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Lady Bird
Titolo originale: Lady Bird
Anno: 2017
Paese: Stati Uniti d’America
Genere: commedia, drammatico
Produzione: Scott Rudin Productions, Entertainment 360, IAC Films, Mission Films
Distribuzione: A24, Universal Pictures
Durata: 94 min
Regia: Greta Gerwig
Sceneggiatura: Greta Gerwig
Fotografia: Sam Levy
Montaggio: Nick Houy
Musiche: Jon Brion
Attori: Saoirse Ronan, Laurie Metcalf, Tracy Letts, Lucas Hedges, Timothée Chalamet, Beanie Feldstein, Odeya Rush, Jordan Rodrigues
Trama di Lady Bird
“Anybody who talks about California hedonism has never spent a Christmas on Sacramento”: con questa citazione di Joan Didion si apre uno dei coming-of-age più interessanti degli ultimi anni. Nonostante siano toccate quasi tutte le tappe di questo genere di film (il primo amore, la perdita della verginità, il contrasto con i genitori, il desiderio di accettazione ma anche di ribellione), il cuore della trama è infatti il conflitto tra Christine McPherson, studentessa all’ultimo anno di un liceo cattolico, e l’ambiente in cui è cresciuta, la periferia di una città della California che del fascino della California non ha niente e dalla quale Christine, che facendosi chiamare Lady Bird rifiuta persino in proprio nome, ha il terrore di essere condizionata.
Recensione di Lady Bird
Prima di passare alla regia Greta Gerwig ha interpretato diversi ruoli in film indipendenti e in particolare in Frances Ha, pellicola di Noah Baumbach in cui offre probabilmente la sua migliore performance, l’attrice ha collaborato anche alla sceneggiatura. Nonostante le sostanziali differenze tra Christine e Frances, Lady Bird si potrebbe vedere come un “prequel” ideale di Frances Ha (in cui è tra l’altro presente la sequenza del Natale a Sacramento, città natale della protagonista, evocato dalla citazione d’iniziale di Lady Bird): mentre Frances Ha ritrae lo smarrimento del passaggio alla vita adulta, Lady Bird descrive la fine dell’adolescenza con un realismo meno rigoroso ma con la stessa narrazione “a blocchi” in cui sull’intreccio, presente ma molto esile, prevale l’accumulo di situazioni e conseguenti sensazioni.
La regista è riuscita a esordire con un film davvero personale, incentrato su una protagonista sicuramente autobiografica ma resa autonoma dall’interpretazione di Saoirse Ronan e completamente diversa dalla Frances di Greta Gerwig – sceneggiatrice oltre che attrice. Frances, goffa e impossibile da non amare, ha 27 anni e cerca il suo posto nel mondo con l’angoscia della giovinezza che inizia a far vedere la sua fine, mentre Christine, con tutto l’impeto dell’adolescenza, è sicura della propria eccezionalità e relega il suo sentimento di non realizzazione alla città in cui si sente intrappolata. L’arrivo nell’agognata New York, “città delle possibilità” anche nel film di Baumbauch, sembra però segnare un ponte ideale tra la storia di Christine e quella di Frances.
“I hate California, I want to go to the east coast. I want to go where culture is like, New York, or Connecticut or New Hampshire.”
Lady Bird (Saoirse Ronan)
Mentre in Lady Bird lo sguardo della regista si esprime con eleganza e originalità nella caratterizzazione di una protagonista inedita e quasi ostile verso lo spettatore nella sua cocciuta eccezionalità, in Piccole donne, secondo lavoro di Gerwig, l’occhio di riguardo verso la Generazione Z (assente in Frances Ha, quasi un manifesto dei Millennials) prende il sopravvento: i riflettori sono puntati sul clamore della “regista donna” per cavalcare l’onda di un femminismo diventato un trend tra i giovanissimi, che nella trasposizione del romanzo possono trovare le nuove dive di riferimento (Ronan, Pugh, Watson), il nuovo sex symbol (Chalaméet), i miti di quello che è oggi considerato il cinema “vecchio” (Streep, Dern), il cameo di una serie iconica (Odenkirk), un occhio di riguardo al fashion (già presente in Lady Bird, in cui il guardaroba della protagonista sembra quello di un’adolescente di oggi e non nel del 2002) e appunto un femminismo “trendy” estremamente semplificato, che si riduce a un discorso, quello di Jo, che nel 2019 non può che apparire stucchevole. Il personaggio di Jo March è già sovversivo nel XIX secolo e la scelta di far interpretare il vecchio professore del romanzo a un giovane e aitante Garell è anzi una grande concessione al romanticismo classico, che in Lady Bird è completamente soppresso: il coming-of-age della protagonista, infatti, nonostante contempli le importanti tappe delle relazioni sentimentali e sessuali, si conclude con l’inizio di un percorso personale, sicuramente difficile e magari fallimentare, la cui protagonista è però la sola Christine.

Note positive
- Caratterizzazione della protagonista e interpretazione di Saoirse Ronan
- Sceneggiatura lineare ma originale
- Rappresentazione del conflitto madre-figlia, più rilevante delle relazioni sentimentali della protagonista
- Fotografia
Note negative
- Ambientazione troppo contemporanea per un film ambientato nel 2002
- Nonostante l’originalità dell’impostazione del coming-of-age, difficilmente potrebbe piacere a chi non ama il genere