La conferenza stampa di “Diabolik”, l’ultima fatica firmata Manetti Bros.

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Tratto dalla conferenza stampa di “Diabolik“, a cui hanno partecipato i Manetti Bros, il cast, gli autori della colonna sonora Pivio e Aldo De Scalzi, i produttori e il direttore responsabile ed editore della serie Diabolik Mario Gomboli. Se volete leggere la nostra recensione del film cliccate qui.

Il team di Diabolik al completo
(Crediti riservati a ilmessaggero.it)

Ai due protagonisti Luca Marinelli e Miriam Leone, cosa avete provato quando vi siete messi alla guida di una macchina fantastica come la Jaguar E-Type?

Luca Marinelli: Io devo dire che l’ho guidata poco, forse in una scena. Alle volte sono stato spinto a motore spento… sono state le scene più avvincenti, devo dire. Simulare quella potenza di cavalli a spinta è stata un’esperienza fantastica.

Miriam Leone: Beh, La Jaguar è una dei protagonisti del film, così come è una grande protagonista del fumetto. I colpi li fanno in tre: Diabolik, Eva e la Jaguar E-Type! È stato un privilegio poter entrare in questa macchina mitica e guidarla.

Marco Manetti: Però voglio solo dire che Luca si è sminuito, guidava benissimo, ci ha sconvolto! È timido, ma è così…

Luca Marinelli dietro al volante della "diabolica" Jaguar E-Type
Luca Marinelli dietro al volante della “diabolica” Jaguar E-Type

Domanda ai registi: L’idea è di un film sorprendente perché non sorprende. Siamo abituati ad essere sorpresi da voi, e invece sembra che abbiate scelto un linguaggio molto classico, proprio di un cinema, per l’appunto, classico. Perché questa scelta?

Qualche curiosità: le maschere, belle, sono di Sergio Stivaletti? E poi, vi siete concessi qualche raffinatezza stilistica, come l’inquadratura all’interno del bicchiere. Non è che, per caso, si tratta di un omaggio a un Hitchcock del tempo del muto, di “Champagne”?

Marco Manetti: Allora, ti dico che il regista fa il film che si sente di fare. E noi Diabolik lo abbiamo fatto così, è un fumetto che amiamo, abbiamo fatto la nostra versione di Diabolik senza voler essere necessariamente originali. Però riguardo al cinema classico sì, noi ne siamo appassionati, ce lo siamo anche detto: “ci piacerebbe fare un film classico”. In questo senso sì, hai colto la citazione, il bicchiere è “copiato” dal Maestro. Le maschere sono un misto di Sergio Stivaletti che ha fatto i calchi, le maschere, di tutti i personaggi, e della Palantir Digital che ha aiutato questo effetto anche con l’uso del digitale, che abbiamo cercato di limitare molto nel film (ma nel caso delle maschere c’era)

Volevo sapere, dai tre protagonisti, quali fumetti (albi di Diabolik) hanno dovuto leggere e studiare per interpretare così i personaggi.

Valerio Mastandrea: Io ho tenuto quell’immagine di Ginko di quando ero bambino (cioè il nemico, perché parteggiavo per Diabolik); me lo sono inventato diciamo, insieme ai registi. Ho avuto poco a che fare con dei personaggi iconici in carriera e, laddove l’ho fatto, per timore di non assomigliargli mi sono inventato sempre tutto e tutti, un’idea del personaggio molto personale. Infatti, se da piccolo tifavo per Diabolik, non è che ora tifo per Ginko! Però capisco, o perlomeno mi chiedo quanto Ginko assomigli a Diabolik, quanto sia parte di Diabolik: senza Diabolik, Ginko non esisterebbe.

Valerio Mastandrea nei panni dell'ispettore Ginko
Valerio Mastandrea nei panni dell’ispettore Ginko

Luca Marinelli: Personalmente credo che (Valerio Mastandrea) abbia detto una cosa molto importante: raccogliere tutte le informazioni possibili, quindi cibarsi di tutte le centinaia di fumetti presenti ma creandosi una propria idea. Quando sono arrivato al provino, loro avevano la loro idea di Diabolik e io la mia; su alcune cose siamo andati assieme e abbiamo creato il personaggio.

Miriam Leone: Io mi sono ispirata alle sorelle Giussani, e a loro ho dedicato tutto il mio lavoro in questo film; sono state le creatrici di questo fumetto, che hanno creato questa donna che non è al servizio di nessun uomo. È un pianeta, non è un satellite, e assieme a Diabolik sono due Universi, due facce della stessa medaglia, il bianco e il nero… Come uno Yin e uno Yang. E quindi ho letto molto delle loro vite, sono entrata in questo vortice, e le sorelle Giussani sono state sul set con me nella creazione di questa Eva, oltre ai Manetti che ringrazio di tutto cuore per avermi fatto interpretare un personaggio così bello, così iconico che non ha nulla da invidiare al personaggio maschile. Spesso mi arrivano sceneggiature dove io dico:-“Bello, però vorrei fare il personaggio maschile!” Invece no, stavolta i due personaggi sono pari, sono due forze che si riconoscono e che si attraggono.

Io, a proposito di personaggi, volevo chiedere ad Alessandro Roia cosa si prova ad essere il cattivo in un film dove il protagonista è un criminale… Ci vuole uno sforzo particolare!

Alessandro Roia: È una questione, appunto, di giudizi. È una sfumatura del cattivo. Io non ho mai giudicato Caron, è un incapace di fare il bene se non attraverso atti malvagi, o comportamenti malvagi. È una dicotomia: se Diabolik è il cattivo (però si parteggia per lui), Caron è cattivo in un’altra maniera.

Serena Rossi è Elisabeth
Serena Rossi è Elisabeth

Poi vorrei ancora chiedere a Serena Rossi, anche lei un personaggio talmente fuori da tutto che non si capisce bene. Lei tendenzialmente sarebbe buona, ma a un certo punto fa una telefonata…

Serena Rossi: Ma io sono buona!

Beh, però, la telefonata…

Serena Rossi: Vabbè ma la dovevo fare per forza, scusami. O no?

È stato interessante per me, ci riflettevo, perché coi Bros. Ho sempre interpretato in realtà, sia in “Song’e Napule” che in “Ammore e Malavita” donne di grande temperamento. Questa volta il mio personaggio era un po’ diverso, una donna che invece stava dietro, soggiogata, follemente innamorata di quest’uomo, succube, e lui la ipnotizza in un certo senso. Alla fine è tosta pure lei, però fa più fatica.

Non fa l’infermiera invece Claudia Gerini, che ha avuto anche lei un ruolo ben scandito all’interno del film, no?

Claudia Gerini è la signora Morel
Claudia Gerini è la signora Morel

Claudia Gerini: Io ho guidato la MG, è stupenda. È sempre una festa poter lavorare con Marco ed Antonio, poi io sono una grandissima appassionata di Diabolik da sempre. È stato tutto curato: look, scenografie anni 60, per cui ero veramente incantata dall’esperienza.

Io vorrei chiedere ai registi qual è stato il loro rapporto con il fumetto “L’arresto di Diabolik” del 63, e se è stato una sorta di storyboard nella costruzione delle scene. E un’altra cosa, se potete dirci qualcosa di più a proposito del vostro parco macchine meraviglioso, e a proposito della Citroën DS dell’ispettore Ginko.

Marco Manetti: Allora, noi abbiamo cercato di essere fedeli al film e anche al fumetto n.3, ma non solo. Abbiamo scoperto, lavorando, che la fedeltà non esiste, è un lavoro soggettivo. Nel momento in cui stai mettendo in scena un fumetto ti accorgi che tu lo vedi così, ma non è detto che anche gli altri lo vedano in questo modo. E sì, a volte alcune inquadrature le abbiamo proprio copiate dal fumetto, è successo questo.

Sul parco macchine sì, sono molto belle. La saga di Diabolik ha due macchine iconiche, e rappresentano in qualche modo la “pantera aggressiva” di Diabolik e Eva (che sono due pantere) e la Citroën, che è un po’ più veloce ma anche un po’ più “corretta” della cattivissima Jaguar.

Antonio Manetti: La Jaguar che abbiamo usato nel film è la Jaguar di Mario Romboli, dell’Astorina!

Per Mario Romboli… Per tanti anni il cinema europeo (ma in realtà il cinema mondiale) ha inseguito Diabolik, ma lei si è sempre tirato indietro, non si è mai fidato fino in fondo; tanti progetti sono nati, tanti sono morti. Questa volta si è fidato: che cosa l’ha convinto?

Mario Romboli: Una frase che hanno detto quando sono venuti in redazione a proporre l’idea: non volevano fare un film SU Diabolik, ma il film DI Diabolik. E ho capito che forse eravamo sulla strada giusta. Sì è vero, le Giussani prima, e io negli ultimi 20 anni, di proposte ne abbiamo viste tante, ne abbiamo lette tante e le abbiamo scartate tutte. Essenzialmente perché c’era una volontà di riportare Diabolik negli schemi. Lo si voleva far diventare Zorro o un serial killer. La forza di Diabolik invece è quella di essere fuori dagli schemi, un personaggio come non ce n’erano prima, e gli imitatori erano altra cosa. Per questo sono saltate tante proposte, talvolta molto interessanti, talvolta anche economicamente molto affascinanti. Noi siamo una piccola realtà, in Astorina siamo in otto e facciamo solo Diabolik; è vero che lui i soldi li ruba, però noi no.

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