Nuevo Orden (2020): l’apocalittico Messico di Michel Franco

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Trailer italiano di Nuevo Orden

Sesto lungometraggio del regista messicano Michel Franco, presentato in anteprima il 10 settembre 2020 in concorso alla 77° Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, dove si è aggiudicato il “Leone d’argento – Gran Premio della Giuria”. Nuevo Orden è un thriller fantapolitico cinico e spietato con la drammatica previsione di un panorama apocalittico.

Trama di Nuevo Orden

Un giorno di festa, di giubilo per un matrimonio dell’alta società che vede l’unione dei giovani e ricchi Marianne e Daniel, intenti a festeggiare il loro giorno insieme a familiari, amici, giudici, avvocati ed esponenti politici.

Lo spettatore tuttavia è ancora scosso dai primissimi istanti della pellicola: immagini disarmanti di cadaveri ammassati, crude e morbose, che non lasciano presagire nulla di gioioso per i festeggiamenti. Questi ultimi verranno infatti bruscamente interrotti da un gruppo di rivoltosi armati e violenti che, oltre a seminare morte e distruzione nella villa, location della festa, inizieranno a prendere in ostaggio i partecipanti.

Da lì il via ad un’escalation di sequenze a dir poco sensibili, con brutali violenze psicofisiche esercitate nei confronti di chi, prima di questi attimi, si sentiva al sicuro nella sua confortevole sfera di cristallo, compresa la protagonista, la premurosa ed innocente Marianne la cui unica colpa risulterebbe quella di essere nata in una famiglia facoltosa.

I rivoltosi non si sono infatti limitati al perimetro della villa, ma hanno istituito a tutti gli effetti una dittatura militare nel paese, seminando caos e disperazione. Quest’ultima travolgerà totalmente il personaggio di Daniel, volenteroso nel riportare a casa sana e salva la sua amata Marianne ma impotente davanti alle regole del “gioco dei riscatti” del Nuovo Ordine.

Recensione di Nuevo Orden

Nuovo Ordine: i poveri si sono stancati dei continui soprusi da parte dei ricchi potenti e facoltosi, e hanno deciso di alzare la testa e dire “Basta!”. Il colore verde perde la sua peculiare analogia con la speranza.

Michel Franco affronta con furbizia e intelligenza il tema della rivolta sociale mantenendo una visione oggettiva senza, apparentemente, prendere posizione e lasciando allo spettatore il tiraggio dei giusti fili per poter rispondere a cruciali interrogativi: “quando una rivoluzione armata può definirsi giusta e, alla fine, ne vale davvero la pena?”.

L’astuzia del regista messicano sta proprio nell’uso che egli fa della “distopia” nella sua narrazione dall’affascinante tinta documentaristica. Distopia che infatti non si accompagna necessariamente ad una messa in scena prettamente fantascientifica, in quanto lo spettatore si ritroverà catapultato in un’effettiva Città del Messico (luogo di nascita del regista, tanto per incrementare l’intimità del suo messaggio), ma semplicemente scollegata da una precisa collocazione temporale, se non per le moderne ricostruzioni sceniche e i comportamenti dei personaggi.
Un tempo che, come ovviamente inteso dal regista, potrebbe essere fatalmente incombente sulla nostra quotidianità come monito per lo stesso spettatore.

Si ritorna dunque all’uso intelligente della “finta distopia”, fortemente e drammaticamente ancorata al reale, proiettando immagini che potrebbero verosimilmente provenire da qualche reportage giornalistico in giro per il mondo.
La ribellione armata descritta non è tanto una risposta prettamente politica (la ricerca di un cambiamento, la richiesta di determinate leggi o la difesa di determinati diritti), ma semplicemente un punto di rottura dato dall’estrema disuguaglianza economica e sociale, principalmente causata da un radicato razzismo e dalla dilagante corruzione, che rendono la ribellione più pericolosa e imprevedibile.

Sì, perché individuare il tiranno, gli esponenti di un dato movimento politico o un nemico estero, non risulterebbe poi molto complicato. Ma se invece la questione è quella economica, occorrerebbe tracciare la soglia di ricchezza corretta che separerebbe in questo scenario i cacciatori dalle prede

Alla fine, dopo svariate sequenze che spezzano il fiato, le cose sembrerebbero tornare nel verso giusto, ma è proprio in quel momento che Franco assesta il colpo di grazia: un finale cinico e pessimistico, senza speranza alcuna. Qualunque sia la modalità, prima o poi la Rivoluzione dovrà pur finire e il risultato sarà quello di aver lasciato una scia di cadaveri lungo la strada. Usciti dalla sala, la sensazione principale non è sicuramente tranquillità o serenità, piuttosto si insinua la consapevolezza che il “tappo” possa saltare da un momento all’altro.

Tuttavia, l’opera non è (esclusivamente) un trattato politico, ma un ottimo prodotto cinematografico, e come tale non si può non spendere due parole sul lato tecnico e registico. Il lavoro di maestria svolto dietro la macchina da presa permette di offrire una fotografia intrigante e ben assestata, con intensi piani sequenza volti a mettere ordine al caos sulla scena e con azzeccati movimenti che permettono d’incrementare la tensione (praticamente onnipresente) e di catturare la disperazione nei volti dei personaggi.
Nel cast è infatti difficile lodare qualcuno in particolare: ogni presenza viene ben interpretata risultando perfettamente consona al narrato, pur non spiccando volti particolarmente in vista nel panorama internazionale.

Un altro elemento che colpisce particolarmente l’attenzione, è la totale assenza di una colonna sonora (se non per la sola musica diegetica presente alla festa). Il sonoro presente è infatti quello dei colpi di pistola, delle percosse e delle urla; la musica “evasiva” volta a sdrammatizzare o accentuare il contenuto non è ben accetta, lasciando alle immagini di mostrare in totale autonomia ciò che deve essere mostrato.

Considerazioni Finali

Il regista messicano spinge vivamente alla riflessione su temi significativi quali la lotta al razzismo e alla povertà, la denuncia alla politica corrotta, il solidale aiuto verso i più bisognosi (non per paura di possibili ritorsioni, ma per puro senso di giustizia sociale) e lo fa utilizzando lo strumento della distopia misto a un intrattenimento “action” che si muove sulle corde del thriller.

Un film che, è doveroso sottolineare, avrebbe meritato sicuramente una maggior visibilità e popolarità, non solo dopo il successo riscosso a Venezia, ma anche e soprattutto per i temi sociopolitici che affronta.

Note Positive

  • Importanza dei temi trattati
  • Perizia tecnica degna di spessore
  • Il montaggio sfrutta a dovere i tempi narrativi
  • Gestione del mix di generi (thriller, action, dramma riflessivo hanno il giusto spazio)

Note Negative

  • Gli spettatori più sensibili potrebbero respingere alcune scene crude di violenza
  • Non sono presenti nomi altisonanti nel cast
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