Il premio Nobel Annie Ernaux al Roma FF17, tra ricordi di famiglia in “Les Années Super-8” e cinema italiano nelle sue opere letterarie

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Dopo pochi giorni di aver vinto il premio Nobel per la Letteratura 2022, Annie Ernaux è venuta a Roma e per la prima volta per parlare di cinema. La scrittrice francese debutta sul grande schermo con il documentario Les Années Super-8, presentato alla Festa del Cinema di Roma 2022 insieme al figlio David Ernaux-Briot, che co-dirige il film.

Les Annés Super-8, che ha avuto la sua anteprima alla Quinzaine des Realisateurs del Festival di Cannes 2022 e che arriverà in sala il 6 dicembre 2022 con I Wonder Pictures, è il risultato di quasi cinque ore di video di famiglia girati in Super 8 tra il 1972 e il 1981 dall’ex marito Philippe Ernaux. L‘autrice considera questo periodo come una svolta nella sua vita prima di diventare una nota scrittrice.

Questi girati, trasformati in un film di un’ora con la voce narrante della stessa premio Nobel, sono più di una rivisitazione intima dei suoi ricordi della quotidianità, compleanni, vacanze di famiglia o come dice lei “di quello che non si vive due volte”. I filmati servono alla scrittrice per fare anche una riflessione sui cambiamenti politici e sociali in atto sia in Francia che nel mondo di quegli anni, specialmente nei paesi che ha visitato tra cui il Cile, l’Albania e la Russia. È proprio l’esistenza di questi due punti vista che rende il documentario più di una somma di fotogrammi amatoriali lasciati per anni nel dimenticatoio.

Durante la presentazione di Les Années Super-8, Annie Ernaux e David Ernaux-Briot hanno approfondito sulle motivazioni per cui hanno portato avanti questo progetto ed è stata anche l’occasione di conoscere l’essenza di molte delle opere letterarie della scrittrice che ha ammesso di essere stata influenzata da un cinema italiano che, come quei tempi vissuti, sembra di non esistere più.

Come è nato Les Années Super-8? Sono nate le parole in base alle immagini o le immagini sono state poi selezionate partendo dalle parole?

Annie Ernaux: In realtà, questo film è nato un po’ per caso perché questi archivi in Super 8 erano conservati dentro un armadio e un giorno mio figlio David mi ha detto. “Voglio farglieli vedere ai miei figli.” Questo è avvenuto intorno alla metà degli anni 2000, verso il 2015, 2016. Lui mi ha chiesto anche di fare un commento per queste immagini in quanto ero io che mi ricordavo meglio di quei momenti.

David Ernaux-Briot: Dopo questa mia proposta, mia madre ha deciso di scrivere un testo. Abbiamo prima visto insieme le immagini. Non erano lunghissimi i girati. In totale, erano circa cinque ore. Io non sono intervenuto nel testo. Non ho proposto nulla né chiesto niente. Doveva essere il suo testo. Durante il primo lockdown, lei ha registrato il testo con la sua voce che è quella che sentite nel film. Quella che doveva essere una voce testimone è diventa la voce del documentario. Partendo dalla sua registrazione, ho montato le immagini. Certo, a volte c’erano dei brani forse un po’ troppo lunghi, quindi alcuni abbiamo dovuto metterli da parte e non includerli nel film.

Nel documentario viene detto “filmare ciò che non avremmo potuto vivere due volte”. Mi sembra che questo rimandi in un certo senso a quello che è forse il più ambizioso mandato della sua opera letteraria Les Années.

Annie Ernaux: È evidente che c’è un rapporto molto stretto fra questo documentario e Les Années che è il mio libro più grande in quanto a numero di pagine e in quanto all’ampiezza paragonato ad altri che ho scritto. Per me, era evidente che le immagini in Super 8 potevano raccontare cose che io conoscevo. Attraverso quelle immagini, potevo vedere la mia vita, quella della mia famiglia e il mondo. Tutte immagini girate tra il 1972 e il 1981 che si trasformavano in una sorta di percorso muto, silente, che richiedeva un commento perché senza il commento non avrebbero detto molto. Io mi sono sentita ispirata a scrivere questo testo attraverso la visione di queste immagini. Non mi sono assolutamente occupata degli aspetti tecnici, né del montaggio, né delle riprese perché ne sono incapace. Quindi, l’unica cosa che sapevo fare era mettere delle parole e fare un racconto su quelle immagini.

Nel libro Les Années, non c’è mai la parola “io”, è “un’autobiografia impersonale”. Diverso è Les Années Super-8. Per Lei, cambia il modo di scrivere le sue memorie a seconda del supporto?

Annie Ernaux: Sono due cose assolutamente diverse. In questo secondo caso, quello del documentario, dipendevo dalle immagini. Erano le immagini a creare il filo del racconto. Questo non accade con libri come Les Années in quel caso lavoro sulle mie immagini mentali dei miei ricordi. Invece, con Les Années Super-8 si trattava di immagini reali che mi hanno riportato a quel periodo della mia vita e da queste immagini è nata la costruzione del racconto, che non poteva essere esclusivamente un’autobiografia perché raccontavo il mondo, raccontavo la mia famiglia e me stessa. È stato più difficile scrivere il film che il libro Les Années.

Lei non è un regista, ma un uomo di scienza e giornalista. Questo film è anche bello dal punto di vista delle immagini. Ci sono delle scene proprio belle. C’è stata qualche cosa che avrebbe voluto mettere e che invece è stata costretta a malincuore a tenere fuori da questo film?

David Ernaux-Briot: Il meccanismo della messa in scena era ben chiaro nella mia testa fin dall’inizio. Si trattava di avere il testo di mia madre e di usare le immagini girate da mio padre. Proprio da questi due fattori è nata tutta la difficoltà di creare un discorso filmico e di mettere delle immagini sotto un testo che già di per sé era molto potente. Nel film, potete notare molteplici rapporti fra le immagini e il testo, alcune evocano qualcosa, altre sono presentate senza testo. Tutto questo è stato il frutto della mia ricerca da quando ho voluto dare un’autonomia a queste immagini.

Qual è il suo rapporto con il cinema? Com’è la Annie Ernaux spettatrice di film e il suo rapporto con il cinema italiano?

Annie Ernaux: Il cinema italiano mi ha segnato molto. Il titolo che gli ho dato al mio libro La Place forse viene dal film Il Posto di Ermanno Olmi, è possibile. Un altro film italiano molto importante per me è stato La Strada di Federico Fellini. Mi sono resa conto di quanto il cinema italiano, soprattutto a quell’epoca, parlasse attraverso il realismo. Quello che mi aveva colpito era quanto fosse diverso dal cinema francese dell’epoca che forse si teneva un po’ al di sopra di questi argomenti e soprattutto era estremamente parlato.

È vero che forse una fonte di ispirazione del libro Les Années è stato Ballando Ballando di Ettore Scola?

Annie Ernaux: Sì, esiste un rapporto tra Ballando Ballando e Les Années. Quando ho visto quel film, mi sono detta: “Ecco. I vorrei scrivere un libro così.” Mi sono chiesta come potevo legare Ettore Scola e la guerra del ‘14 a un mio libro. Po la scelta è stata di parlare di quello che avevo sentito dire al riguardo durante la mia infanzia piuttosto che parlarne direttamente io visto che non ero ancora nata quando quella guerra è accaduta.

C’è un libro di un autore o autrice che le sarebbe piaciuto scrivere?

Annie Ernaux: Penso che avrei potuto rispondere molto bene a questa domanda trent’anni fa. Oggi, invece, mi è molto più difficile. È come se invecchiando avessi l’impressione di dover compiere qualche cosa, il mio cammino, il mio percorso. Come se oggi fossero scomparse tutti i “possibili” e rimanesse solo quello da compiere. Per esempio, nell’epoca in cui è uscito il libro Le cose di George Perec, mi sarebbe probabilmente piaciuto molto scrivere quel libro. Oggi, sicuramente, ci sono libri che ammiro molto, ma che non ho voglia di scrivere.

È molto difficile essere il figlio di un Nobel? Come ha preso questa notizia?

David Ernaux-Briot: È stata una cosa molto naturale. Non ho dovuto fare molti sforzi. Un premio veramente meritato.

Annie Ernaux: Vorrei ringraziare tutti di essere venuti e di aver visto Les Années Super-8 perché penso che nel film ci sia una certa malinconia e anche poesia. Era proprio con queste parole che volevo finire, sulla poesia del tempo che viviamo.

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