. Ma anche gente in cui viene condivisa una grottesca omertà, rimandando a quel cinema che tratta i diritti umani a cui già aveva partecipato Jeremy Renner (North Country – Storia di Josey, N. Caro, 2005).

Note positive

  • La regia e la sceneggiatura di Taylor Sheridan
  • Le interpretazioni di Jeremy Renner e Graham Greene
  • Il montaggio (straordinaria la sequenza del flashback)
  • La fotografia
  • La colonna sonora

Note negative

  • Nessuna da segnalare
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