La collina dei papaveri (2011). Un racconto dal Giappone degli anni 60.

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Lonandina de: La collina dei papaveri

La collina dei papaveri

Titolo originale: Kokuriko-zaka kara

Anno: 2011

Paese: Giappone

Genere: animazionedrammatico

Produzione: Studio Ghibli

Distribuzione: Lucky Red

Durata: 87 min.

Regia: Goro Miyazaki

Sceneggiatura: Hayao Miyazaki, Keiko Niwa

Fotografia: Atsushi Okui

Montaggio: Takeshi Seyama

Musiche: Satoshi Takebe

Animatori: Akihiko Yamashita, Atsushi Yamagata, Kitaro Kousaka

Trailer de: La collina dei papaveri

La collina dei papaveri è il secondo lungometraggio di Goro Miyazaki. Cinque anni dopo la felicissima accoglienza, da parte di critica e pubblico, nel suo Giappone de: I racconti di Terramare, il figlio di Hayao Miyazaki, torna con una storia più semplice ma comunque originale e riuscita. Un racconto senza troppi scossoni ma che, nel suo scorrere tranquillo, arriva al finale nel modo migliore.

Trama de La collina dei papaveri

Umi e Shun sono due giovani studenti di una scuola superiore nella Yokohama del 1963, un anno prima delle Olimpiadi di Tokyo. Il Giappone si trova nel pieno rinnovamento e questo porta ad accantonare alcune delle vecchie vestigia del Paese del Sol Levante in forza di una corsa alla modernità non sempre accolta con approvazione; a farne le spese sembra debba essere anche il Quartier Latin, storico ma fatiscente edificio, sede dei vari club scolastici della scuola dei due ragazzi, dove Shun è il responsabile della pubblicazione del giornalino della scuola e membro del club di letteratura.

Un giorno le vite dei due ragazzi si incontrano quando, dopo una negativa prima impressione di Umi nei riguardi di Shun, quest’ultimo la “assume” come copista per la redazione del giornalino, vista la momentanea impossibilità del ragazzo, causa una ferita alla mano in via di guarigione, di poter assolvere al compito.
Umi viene invitata poi, a partecipare ad un’assemblea piuttosto vivace, dove convince tutti gli “abitanti” del Quartier Latin a darsi da fare per rimettere a nuovo l’edificio; tutti (o quasi) accettano la cosa di buon grado e si danno da fare per evitare che l’affezionato edificio venga demolito. Mentre sono in corso le operazioni di “restauro”, Umi e Shun cominciano sempre più ad approfondire la loro conoscenza e a maturare reciproci sentimenti; un giorno la ragazza mostra a Shun una foto di suo padre (ucciso durante la Guerra di Corea), ciò porta il giovane ad allontanarsi senza dare spiegazioni a Umi e questo perché anche il ragazzo ha quella stessa foto e scopre, dopo alcune ricerche, che l’uomo nella foto di Umi altri non è che il suo defunto padre e ciò rende i due fratello e sorella.

Quando finalmente il ragazzo si confronta con Umi, i due non possono far altro che accettare la situazione e tentare di mantenere i reciproci sentimenti a livello di profonda amicizia. A fare definitiva chiarezza sulla questione, sarà però l’improvviso ritorno in Giappone della madre di Umi – docente universitaria negli Stati Uniti e quindi spesso lontano da casa -, mentre le sorti del Quartier Latin sono ormai nelle mani del più influente finanziatore della scuola, il signor Tokumaru; riusciranno Umi e Shun a fare chiarezza sul loro passato (e sul loro possibile futuro insieme), e il Quartier Latin sarà demolito o l’azione dei ragazzi riuscirà a impedirne la fine? Tutte le risposte, le troverete nei leggeri 87 minuti de La collina dei papaveri.

Recensione de La collina dei papaveri

Con La collina dei papaveri Goro Miyazaki cambia radicalmente genere rispetto alla sua opera prima e il risultato è senza dubbio positivo contando il fatto che con questo lavoro, Goro riesce con successo a uscire dall’ingombrante ombra del padre Hayao.

La storia che si racconta è piuttosto semplice, ispirata a un periodo storico in cui il Giappone era in grande fermento e il regista riesce a farcelo percepire grazie agli avvenimenti che investono il liceo che frequentano i due giovani protagonisti, Umi e Shun. La forza di questo film, sta nel contrapporre al segreto che aleggia sulle vite dei due giovani e alle sorti del quartier latin della loro scuola, un contorno piuttosto statico in cui tutto procede con una tranquillità pacifica, in un “romantico realismo” che permea tutta la pellicola. La tensione climatica riguardo il segreto di cui sopra, sale gradualmente ma senza alcuna esplosione vera e propria e senza alcuna ansia dello spettatore. Altra cosa molto interessante, sempre rispetto all’opera prima, e all’ombra del padre di Goro, è la totale assenza della dimensione fantastico – onirica cara ad Hayao Miyazaki (basti vedere cosa succede in un film come Si alza il vento). La regia di Goro è lineare, posata come la fotografia del praticamente onnipresente Atsushi Okui (garanzia di qualità), che esalta i vari campi medi e lunghi. Il montaggio di Takeshi Seyama, altro veterano dell’animazione e dello Studio Ghibli, non può essere da meno mettendo la sua firma senza alcuna “prepotenza” stilistica.

A dare un senso globale di pace è la colonna sonora di Satoshi Takebe (coinvolto anche nell’ultima fatica di Goro Miyazaki: Earwig e la strega); leggera, “piccola” ma che dice molto sul “peso” della storia. Bella, piccola, che si chiude in punta di piedi ma con una grande speranza per il futuro.

Note negative

  • Il modo di raccontare la quotidianità del Giappone di quegli anni
  • La varietà degli “abitanti” del Quartier Latin
  • La colonna sonora di Satoshi Takebe
  • La scena del tragitto in bicicletta sulle note di Sukiaki

Note negative

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