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Nuestros días más felices
Titolo originale: Nuestros días más felices
Anno: 2021
Paese: Argentina
Genere: drammatico
Produzione: RITA CINE
Distribuzione: –
Durata: 100 minuti
Regia: Sol Berruezo Pichon-Rivière
Sceneggiatura: Sol Berruezo Pichon-Rivière, Laura Mara Tablón
Fotografia: Gustavo Schiaffino
Montaggio: Lorena Moriconi
Musiche: Leo Ghernetti
Attori: Matilde Creimer Chiabrando, Lide Uranga, Antonella Saldicco, Cristián Jensen
Nuestros días más felices, presentato a Venezia ’78, è la seconda opera del cineasta argentino Sol Berruezo Pichon-Rivière, autore che aveva già partecipato con la sua opera prima “Mamá, mamá, mamá” alla 70 Mostra del cinema di Venezia, dove ottenne la Menzione Speciale della Giuria Internazionale. Questo suo secondo lungometraggio ha partecipato alla nona edizione della Biennale College Cinema, che sovvenziona con una cifra di 150.000 euro la produzione di film a basso budget di registi al loro primo o secondo lungometraggio. La pellicola è stata presentata il 4 settembre 2021 e sarà visibile online presso il sito streaming Biennale Cinema Channel fino al 9 settembre.
Trama di Nuestros días más felices
Agatha è una donna di settantaquattro anni che vive insieme al proprio figlio Leonida di trentasei. Lei alla morte del marito non si è più innamorata mentre lui non riesce a distaccarsi dalla famiglia per ottenere la vita che ha sempre desiderato. La donna ha anche una figlia, Elisa, che però si è nel tempo distaccata dal suo nucleo familiare per ricercare una sua autonomia e indipendenza personale. Agatha però non sta bene e il giorno del suo compleanno si reca dal dottore, il quale gli preannuncia la possibilità di un inizio di malattia in atto piuttosto grave. Ritornata a casa, la donna distrutta, si reca a letto. La mattina Agatha si risveglia improvvisamente nel suo corpo di una bambina e non quella della lei anziana, questo evento sconvolgerà Leonida e poi Elisa, che si reca a vedere la situazione di sua madre con i suoi occhi. Da questo evento la famiglia si ritroverà nuovamente insieme e dovranno riscoprire i loro affetti personali e i loro problemi interiori.

Recensione di Nuestros días más felices
Un incipit interessante in grado di creare una storia affascinante e piena di mistero. Un lungometraggio che sa di Kafka, che richiama alla mente dello spettatore quel suo racconto breve del 1915 La Metamoforsi, in cui un uomo si sveglia e si scopre mosca. In Nuestros días más felices vediamo una donna di settantaquattro anni svegliarsi improvvisamente nel corpo di una bambina, della lei bambina di dieci anni, il tutto mostrato attraverso un realismo magico, dove realtà e oniricità si mescolano insieme per creare un racconto di riscoperta identitaria, di legami familiari e di riappacificazione interiore, il tutto inondato di quell’area tipicamente kafkiana dove non importa tanto il come ma le sensazioni emotive dei personaggi.
Sol Berruezo Pichon-Rivière tocca all’interno del suo lungometraggio svariate tematiche come il senso di essere figli e quello di essere genitori, dove l’uno pare bloccarsi difronte all’altro. Il lungometraggio del resto crea un immagine genitoriale archetipica dove Leonida ed Elisa assumono visivamente in scena la connotazione di padre e madre di Agatha, ormai in veste di bambina non solo fisicamente ma anche caratterialmente. Questa dinamica gioca con il senso di malattia e di cerchio della vita poiché se inizialmente sono i genitori a prendersi cura dei propri figli, questa concenzione con l’avanzare del tempo muta tanto che i genitori ridivengono bambini nella malattia e i propri figli prendono il ruolo di genitore per accudirli fino alla fine dei loro giorni.
Contemporaneamente il cineasta ci parla della Paura, emozione riscontrabile in tutti i tre personaggi come Leonida, un uomo rimasto infantile e che non sembra essere in grado di abbracciare il proprio sé e di distaccarsi dalla madre per rintracciare un briciolo di felicità, oppure la stessa Agatha, donna apparentemente sicura di sé che teme la morte, soprattutto di morire da sola senza l’affetto dei propri cari accanto a lei, oppure abbiamo Elisa, probabilmente il personaggio meno riuscito e approfondito, che appare triste, arrabbiata con il mondo per un qualche motivo che non viene chiarito all’interno della narrazione filmica. Il tutto relegandoci in un mondo familiare infelice che insieme dovranno riconoscersi e riscoprirsi.
Penso che ogni possibile relazione che possiamo stabilirsi nella vita, inevitabilmente, e involontariamente, fa appello direttamente al legame abbiamo avuto con i nostri genitori. Ogni legame suscita ferite, bisogni, assenze già vissute infanzia. Ecco perché fa male, perché già fa male, perché ora è come grattando la piccola cicatrice, quindi può sanguinare di nuovo
Sol Berruezo Pichon-Rivière

Nuestros días más felices aveva tutte le carte in regola per risultare un film piacevole e d’interesse, considerando le tematiche mostrate, la bravura degli attori e l’originale incipit drammaturgico, ma il tutto si perde entro una storia mal strutturata dal punto di vista ritmico, anche a causa di una fotografia e di una regia fin troppo morbide e che non possiedono, a tratti, la giusta grinta per sprigionare visivamente la potenza drammaturgico della storia, anche a causa di una sceneggiatura che appare fin troppo piatta nel suo procedere. I problemi principali appaiono nei personaggi e nel finale dove noi spettatori non proviamo delle vere emozioni ma assistiamo a tutti gli eventi in maniera impassibile e un film che tratta di morte e relazioni familiari doveva donare una maggior empatia verso quei personaggi a cui difficilmente riusciamo pienamente ad appassionarsi al loro vissuto, sentendo i loro traumi.
In conclusione Nuestros días más felices risulta come una pellicola autoriale di difficile comprensione ma impregnata di simbolismi e senso, il tutto però ricade entro un ritmo totalmente sbagliato e da una regia insoddisfacente che non riesce a dare potenza alla narrazione.
Note positive
- Le tematiche
- L’incipit originale
- Gli attori
Note negative
- Regia
- Sceneggiatura, che pecca di ritmo