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L’uomo Delfino
Titolo originale: Dolphin Man
Anno: 2017
Paese di produzione: Grecia, Canada, Francia, Giappone
Genere: Documentario
Durata: 80 min
Produzione: Anemon Productions, ARTE, WOWOW, Greek Film Centre
Distribuzione: Wanted Cinema
Regia: Lefteris Charitos
Sceneggiatori: Lefteris Charitos, Yuri Averof
Fotografia: Stelios Apostolopoulos
Montaggio: David Kazala
Musiche: Olivier Dandrè, Jeremie Halbert
Colonna sonora: Mathieu Lamboley
Produttori: Rea Apostolides, Yuri Averof, Ed Barreveld, Estelle Robin You, Stelios Apostolopoulos
Voce narrante: Jean Marc- Barr
Trama di L’uomo delfino
Il documentario narra la vita di Jacques Mayol, il leggendario apneista che si è immerso fino a 100 metri in apnea che è stato fonte d’ispirazione per il cult di Besson The Big Blue. Lo conosciamo attraverso vari pezzi di vita e il racconto dei suoi amici che dal mediterraneo, al Giappone passando per l’India e le Bahmas fino all’Isola D’Elba narrano di lui, come i suoi figli Dottie e Jean-Jacques e i campioni mondiali di tuffi liberi WilliamTrubridge, Mehgan Heaney-Grier e Umberto Pelizzari, che mostrano le mille sfaccettature di uomo e la sua profondità d’animo.
Recensione del film L’uomo delfino
L’uomo delfino racconta Jacques Mayol, apneista francese che raggiunse la fama intorno agli anni ’70 a colpi di record. La sua storia ispirò Luc Besson che nel 1968 girò Le Grand Bleu, film che rese Mayol noto al grande pubblico. Così nel 2017 Lefteris Charitos ha deciso di raccontare in maniera più analitica e dettagliata la storia dell’apneista, offrendo un quadro chiaro e fedele dell’uomo, interessante è notare come la voce narrante sia quella di Jean-Marc Barr, l’attore che ha interpretato il ruolo di Mayol nel film francese.
Il documentario tornerà nelle sale italiane dal 5 ottobre, rimanendo visibile agli spettatori per ben tre giorni.
Fotogramma de L’uomo delfino Jacques Mayol 1960s
Jacques Mayol: L’uomo delfino
Fin dal primo istante ci viene mostrato il mare, come voler rimarcarne subito l’importanza che esso ha avuto nella vita di Mayol. Del resto questo è un ottimo incipit per introdurci nella storia di un uomo controverso e leggendario. Ci è permesso di entrare nella vita di Mayol non solo tramite i racconti degli amici o colleghi, ma anche con delle immagini della sua vita che ne fanno un racconto esaustivo e appagante. Il documentario ci dimostra come Jacques fosse un uomo dalla grande disciplina, immerso nella sua passione che rappresentava per lui il motore della sua stessa vita.
Nel momento in cui il protagonista del racconto inizia a lavorare in un acquario, la sua esistenza cambia per sempre, consentendogli di comprendere finalmente chi sia. Pertanto si viene a instaurare una vera e propria connessione tra l’uomo e i delfini, da cui Mayol impara i modi, prendendone quasi le sembianze nelle sue lunghe immersioni. Il suo amore per il mare cresce a dismisura nel corso della sua intensissima vita, divenendo il rifugio in cui l’uomo può ripararsi dalle delusioni e dai dolori che lo segnano. Come evidenziato da uno dei suoi più cari amici, Mayol amava tre cose: le donne, il mare e l’avventura. Tuttavia il mare è diventato sempre più predominante, specie quando quel senso di solitudine, da sempre presente nell’uomo, è accresciuto a causa di una perdita devastante. Ed ecco come il silenzio della profondità si trasforma nell’unico strumento per mettere in pausa le chiacchiere mentali della quotidianità. Del resto l’apnea e i record che ne seguono non sono questioni di competizione o, più banalmente, mera ambizione, piuttosto la possibilità di avvicinarsi alla natura marina, che Mayol sentiva come sua.
Mayol e il rapporto con la società
Se l’amore per il mare era cosi evidente agli occhi di tutti, non poteva dirsi lo stesso delle relazioni umane di Mayol. Si tratta qui di un uomo cinico verso la società, restio nell’esternare le proprie emozioni. Inevitabilmente ciò ha delle conseguenze, come il complicato rapporto tra Mayol e i suoi figli, per lungo tempo fuori dalla sua vita. Sorprende poi che l’uomo sia dipinto come un genio dai suoi amici, i quali però sottolineano che talvolta Mayol si approfittasse del loro aiuto, denotando il suo progressivo distacco dal mondo circostante. Quando nel 1968 uscì il film di Besson, la fama dell’apneista francese aumentò prepotentemente, facendo di Mayol una vera e propria leggenda vivente. Eppure l’uomo non apprezzò affatto quell’opera che, a parer suo, non aveva trasmesso il suo amore per il mare, concentrandosi di più sulla rivalità con Enzo Maiorca. Tuttavia è innegabile che la pellicola desse un ulteriore slancio alla fama di Mayol, il quale fu maestro di diversi giovani apneisti, i quali non hanno che belle parole per il loro maestro. Dai racconti deduciamo quindi che si tratti di un uomo sfaccettato, singolare e la cui vita appassiona anche chi non lo conosceva affatto.
Un perfetto comparto tecnico
La storia di Mayol è raccontata perfettamente soprattutto grazie agli aspetti più tecnici di quest’opera. Le scene ambientate sott’acqua sono riuscite, convincenti e danno quel tocco in più al documentario. Impossibile poi non evidenziare il perfetto utilizzo delle musiche, con una bellissima colonna sonora che fa la differenza. L’alternanza tra le testimonianze e i video con protagonista Mayol non fa una piega, facendo in modo che lo spettatore non si stacchi mai dallo schermo. Per questo sono rimasto sorpreso dalla forza di un prodotto, che fa dei dettagli il segreto della sua riuscita, laddove anche la durata risulta funzionale al risultato. Un racconto soddisfacente e completo che può appassionare un pubblico vasto ed eterogeneo, compresi quelli come me che del mondo dell’apnea ne sanno ben poco.
Note positive
- La musica
- L’unione tra riprese e interviste
- La sceneggiatura
Note negative
- Nessuna nota negativa