Lo specchio: il capolavoro di Tarkovskij su memoria, passato, e identità

lo specchio locandina del film

Lo Specchio

Titolo originale: Zerkalo

Anno1975

Paese di produzione: Russia (URSS)

ProduzioneMosfilm

DistribuzioneItalnoleggio CinematograficoGeneral Video (ITA)

Durata: 1 hr 47 min

RegiaAndreij Tarkovskij

SceneggiaturaAleksandr Misharin, Arseniy Tarkovskiy, Andreij Tarkovskij,

Montaggio: Lyudmila Feyginova

DopGeorgi Rerberg

MusicheEduard Artemev

Attori: Margarita TerekhovaOleg YankovskiyFilipp YankovskiyIgnat DaniltsevNikolay GrinkoAlla DemidovaAnatoliy Solonitsyn

Trailer russo de Lo Specchio

Trama de Lo Specchio

Lo specchio è la non-storia (o meglio, la narrazione da un punto di vista strettamente personale) della vita di Aleksei, uomo di quarant’anni sul letto di morte. Avvolto tra le coperte del letto dov’è costretto, la mente di Aleksei procede a slalom tra i momenti del suo passato, tirando un filo conduttore tra le fasi più significative della sua permanenza sulla terra. Guerra, conflitti famigliari, e filmati d’archivio si mescolano per creare il ritratto cubista di un essere umano, e ne enfatizzano la presenza nel tempo ancor prima che nello spazio. E chi questo ritratto dipinge è il voice-over di Aleksei stesso (Innokentiy Smoktunovskiy), unica presenza infallibile tra i flutti dei rivolgimenti identitari che compongono il Tetris del film.

Recensione de Lo Specchio

Se siete di quelli che, ogni volta che i vostri amici vi propongono di passare il weekend chiusi in casa, sommersi di popcorn stantii, a visionare oscuri film russi, storcono il naso immaginando interminabili ore di noia nella forma d’inquadrature mortalmente immobili e bradicardici ritmi narrativi, be’, fareste meglio a ricredervi. Perché i film russi sono avventurosi, emozionanti, e coinvolgenti. Specie se a firma di registi osannati da individui occhialuti nei cineforum del venerdì sera. E Lo specchio (Zerkalo, 1975), di Andrej Tarkovskij, ne è la prova.

Tarkovskij lavora infatti per creare un caleidoscopio di sovrapposizioni visive e mentali. Come un mastro vetraio, il regista, che della pellicola è anche sceneggiatore, crea una comunicazione afasica, che corre sulla linea della metafora e balza senza preavviso da un luogo temporale all’altro. Il risultato sono identità scambiate, attori che interpretano più personaggi, e la creazione di memorie attraverso l’immaginazione e l’impersonificazione. Aleksei non ha vissuto tutti gli eventi presentati in prima persona. Eppure, le vite degli altri sono diventate parte integrante del suo essere. Per dirla con Bergson, filosofo e autore di Materia e memoria, un individuo è la sua carne; ma i rapporti tra il corpo e il tempo sono polifonici, multidirezionali, e, in ultima analisi, non procedono secondo una gerarchia predefinita. Questo il motivo per cui Proust potè far scaturire blocchi di pagine de Alla ricerca del tempo perduto dal morso di una madeleine. Questo il motivo del racconto rapsodico che Aleksei dà di sé.

Sa, sono inciampato e ho trovato strane cose qui…radici, cespugli…Ha mai pensato che le piante possano, sentire, sapere, persino comprendere?

Cit. Il medico forense

Per fortuna, il limite d’incomprensibilità de Lo specchio è abbassato dall’aiuto della tecnica. La fotografia di Tarkovskij (diretta da Georgi Rerberg) procede infatti per cluster cromatici, dedicando una speciale tinta a ogni zona temporale toccata dal pensiero di Aleksei. Il montaggio per associazione del film – rimodulando la correlazione “per attrazioni” degli avanguardisti sovietici – collega così umori, sensazioni, stati d’animo, restituendo, proprio come in uno specchio, un riflesso del protagonista. Un’interpretazione, tra le tante possibili, della sua esistenza, che la macchina da presa del cineasta russo si premura di restituire con la massima oggettività e sobrietà di mezzi espressivi.

Se dunque rimaniamo piacevolmente allibiti ogni volta che assistiamo alla circonvoluzioni di scrittura dei film di Christopher Nolan, o all’irriducibile ambiguità dei punti di vista nell’opera di David Lynch, forse un po’ lo dobbiamo anche a Tarkovskij e alla sua spregiudicatezza intellettuale. Quindi sì, è vero, Lo specchio non vi circuirà con storie a lieto fine per scaricare lo stress della settimana lavorativa. Probabilmente vi farà persino passare la voglia di sgranocchiare quei popcorn stantii ospitati troppo a lungo in un sacchetto di carta argentata. Però vi rapirà. Vi farà emozionare, e vi darà sempre una ragione nuova per volerlo rincontrare ed esperire di nuovo. Guardare Lo specchio è un po’ come aprire gli occhi la mattina: non sei mai sicuro che il senso che gli stai dando sia quello giusto. E mi rendo conto che questa vi potrà sembrare un’argomentazione poco convincente, da occhialuto di cineforum. Ma è quanto io metterei in parallelo all’idea del vivere un’avventura.

Note Positive

  • Regia
  • Sceneggiatura
  • Fotografia
  • Complessità tematica

Note Negative

  • Nessuna di rilievo

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