Nope (2022): quando le buone idee non bastano per un “Yep!”

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Nope è il terzo lungometraggio diretto dal vincitore dell’Oscar per la “Miglior Sceneggiatura” di Get Out, Jordan Peele (Get Out, Us), che altrettanto scrive e produce il film con la sua casa di produzione Monkeypaw Productions e la Universal Pictures.

Riconosciuto soprattutto per i suoi lavori televisivi e cinematografici nei generi della commedia e dell’horror, questa volta Peele sorpassa una nuova soglia addentrandosi nella fantascienza o, meglio dire, nel fanta-horror, con una storia nata da una sua idea originale che, però, nella pratica ricorda molto il cinema horror fantascientifico degli anni ’80, mettendo al centro della vicenda un’entità aliena a forma di UFO.

Portando sul grande schermo una riflessione principalmente sulla spettacolarizzazione mediatica, Nope arriverà in Italia l’11 agosto 2022, distribuito da Universal Pictures Italia.

“Getterò su di voi un’immondizia abominevole, vi renderò vili e vi farò diventare uno spettacolo.”

Citazione biblica dal libro del profeta Nahum 3:6 con cui inizia il film Nope

Trama di Nope

I residenti di un isolato paesino della California, tra cui i proprietari della fattoria OJ Haywood (Daniel Kaluuya) ed Emerald Haywood (Keke Palmer), sono testimoni di un evento paranormale e misterioso: la presenza di un UFO che altera soprattutto il comportamento della fauna che circonda la zona.

Recensione di Nope

Dinanzi a un pubblico che sembra di essere sempre più viziato e un’industria cinematografica sempre più accomodante a livello produttivo (il che porta anche a scegliere progetti e “professionisti” con poco o nulla da offrire), lo statunitense Jordan Peele è uno dei pochi registi dei nostri tempi che negli ultimi anni ha cercato di rinnovare e ravvivare il cinema d’autore e di genere nelle sale di tutto il mondo.

Peele, che ha esordito in televisione principalmente come attore e scrittore comico, si è rivelato sin dal suo primo film Get Out un bravo regista e produttore, ma soprattutto un creativo di idee autentiche che usa il genere horror per uno scopo di critica sociale.

Scegliendo sempre l’horror per cui ormai è riconosciuto e mantenendo il suo caustico senso dell’umorismo, Peele alza l’asticella con Nope, addentrandosi al genere fantascientifico con una storia semplice, ma densa nei contenuti che prova a mettere in risalto.

Ambientata nella California rurale, OJ Haywood (Daniel Kaluuya: Judas and the Black Messiah, Black Panther, Get Out) ed Emerald Haywood (Keke Palmer: Lightyear, Hustlers, Scream Queens) sono due fratelli che ereditano l’antico negozio di famiglia, un ranch dove addestrano cavalli per il cinema e la tv.

Tra la misteriosa e inaspettata morte del loro padre e l’incidente accaduto con uno dei loro cavalli sul set di uno spot pubblicitario che li è costato uno dei pochi lavori che avevano, i fratelli devono far fronte a quello che sembrerebbe essere il fallimento della loro azienda. È così come si vedono costretti a vendere alcuni dei loro cavalli, principalmente a Ricky “Jupe” Park (Steven Yeun: Minari, The Walking Dead, Okja), che da bambino era un prodigio della televisione e che ora è proprietario del parco divertimenti Jupiter’s Claim in cui, tra l’altro, sfrutta il suo trauma dell’infanzia, ovvero, il massacro durante le riprese di un episodio della sitcom Gordy’s Home! (lui faceva la parte del ragazzino protagonista) in cui la scimmia protagonista ha ucciso e mutilato a tre delle star del programma.

Da un giorno all’altro, però, i cavalli della Haywood Hollywood Horses iniziano ad avere comportamenti strani e alcuni addirittura spariscono, scoprendosi poi che la causa di tutto è la presenza di un apparente Ufo che li risucchia e si nasconde sopra le nuvole del ranch. Vista la critica situazione economica che attraversano e l’insolito avvistamento, Emerald convince OJ di riprendere l’Ufo con l’obiettivo di creare quello che lei nomina un “Oprah shot” per mandare poi il video al programma della rinomata conduttrice televisiva e così guadagnare fama, ma soprattutto soldi.

Per riuscire a riprendere l’Ufo viene coinvolto, in un primo momento, Angel Torres
(Brandon Perea: Doom Patrol, The OA), un dipendente di Fry’s Electronics e appassionato di alieni e teorie del complotto, che aiuta i fratelli a istallare delle telecamere di sicurezza in diversi punti del ranch. In un secondo momento, decidono di chiamare Antlers Holst (Michael Wincott: Hitchcock, The Count of Monte Cristo, Alien Resurrection, The Crow), un documentarista e direttore della fotografia che hanno conosciuto durante le riprese dello spot pubblicitario. Tutti e quattro ideano ed esecutano un piano per riprendere la “scena perfetta” che cambierà le loro vite e carriere, lasciandosi portare dalla spettacolarità dell’ignoto senza valutare i rischi che rappresenterebbe “sfidare” ciò che poi si rivela di essere non solo un’entità aliena, ma un vero e proprio animale predatore

Si potrebbe pensare, quindi, che questa sorta di Ufo è il “cattivo” di questa storia, ma Jordan Peele fa sì che ogni suo personaggio umano sia una rappresentazione degna del dibattito che vuole aprire con il film: in realtà, il vero “nemico” è il loro rapporto con lo “spettacolo”, il cui significato è sempre più “distorto” grazie a un sistema estremamente capitalista e sensazionalista. Tutti, compreso Ricky, hanno delle ragioni per attirare l’attenzione del cosiddetto Ufo, che OJ chiama Jean Jacket per il cavallo che il padre aveva promesso ad Emerald di insegnarla ad addestrarlo, ma che alla fine non l’ha fatto. L’unico a dubitare, a capire il comportamento dell’alieno e ad agire di conseguenza è proprio OJ che, certamente, fa parte dei piani della sorella, ma sempre molto cauto.

A lasciare ben chiare le tematiche di Nope sin dall’inizio è la citazione biblica dal libro del profeta Nahum 3:6 con cui apre il film: “Getterò su di voi un’immondizia abominevole, vi renderò vili e vi farò diventare uno spettacolo.” Lo spettacolo, inteso come un business multimediale (cinema, tv, radio, social media…), non è soltanto il punto centrale del film, ma è anche il filo conduttore della narrazione. Lo sfruttamento economico dei traumi, le tragedie, gli animali, l’ignoto è direttamente collegato anche alla cultura della sorveglianza, della curiosità del “guardare” come spettatori, come pubblico, facendo tutti parte, alla fine, di un sistema morboso e spietatamente capitalista (non a caso l’entità aliena non si mangia chi non lo guarda). Dal film emergono, inoltre, altre tematiche legate agli atti di dominio e controllo dell’uomo sulla natura e non solo, perché si cerca di addestrare anche l’ultraterreno.

Nope stabilisce una riflessione metaforica e metatestuale sulla cultura dello spettacolo nel mondo dei media (e non solo nell’era digitale) e di cui il cinema e Hollywood sono grandi protagonisti, facendo a sua volta una rilettura del “sogno americano” che sembra di essere sempre più banale e “predatorio”.

Come i film precedenti di Peele, Nope non scappa dalla critica sociale, questa, una che riguarda tutti in modo particolare e che passa attraverso elementi chiavi all’interno di una storia sviluppata in una maniera che, però, lascia molto a desiderare.

Uno spettacolo, molte idee e poca storia

Nope presenta caratteristiche tipiche dell’horror fantascientifico, essendo l’Ufo (in realtà, l’entità aliena in sé) la sua massima rappresentazione, un animale predatore che ricorda soprattutto il cinema di questo genere degli anni ’80, su cui Jordan Peele ammette, infatti, di aver preso ispirazione. Anche se la presenza e il design dell’alieno sono già abbastanza suggestivi, il punto forte del film è la sua meravigliosa e inquietante atmosfera visiva e sonora. La regia di Peele non delude, ma la fotografia di Hoyte van Hoytema (Oppenheimer, Dunkirk, Interstellar), in sintonia con un fantastico sound design e la stupenda colonna sonora di Michael Abels (che ha anche fatto quelle di Get Out e Us), sono gli aspetti veramente accattivanti che avvicinano lo spettatore alle emozioni che dovrebbe trasmette nel complesso un film fanta-horror, scopo che Nope in generale non raggiunge.

A differenza dei due film precedenti di Peele, la cui sceneggiatura era sicuramente più solida (anche se non priva di mancanze e debolezze), la scrittura di Nope scarseggia ancora di più e per parlare di questo punto bisogna distinguere che una cosa sono le buone idee e un’altra la storia e il suo sviluppo come tale.

Nonostante la costruzione di alcune scene che potenziano la suspense e creano momenti degni di un horror fantascientifico (tra cui il flashback del ricordo di Ricky “Jupe” Park sulla tragedia di Gordy’s Home!, sicuramente una delle sequenze narrative miglior riuscite del film), Peele parte da una sua sceneggiatura fiacca da molti punti di vista.

Non si può negare che il film è una somma di idee geniali, un buon concept e svariati elementi (come la scarpa sul set della sitcom, la scimmia, i cavalli e l’Ufo…) ben inseriti e collegati come è ormai abituale nei film di Peele. Il problema risiede nel fatto che tutto questo si disgrega in una storia (già poco originale) che si evolve con molta superficialità e che non approfondisce nella trama né articola bene le tematiche. Ad un certo punto, Nope fa fatica ad individuare dove vuole andare a finire, con un primo atto abbastanza chiaro e interessante, un secondo piatto e confuso, e una risoluzione che poco convince e stupisce.

Si potrebbe anche dire che sono contate le scene che creano una vera tensione e che aggiungono ritmo a una scrittura di per sé piatta, tante volte poco credibile e che delude nei punti basilari dei generi scelti, con scarsi snodi narrativi e azioni determinanti. In poche parole, il film scommette sempre sulla “paura” dell’ignoto (ossia l’Ufo) più che su una paura seminata narrativamente.

Non meno importante è il fatto che verso i personaggi (compresi i protagonisti) risulta difficile provare empatia e sono praticamente sbozzati, con motivazioni abbastanza deboli, il che però non toglie merito alle interpretazioni del cast, specialmente alla chimica che si percepisce tra Daniel Kaluuya e Keke Palmer. Sicuramente e a discapito dei due protagonisti, il personaggio più riuscito e attirante è quello di Steven Yeun, l’unico con un arco narrativo ben preciso e funzionale che sintetizza alla perfezione il commento sociale di Peele.

Si dovrebbe essere convinti che un film non può campare solo di buone (e tante) idee ed effetti spettacolari. La colonna vertebrale rimane sempre la sceneggiatura, che deve essere solida e sviluppare con profondità, logica e creatività le idee di partenza per evitare che il film sia soltanto un’esperienza visiva e sonora anziché una storia da vivere a pieno con tutti i nostri sensi.

In conclusione

Nope è, probabilmente, il film più ambizioso di Jordan Peele, particolarmente a livello tecnico e in quanto alle idee di fondo, ma è anche il più debole narrativamente parlando, offrendo uno spettacolo sonoro e visivo accattivante che, però, fa fatica a integrare le buone idee ed elementi in una storia troppo scontata, poco emozionante e, soprattutto, sviluppata con superficialità e poca originalità. Di conseguenza, il film riesce a intrattenere senza pretese, limitandosi troppo alla forma, tralasciando la sostanza e, purtroppo, rimanendo in debito con chi è un vero appassionato dell’horror e la fantascienza.

Girato in IMAX e con delle inquadrature suggestive ed effetti visivi e sonori perfetti, la visione di Nope è, senza dubbio, consigliata al cinema.

È così come Peele, puntando sempre ad offrire un cinema d’autore moderno e allo stesso tempo nostalgico e citazionista, questa volta (e per sfortuna) finisce per portare sul grande schermo un film che lascia un senso di incompletezza e che risulta più uno “spettacolo” che un’esperienza narrativamente soddisfacente nel suo complesso, il che potrebbe ben essere (e sperando sia così) una scelta voluta e consapevole per fare di Nope un esempio di ciò che “critica”.

NOTE POSITIVE

● Regia. 

● Fotografia.

● Atmosfera inquietante grazie alla fotografia, il lavoro del suono e la costruzione narrativa a livello di regia e sceneggiatura di alcune scene che potenziano la suspense.

● Colonna sonora e sound design.

● Interpretazioni.

NOTE NEGATIVE

● Sceneggiatura.

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