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L’ultima luna di settembre
Titolo originale: Harvest Moon
Anno: 2023
Nazione: Mongolia
Genere: Drammatico
Casa di produzione: IFI Production
Distribuzione italiana: Officine Ubu
Durata: ’90
Regia: Amarsaikhan Baljinnyam
Sceneggiatura: Amarsaikhan Baljinnyam, Bayarsaikhan Batsukhi
Fotografia: Joshua Fischer
Montaggio: Bayarsaikhan Batsukhi
Attori: Amarsaikhan Baljinnyam, Tenuun-Erdene Garamkhand, Damdin Sovd.
Trailer de L’ultima luna di settembre
Informazioni sul film e dove vederlo in streaming
Presentato durante l’UlisseFest la pellicola diretta da Amarsaikhan Baljinnyam, al cinema dal 21 settembre 2023, risulta essere un’opera notevole a causa della sua spiccata essenza drammatica orientata verso un’aura nostalgica. Vincitore del premio del pubblico al Vancouver International Film Festival, il fortunato film prodotto da IFI production presenta nel suo ricco cast nomi come: Amarsaikhan Baljinnyam, Tenuun-Erdene Garamkhand, Damdin Sovd. La fotografia è invece affidata a Joshua Fischer.
Trama de L’ultima luna di settembre.
Quando l’anziano padre si ammala gravemente, Tulgaa che da anni vive in città, torna al villaggio natale sulle remote colline della Mongolia per assisterlo. Il destino farà però il suo corso e poco dopo l’anziano verrà a mancare. Tulgaa decide di restare a vivere nella iurta del padre per portare a termine il raccolto che l’uomo aveva promesso di completare prima dell’ultima Luna piena di settembre. Mentre lavora nei campi, il contadino incontra un bambino di dieci anni, Tuntuulei che vive da solo con i nonni mentre la madre lavora in città. Tra i due nasce un rapporto inizialmente di sfida, che andrà via via ad allentarsi per far spazio a un legame di stima e condivisione. Negli incantevoli e sconfinati paesaggi di una terra ricca di tradizioni, Tulgaa prenderà il giovane Tuntuulei sotto la propria ala, scoprendo di essere in grado di dare al bambino tutto l’amore paterno che a lui non era mai stato dato. Ma l’ultima Luna piena di settembre sta per arrivare, e a i due pochi giorni da passare insieme a Tuntuulei prima di fare ritorno in città.

Recensione de L’ultima luna di settembre
Dal punto di vista tematico l’opera non incide di certo per l’originalità del suo contenuto, il mito dell’orfano che trova la figura paterna in un individuo inizialmente estraneo è uno dei più presenti nelle narrazioni, anche se come in questo caso il bambino non è altro che un “doppio storico” del protagonista. Ciò che invece più colpisce è lo sviluppo drammaturgico, poiché L’ultima luna di settembre è un film dal carattere crudo e spietato. La poetica personale di Baljinnyam infatti fuori da qualsiasi ridicola retorica, distante da qualunque risoluzione smielata e forzata, non lascia speranze.
I tempi espressivi della sua lirica paiono in primo luogo fortemente dilatati, il ritmo della pellicola infatti sembra non essere soggetto ad alcun climax, come se fosse un film neorealista. D’altro canto questa dilatazione è ben bilanciata in rapporto con la durata stessa dell’opera, essa infatti dura quanto dovrebbe senza aggiungere inutili dilatazione per rispondere a qualche ottusa ragione produttiva (ma forse questa è una malattia che non ha ancora infettato l’industria cinematografica mongola). Altro tema cardine è la classica lotta tra “uomo e natura”, quest’ultima rappresentata tramite il sensibile sguardo del regista.
A contrasto con la natura tetra del lungometraggio, la regia va intesa come un armonioso omaggio artistico alla sublime bellezza della natura mongola, tramite strumenti derivanti dal linguaggio autentico della settima arte ovvero i campi lunghi che formano uno stile orientato verso la valorizzazione della profondità di campo (Bazin avrebbe sicuramente approvato). Gli altri elementi della pellicola si presentano solidi, buona prestazione attoriale, ottime musiche e costumi, un’eccellente fotografia, il lavoro del già citato Joshua Fischer evidenzia la bellezza della campagna del paese asiatico e il suo splendido cielo incontaminato.
Volendo trovare a tutti costi un difetto, si potrebbe individuare nella rappresentazione degli usi e costumi della cultura mongola, inizialmente infatti nelle dichiarazioni di Baljinnyam cattura interesse il suo voler rappresentare sul grande schermo le tradizioni della storia mongola. Nel film vengono chiaramente mostrate, dall’agricoltura all’arte culinaria e gli immancabili riti, ma uno sguardo più di natura antropologica avrebbe sicuramente valorizzato queste affascinanti pratiche asiatiche.

In conclusione
In ultima analisi, L’ultima luna di settembre è un cocktail composto dalla spietatezza più amara della sua essenza, miscelato alla sublime bellezza della sua forma. L’autore in questa occasione è riuscito perfettamente a esprimere la sua poetica, trasmettendola in maniera schietta e brutale, come fosse una breve schiaffo da cui è impossibile fuggire, per cui è impossibile non piangere dopo suo il crudele impatto.
Note Positive
- Tematiche
- Regia
- Fotografia
- Ritmo
Note Negative
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