L’ultima casa a sinistra (1972): La legge del contrappasso

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L’ultima casa a sinistra

Titolo originale: The Last House On The Left

Anno: 1972

Paese: Stati Uniti d’America

Genere: Drammatico / Thriller / Horror

Durata: 1 hr 31 min (91 min)

Prodotto da: Sean S. Cunningham

Regia: Wes Craven

Sceneggiatura: Wes Craven

Montaggio: Wes Craven

Dop: Victor Hurwitz

Musiche: David Hess

Attori: Sandra Cassel, Lucy Grantham, David Hess, Fred J. Lincoln, Jeramie Rain, Marc Scheffler, Gaylord St. James, Cynthia Carr

Trailer del film L’ultima casa a sinistra

TRAMA DI L’ULTIMA CASA A SINISTRA

L’azione si apre a New York, nel 1972. Quattro feroci stupratori riescono a evadere di galera, riuscendo a adescare due ragazze vagamente hippie che avevano iniziato a bazzicare ambienti malfamati per rimediare della droga. Le due giovani vittime subiranno atroci torture da parte dei loro aguzzini non prima di venire violentate, una di loro prova a fuggire ma entrambe verranno uccise senza ripensamento alcuno.

I quattro criminali nasconderanno le prove del misfatto, ma per beffarda intromissione della sorte si faranno ospitare nella casa degli ignari genitori di una delle ragazze, i quali una volta scoperta la verità non tarderanno a mettere in opera i propri progetti di vendetta

Una scena di L’ultima casa a sinistra
Una scena di L’ultima casa a sinistra

RECENSIONE DI L’ULTIMA CASA A SINISTRA

Per non svenire continua a ripeterti che è solo un film! La memorabile frase di lancio di L’ultima casa a sinistra è ormai un classico. Era dai tempi di Psycho di Hitchcock che un horror non era al centro di una tale operazione pubblicitaria, tant’è che attirò in sala tutti gli appassionati di cinema estremo indipendente tanto quanto i radical chic incuriositi dal divieto che il film si era conquistato per i suoi contenuti controversi, ottenendo così un grande successo di botteghino.

Remake violento e disturbante dell’elegante La fontana della vergine di Ingmar Bergman (a sua volta tratto da una storia tradizionale scandinava medievale), L’ultima casa a sinistra è un film importante principalmente per tre ragioni: è stata la prima produzione del futuro regista di Venerdì 13 Sean S. Cunningham, rappresenta l’esordio registico del maestro dell’horror Wes Craven (il creatore di Nightmare), e assieme a Cane di paglia di Sam Peckinpah ha gettato le basi del sottogenere rape and revenge.

Tecnicamente il film è molto basilare e piuttosto rozzo, molto figlio di una produzione povera da cinema underground. Tuttavia Wes Craven (regista formatosi principalmente come montatore attento all’immagine che ha mosso i primi passi nell’industria del porno) dimostra fin da questo esordio la sua attenzione per i particolari dal taglio glaciale e metodico, quasi documentaristico; la sua regia mostra ciò che va mostrato senza virtuosismi. Ciò ben riesce ad avvicinare lo spettatore alla crudeltà degli eventi, per cui non sorprende l’odore di scandalo all’epoca, con le tante accuse di oscenità che arrestarono le ambizioni registiche di Craven fino all’uscita di Le colline hanno gli occhi, altro violentissimo e controverso cult dell’horror d’exploitation.

Alla tecnica tutto sommato rustica si contrappone la potenza di contenuti e messaggio. Come nel predecessore bergmaniano, il regista si disinteressa della verosimiglianza narrativa e fa leva sulla legge del contrappasso per enfatizzare l’idea del perbenismo borghese come facciata della violenza, certo non seconda a quella dei sadici torturatori. Nemmeno le ragazze scampano alla critica, e per quanto a conti fatti siano i personaggi più innocenti della storia, Craven ne sottolinea l’immaturità che le porterà inevitabilmente alla morte. Per quanto le dinamiche che conducono alla sanguinaria conclusione siano forzate, l’efficacia della critica ha sufficiente forza da non permettere ai difetti del film di soverchiarla.

La caratterizzazione dei personaggi è tra gli altri punti forti del lungometraggio, così come il cinismo crudele e imparziale che dilaga su tutta la storia, con atteggiamento disilluso verso le istituzioni viste come letteralmente incapaci di arginare la violenza che dilaga in città. Le interpretazioni sono buone, niente di particolarmente memorabile ma molto pertinenti al contesto malsano del tutto, anche se una menzione particolare va a David Hess (il maniaco Krug), il cui ruolo farà da prototipo del personaggio culto di Craven, Freddy Kruger.

NOTE POSITIVE

  • La critica sociale.
  • La caratterizzazione dei personaggi.
  • Le interpretazioni degli attori.
  • Sebbene sia un film molto violento, il ritmo è molto buono e non annoia.

NOTE POSITIVE

  • La rozzezza tecnica dovuta alla scarsità di mezzi ed esperienza.
  • Alcune forzature narrative per giustificare il contrappasso.
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