Il Nome della Rosa (2019): Tra pregi e difetti

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il nome della rosa locandina

Il Nome della Rosa

itolo originale The Name of the Rose

Anno: 2019

Paese: Italia, Germania

Lingua: Inglese

Genere: storico, giallo

Casa di Produzione: Rai, Tele München Gruppe

Ideata: Giacomo Battiato

Stagioni: miniserie (8 Puntate)

Regia Giacomo Battiato

Attori: John Turturro, Rupert Everett, Damian Hardung, Greta Scarano, Fabrizio Bentivoglio, Stefano Fresi

Trailer de Il Nome della rosa

Trama de Il Nome della rosa

1327. In Italia ci sono numerosi conflitti interni in special modo nella chiesa tra Giovanni XXII e Ludovico Di Baviera sul tema della separazione tra politica e religione. Tale conflitto ideologico porterà a vere e proprie guerre nella penisola Italiana.

In questo clima di ferocia e di sangue si tiene preso un’abazzia di frati benedettini sulle Alpi un congresso in cui dovranno partecipare i Francescani, accusati di essere eretici pretendendo che la chiesa viva di assoluta povertà, venendo collegati ai Dolciniani che vogliono la povertà mondiale causandola anche con la guerra.

Il frate Francescano Guglielmo da Baskerville con il suo nuovo novizio Adso da Melk giunge qualche giorno prima nell’abazia venendo incaricato dall’abate di indagare sulla strana morte di uno dei frati, temendo di avere degli attentati al fine di annullare e compromettere il dibattito tra papa e francescani.

Il francescano si troverà Invischiato in una fitta trama di omicidi in cui sembra collegata una misteriosa libreria con dei passaggi segreti. Asserendo che la storia narrata è meravigliosa, non intendo mettere in paragone la serie tv del 2019 nè con il romanzo da cui è tratta, nè con il film di Jean-Jacques Annaud in cui la storia viene parecchio semplificata interessandosi più ai delitti che agli affari di chiesa.

Recensione de Il Nome della rosa

Giunto alla fine della mia vita di peccatore, mentre canuto seneco come il mondo, nell’attesa di perdermi nell’abisso senza fondo della divinità silenziosa e deserta, partecipando della luce inconversevole delle intelligenze angeliche, trattenuto ormai col mio corpo greve e malato in questa cella del caro monastero di Melk, mi accingo a lasciare su questo vello testimonianza degli eventi mirabili e tremendi a cui in gioventù mi accade di assistere, ripetendo quanto vidi e udii, senza azzardarmi a trarne un disegno, come a lasciare a coloro che verranno ( se l’Anticristo non li precederà) segni di segni, perchè su di essi si eserciti la preghiera della decifrazione.

cit. Il Nome della Rosa – Umberto Eco

Queste parole sono incise nel romanzo di Umberto Eco, scritte da un vecchio Adso sul punto di morte decidendosi, probabilmente per la prima volta, ad asserire cosa sia avvenuto realmente in quei giorni in una misteriosa Abbazia sulle Alpi. Tale frasi saranno l’apertura della narrazione all’interno della serie tv, benchè completamente riscritte. 

Era il 1980 quando usci il romanzo giallo e storico di Umberto Eco “Il Nome Della Rosa” catturando immediatamente l’attenzione dei critici. L’opera scritta da uno dei maestri della letteratura italiana è complessa e articolata su vari piani di lettura, da quello spirituale a quello religioso, passando per la ricerca stessa della verità e sulla ricerca di un serial killer all’interno dell’Abbazia, elementi che non possono che trovare l’attenzione di qualsiasi lettore.

Tra pregi e difetti “Il Nome della rosa”, proposto al pubblico italiano, riesce a mantenersi abbastanza interessante sia per il suo climax interiore che per la sua capacità di non cadere mai nel ridicolo e nel banale. Il prodotto finale risulta non avere né alti né bassi, venendo confenzionato in un incartamento perfetto e ben curato ma che alla fin dei conti non riesce ad avvolgere il pubblico lasciandolo impassibile alla storia. 

L’illuminazione fotografica, buia e con un sapore antico, i costumi, alquanto perfetti e molto curati, e le scenografie incantevoli ma con notevoli errori artistici con opere mostrate che non esistevano ancora in quei tempi storici, rendono in apparenza la miniserie ben fatta e coinvolgente ma questi arrichimenti esteriori che abbelliscono la scena in cui le azioni vengono svolte, non bastano se non supportate da una narrazione audiovisiva avvincente.

Il vero problema è l’assenza di empatia che il pubblico ha nei confronti degli eventi. I frati continuano a morire ma non ne siamo interessati, assistiamo a dispute religiose, personaggi primari alla storia vengono torturati e noi non proviamo pietà per loro. Per quale motivo? Errori nella sceneggiatura soprattutto nella caratterizzazione dei personaggi secondari.

I frati, escluso Salvatore, Re Migio e l’Abate non vengono mai analizzati realmente rendendoli poco interessanti agli occhi del pubblico. I frati non hanno un carattere distintivo ma sembrano tutti identici tra loro, cosa che non giova ai fini artistici. Gli stessi protagonisti,  Adso e Guglielmo de Baskerville, appaiono insulsi e non tridimensionali: non si evolvono ma rimangono tali a loro stessi dall’inizio alla fine, lo stesso Guglielmo pare non avere nemmeno un difetto, apparendo come l’unico saggio sul pianeta terra.

Nella storia viene inserito un’aspetto interamente nuovo al romanzo, la Storia di Re Migio e di Anna, la figlia di Dolcino. Tale storia viene introdotta malissimo all’interno dell’opera audiovisiva e poteva essere tranquillamente tralasciata all’interno della miniserie dato che non approfondisce nessun aspetto, continuando a evidenziare la malvagita del Papa e del suo braccio destro Bernardo Gui. 

La parte più interessante e meglio realizzata all’interno del Il Nome della Rosa si trova nelle ultime tre puntate con gli interrogatori dove si mette in luce il tema fondante della storia, ovvero il senso di cristianità e di come la chiesa deve vivere: se nella totale povertà o nella ricchezza, tema che è da sempre dibattuto, da quando la chiesa esiste. Qui la sceneggiatura funziona, i dialoghi sono buoni come le interpretazioni, facendo percepire qualche emozione al pubblico.

La regia dal punto di vista narrativo probabilmente è errata, non riuscendo a creare una storia interessante ma piatta soprattutto in una vicenda piena di delitti ed omicidi. Giacomo Battiato nel Nome della Rosa non riesce ad inserire la suspense, la tensione per la vita dei nostri personaggi. Le scelta stilistica è errata.

Battiato è riuscito a lavorare più o meno bene con le interpretazioni attoriali, con alcune veramente eccellenti come quella di Stefano Fresi (Salvatore) totalmente irriconoscibile grazie ad un ottima prova attoriale e di ore e ore di trucco; complimenti anche a Fabrizio Bentivoglio, i cui gli urli e la rabbia durante il processo sono memorabili, e quella di una bravissima Antonia Fotaras perfetta per il ruolo; segno che gli attori italiani possono essere bravi se ben diretti. John Torturro, perfetto e bravissimo in The Night of, qui non ripete una buona performance attoriale con un’espressione facciale sempre identica a sé stessa. Tale obbiezione si può fare all’altro grande attore Rupert Everett. La prestazione attoriale dei due è ancora peggiore a causa del doppiaggio troppo inespressivo e quasi documentaristico.

Note positive

  • Le scene in cui assistiamo al dibattito
  • L’interpretazione di Antonia Fotaras, Stefano Fresi
  • La fotografia
  • La presentazione della biblioteca

Note negative

  • Errori di scenografia
  • Assenza di empatia verso la storia
  • Regia e sceneggiatura
  • Costumi troppo perfetti per i personaggi narrati
  • L’interpretazione di J. Torturro
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3 commenti

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