L’Avventura (1960): l’incapacità di comunicare

L'avventura film locandina

L’Avventura

Titolo originale: L’Avventura

Anno: 1960

Nazione: Italia, Francia

Genere: drammatico, sentimentale, giallo

Casa di produzione: Cino Del Duca

Distribuzione italiana: Cino Del Duca

Durata: 142 min

Regia: Michelangelo Antonioni

Sceneggiatura: Michelangelo Antonioni, Tonino Guerra, Elio Bartolini

Fotografia: Aldo Scavarda

Montaggio: Eraldo Da Roma

Musiche: Giovanni Fusco

Attori: Gabriele Ferzetti, Monica Vitti, Lea Massari, Renzo Ricci, Dominique Blanchar, Dorothy De Poliolo, James Addams, Lelio Luttazzi, Giovanni Petrucci, Esmeralda Ruspoli, Angela Tommasi Di Lampedusa

Trailer italiano de L’Avventura

“L’avventura” è un film del 1960, diretto da Michelangelo Antonioni. È il primo capitolo della cosiddetta “trilogia esistenziale” o “trilogia dell’incomunicabilità”, proseguita con “La notte” e conclusa da “L’eclisse”. Il film segna l’inizio del sodalizio sentimentale-artistico fra Antonioni e Monica Vitti. Presentato in concorso al 13º Festival di Cannes, vinse il Premio della giuria.

Trama di “L’Avventura”

Anna è la figlia di un ambasciatore a riposo e la fidanzata di Sandro, giovane architetto. Viene invitata con Claudia, una sua amica, a una gita sullo yacht di un ricco costruttore nella zona delle isole Eolie. Sbarcati su un piccolo scoglio, tra Anna e Sandro ha luogo un’accanita discussione. All’improvviso, si scatena un temporale e tutti si affrettano verso la nave, ma al momento di imbarcarsi si accorgono che Anna è sparita. Lo yacht deve ripartire per evitare la tempesta, ma Sandro e Claudia rimangono sullo scoglio per cercarla. La speranza di trovarla sfuma, ma i due sentono che nei loro cuori c’è un sentimento nuovo che li unisce e si rendono conto che la ricerca di Anna era in realtà soltanto un pretesto.

Fotogrammi del film L’Avventura

Recensione di “L’Avventura”

Ho imparato a guardare questo cinema guardando ripetutamente L’avventura, cercando di capire anche l’uso dello spazio, completamente differente: al tempo era per me come guardare l’arte moderna.

(Martin Scorsese a proposito de “L’Avventura)

“L’Avventura” fu presentato al Festival di Cannes nel 1960 con accoglienze fortemente contrastate, tra minori giudizi positivi e maggiori perplessità. Il 1960 è anche l’anno della “Dolce Vita” di Fellini e di “Rocco e i suoi fratelli” di Visconti. Ma Antonioni si distacca dai toni quasi rosati degli altri film, rivoluziona il linguaggio cinematografico e narrativo del tempo attraverso uno sviluppo complesso e intellettuale che rende il suo film di difficile studio e interpretazione. La complessità interpretativa del film è forse stata una scelta volontaria, infatti, come affermato dallo stesso cineasta “è un film per pochi”. Quando si guarda la pellicola, il senso di noia e di tempo infinito appaiono comuni, così come l’antipatia verso alcuni personaggi resi tali, ancora una volta volontariamente. Il film non sembra seguire una vera e propria ratio mentre, minuto dopo minuto, il cineasta cerca di mostrare il senso di alienazione e insoddisfazione dei personaggi (personaggi che sono espressione della fragilità e ambiguità dei sentimenti umani che trovano la loro incarnazione in Claudia, interpretata da Monica Vitti).

L’opera trova, però, il suo punto di forza nella struttura narrativa, individuando nell’esistenzialismo il suo punto centrale. Il regista mette su pellicola quelle che sono le dinamiche sociologiche e psicologiche della società contemporanea del tempo: l’Italia borghese, trionfante ma sostanzialmente infelice e insoddisfatta. Fornisce una visione della realtà che passa da una narrazione apparentemente senza senso e tesa a declinare il vuoto dell’esistenza attraverso una proiezione di spazi naturali fissati dalla macchina da presa. L’intera narrazione è costruita per frammenti, anche uditivi. Il tessuto tende a diradarsi, c’è una propensione a prediligere le occasioni in cui lo sviluppo della storia non procede; il tempo degli eventi, di conseguenza, si prolunga. Sono i movimenti apparentemente secondari, il caso, il contingente, il non motivato, che entrano nel racconto. Una storia però si va comunque componendo, perché accanto alla forza che dirada gli eventi, ce n’è una che li organizza. Possiamo allora osservare che l’autore si muove in questa ambigua zona di mezzo della narrazione che è una cifra saliente della sua modernità. L’asse del film si sposta verso l’aspetto visivo, e anche in questa direzione ci troviamo di fronte ad un’ambivalenza centrale nel cinema di Antonioni, quella dello sguardo, che trattiene e perde, che rivela e nasconde. Occorre andare oltre il vedere, oltre la recettività. Le studiate composizioni figurative vanno oltre la loro qualità, perché servono a preparare, ad allentare e marcare l’andamento della storia. Da qui Antonioni attribuisce ad una persona la sua storia, cioè la storia che coincide con la sua apparenza, con il suo peso nello spazio e nel mondo circostante.

Per di più, il titolo di questo film non va colto in senso stretto ma in senso più ampio. L’avventura a cui il regista fa riferimento è quella che scuote l’anima e rende inquieti. È l’avventura che ogni essere umano intraprende per conoscere sé stesso. Non è altro che un fuori campo invisibile e inafferrabile. L’avventura è la sterilità di quello che si vede e si sente, espressione di una generazione morta dentro, annoiata, mediocre, e indecisa. L’Avventura diventa, allora, un’allegoria ma anche un grido silenzioso di giovani persi in sé stessi. La morte dell’amore, la scomparsa dei sentimenti, il sesso vuoto e l’incapacità di comunicare diventano temi portanti e tuttora attuali.

Fotogramma de L'avventura
Fotogramma de L’avventura

In conclusione

Michelangelo Antonioni è stato consacrato a livello internazionale per la sua straordinaria capacità di coniugare personaggi passivi e i loro non sentimenti con i paesaggi. Eppure, lo spettatore percepisce il senso di vuoto e di desolazione. E proprio in questo che viene colta la bellezza del film.

Note positive

  • Regia
  • Fotografia
  • Tematica

Note negative

  • Lunghezza e ritmo lento
  • Difficile interpretazione

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