Titoli lunghi quelli dei film di Lina Wertmüller, la prima donna nella storia a essere stata candidata all’Oscar come miglior regista, per il film Pasqualino Settebellezze, nella cerimonia del 1977. Titoli lunghi, articolati e irriverenti come tutta la filmografia della cineasta, che non si è mai risparmiata e ha saputo mettere in scena temi scottanti e toccanti della società italiana. In Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto la regista racconta, in maniera tragicomica, la disparità tra classi sociali, inscenata da un’elegante e indisponente signora aristocratica interpretata impeccabilmente da Mariangela Melato e da un marinaio siciliano, rozzo e comunista, a cui dà vita Giancarlo Giannini. Quando i due protagonisti naufragano su un’isola deserta, i loro ruoli sociali si invertono e finalmente Gennarino (Giancarlo Giannini) riesce a dare libero sfogo alla sua frustrazione, alla rabbia repressa verso la classe sociale borghese. Ma tra insulti, umiliazioni e percosse, riportati allo stato primordiale, tra il comunista siciliano e l’affascinante signora borghese si accende il fuoco della passione e dell’amore, a cui riescono a concedersi solo ed esclusivamente in quell’isola deserta, che è riuscita a spogliarli di ogni paura e, soprattutto, di ogni infrastruttura sociale.

L’aspetto ricorrente, che funge da filo conduttore tra tutte le sue opere, è indubbiamente la disperazione che si cela dietro ogni personaggio che lotta impudentemente per i propri ideali. Come Gennarino, in Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto, combatte miseramente a suon di schiaffi e insulti il capitalismo, in Film d’amore e d’anarchia il protagonista Antonio Soffiantini, detto Tunin, decide di togliere la vita a Mussolini per vendicare un vecchio amico anarchico, rimasto ucciso dal fascismo. La lotta di Tunin, peró, non è spinta da veri ideali politici, ma dal bisogno di rivendicare la propria posizione sociale; una vita inclemente, dura, passata a lavorare, come contadino, a testa bassa e schiena chinata nelle campagne lombarde. È la disperazione che lo conduce a pensare di poter compiere un gesto tanto estremo, la medesima che caratterizza Tripolina, prostituta napoletana di cui lui si innamora durante il suo viaggio. Tripolina, donna dal passato difficile e tortuoso, dal fare apparentemente ironico e raggiante ma con gli occhi che celano sconforto e malinconia, decide di passare la vita alla mercé di qualunque uomo varchi la porta della casa di tolleranza. L’incontro tra queste due solitudini, però, permette a entrambi di ritrovare la speranza in una vita migliore, specchiandosi uno nell’innocenza e nella genuinità dell’altra. L’amore, tuttavia, non funge mai da protagonista, ma resta sempre in funzione del racconto, nelle opere sociali e impegnate della cineasta.

L’altro aspetto ricorrente nella filmografia della Wertmüller è, senza dubbio, il grottesco. La regista ripudia le commedie superficiali fini a se stesse, e inserisce in ogni film componenti più drammatiche e radicate, facilmente percepibili dietro ogni momento apparentemente comico. Quella specie di retrogusto, quel sapore amaro che si cela dietro le azioni di ogni protagonista, ci ricorda quanto siamo fragili, abbattibili, umani; è ciò che permette di catalizzare l’attenzione su ogni sua opera, dandoci la possibilità di empattizzare e di riconoscerci nei suoi personaggi.
L’ingrediente magico e segreto – forse non troppo – attraverso la quale la regista lega tutti gli elementi che caratterizzano i suoi film, è senza dubbio, l’amore profondo e smodato per l’Italia. Si respira Italia in ogni opera della Wertmüller. In Film d’amore e d’anarchia rimane indimenticabile la scena del pranzo nella casa di tolleranza. Le prostitute, per attirare l’attenzione di Tunin, discutono animatamente ognuna nel proprio dialetto dando vita a un trionfo di suoni e vibrazioni che ci conducono, in pochi minuti, in un viaggio utopico e immaginario per ogni regione italiana: dai colli bolognesi, alla veracità napoletana, fino all’estremo sud siciliano.

La cineasta omaggia l’Italia anche, anzi soprattutto, attraverso i suoi inconfondibili paesaggi: le spiagge brulle e aride della Sardegna, i vicoli stretti e umidi con la biancheria stesa sui balconi tipici napoletani, l’architettura inconfondibile del Foro Romano, la Reggia di Caserta e l’eleganza sabauda di Torino. Un amore smisurato che l’artista manifesta apertamente, anche attraverso queste parole:
“L’Italia ha una multitudine di regioni che sono tutti centri culturali; hanno tutti delle lingue, delle tradizioni e delle cucine speciali. Amo l’Italia perchè è un mini continente, un Arlecchino di colori e di culture.”
Proprio mediante la sua filmografia, Lina Wertmüller è riuscita a divulgare in maniera nitida le molteplici sfaccettature dell’Italia, omaggiandone la bellezza e la cultura. Senza mai risparmiarsi, la cineasta ha portato in scena anche una critica della nazione, fatta attraverso un sarcasmo sottile ed estremamente godibile. Opere che sono diventate simbolo dell’Italia nel mondo, e la carriera di una donna appassionata che è riuscita a conquistare menti e anime sino oltre oceano.