La mappa delle piccole cose perfette – Ricominciare da capo come in un videogioco

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La mappa delle piccole cose perfette

Titolo originale: The Map of Tiny Perfect Things

Anno: 2021

Paese di produzione: Stati Uniti d’America

Genere: sentimentale, commedia, drammatico

Durata: 99 minuti

Produzione: FilmNation Entertainment, Weed Road Pictures, Wishmore Entertainment

Distribuzione: Prime Video

Regista: Ian Samuels

Sceneggiatura: Lev Grossman

Fotografia: Andrew Wehde

Montaggio: Andrea Bottigliero

Colonna sonora: Tom Bromley

Attori: Kathryn Newton, Kyle Allen, Jermaine Harris, Anna Mikami, Josh Hamilton, Cleo Fraser, Jorja Fox

Trailer del film La mappa delle piccole cose perfette

Trama de La mappa delle piccole cose perfette

L’adolescente e nerd Mark è bloccato in un loop temporale che lo costringe a vivere sFlorida state seminars jerseys Florida state seminars jerseys asu football jersey fsu football jersey Iowa State Football Uniforms 49ers jersey College Football Jerseys custom football jerseys Florida state seminars jerseys Florida state seminars jerseys ohio state jersey custom football jerseys ohio state jersey fsu football jersey fsu football jersey empre lo stesso giorno. La monotonia si spezza quando conosce la misteriosa Margaret, vittima anch’ella dell’anomalia temporale e con la quale decide di allearsi creando una mappa delle piccole cose perfette che accadono durante la giornata; i due cercheranno di capire il motivo per cui sono ostaggi del tempo e al contempo proveranno, in modi talora strambi, ad uscire da questa situazione.

Recensione de La mappa delle piccole cose perfette

Cosa fareste se, come il personaggio di un videogioco, aveste la possibilità di rigenerarvi e condurre, ogni giorno, la stessa missione?

La mappa delle piccole cose perfette risponde subito alla domanda, presentando fin dall’inizio come condizione di normalità il loop temporale in cui è bloccato Mark, senza spiegare come ci è finito: il ragazzo si muove sicuro per casa e nella sua cittadina, prevedendo le parole e le azioni di chi gli sta intorno; sembra sfruttare passivamente questa possibilità (o condanna?), cambiando solo i tentativi di seduzione di una ragazza in piscina.

Il piccolo mondo che si è costruito è pieno di costanti, dal padre che non riesce a concludere la scrittura del libro sulla guerra civile, l’inesistente dialogo con la sorella a suon di appellattivi dispregiativi, il pomeriggio davanti ai videogiochi col suo migliore amico; la variabile che viene a stravolgerlo è Margaret, meno entusiasta di Mark, sfuggente e che nasconde qualcosa, che è poi il motivo per cui vuole rivivere lo stesso giorno.

Dopo un iniziale rifiuto, Margaret accetta la chiamata all’avventura da parte del giovane, col quale si godrà tutte le piccole cose, i dettagli che sfuggono nella quotidianità e che forse invece andrebbero colti: un’aquila che prende un pesce, una coppia di anziani che si diverte giocando a carte, un giro sulla bici-shuttle per tutta la scuola. Questi attimi fugaci vengono disegnati su una mappa, una sorta di guida di momenti felici che non vanno dimenticati, la quale diventerà l’elemento chiave per spezzare il loop infinito.

La possibilità di condividere un’esperienza di anomalia temporale non è certo nuova, se si pensa anche solo al recente Palm Springs (Max Barbakow, 2020), in cui Nyles e Sarah le tentano tutte pur di fuggire dalla situazione, al punto di arrendersi – finché non si troverà la soluzione – e godersi, nei modi più rocamboleschi e ai limiti della legalità, il giorno del matrimonio della sorella della protagonista. La mappa delle piccole cose perfette è meno irriverente e pone alcuni freni ai giovani, ma condivide con la rom-com di Barbakow l’opportunità per i protagonisti di portare insieme il fardello della ripetizione – il macigno che Sisifo, citato nel primo film, è condannato a trascinare eternamente – e di non essere soli in mezzo al caos.

Mark e Margaret si considerano gli unici svegli, mentre il resto del mondo dorme e sogna; sono gli ultimi sopravvissuti che si aggirano indisturbati in una cittadina dove non esiste conseguenza per le loro azioni, al punto di poter distruggere l’interno di una casa e sdraiarsi sulle sue ceneri, come i protagonisti della serie televisiva The End of the F***ing World (Jonathan Entwistle, 2017-2019), che godono della dimora elegante del professore finché non scoprono il suo segreto. I protagonisti della serie, adolescenti ribelli sulle cui spalle ricadono traumi e problemi familiari, vivono un’avventura per le campagne inglesi che li avvicina sempre di più, fino a creare un’alleanza dei due contro il mondo; la stessa è presente anche ne La mappa delle piccole cose perfette, nella misura in cui solo Mark e Margaret, gli unici bloccati nel loop temporale, possono davvero capirsi. Tuttavia le persone che li circondano non sono padri assenti o figure egoiste e ostili; non sono antagonisti ma persone il cui confronto aiuta i protagonisti e soprattutto Mark che, dopo tanto tempo bloccato nello stesso loop e a sentirsi “il re di tutto”, capisce che il dialogo con i familari è importante, cosa che Margaret sa già, e motivo per cui questa temporeggia per uscire dal vortice in cui è intrappolata.

Lev Grossman, autore del romanzo da cui è tratto il film e suo sceneggiatore, non vuole fregiarsi del merito di strutturare la sua narrazione sul loop temporale, citando infatti nelle sue stesse battute film come Ricomincio da capo (Harold Ramis, 1993) o Edge of Tomorrow (Doug Liman, 2014), capisaldi del genere e di cui La mappa delle piccole cose perfette è chiaramente debitore. È però interessante interrogarsi sui motivi di tale scelta narrativa che, come si è visto, è molto gettonata negli ultimi tempi.

Il loop temporale costringe a vivere di continuo vicende già avvenute, in un giorno in cui tutto è sempre uguale, proprio come in un videogame – a cui Mark e Henry giocano con una certa frequenza durante il film, scandendone il ritmo – in cui la vita si può resettare e ricominciare da capo.

Raccontare il tempo in questo modo ha molto valore oggi, perché rispecchia la monotonia delle giornate che tutti, in modi diversi e a causa della pandemia, stiamo vivendo, col rischio che ogni giorno sia uguale e senza molte prospettive. Se da un lato ci si sente ingabbiati, dall’altro però ci si culla nella piattezza di quel che si conosce già e nel timore di quello che ci aspetta: Margaret infatti vuole vivere ancora lo stesso giorno perché ha paura di dire addio a una persona cara, sebbene abbia avuto tutto il tempo di metabolizzare; la ragazza incarna l’incertezza tipica di questi tempi e la preoccupazione per il futuro, per il salto nel vuoto che tocca a tutti, prima o poi.

Ne viene fuori quindi anche un percorso di formazione, durante il quale Margaret impara ad accettare l’ignoto e Mark riesce davvero a cogliere l’attimo, ad apprezzare chi gli sta intorno e ad osservare le piccole cose perfette di cui la vita stessa, quella intera e segnata dallo scorrere dei giorni, fa parte.

Note positive

  • Buona la metafora del videogioco per il loop temporale
  • Riesce a sfruttare un tema arcinoto in modo originale
  • Trama non banale
  • Notevoli movimenti di macchina

Note negative

  • In alcuni punti un po’ piatto
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