In occasione dell’uscita del suo ultimo film nelle sale italiane, a partire dal 24 marzo 2022 (distribuzione Europictures), Jacques Audiard presenta in una conferenza stampa il film “Parigi 13arr“. Tratto da tre graphic novel scritte dall’americano Adrian Tamine, il film racconta le vite di tre personaggi, un uomo e due donne, sullo sfondo del tredicesimo arrondissement di Parigi. Il film è stato presentato in concorso all’ultima edizione del Festival di Cannes, ed ha ricevuto cinque candidature ai premi César e tre ai premi Lumiére. Nella conferenza stampa Audiard ha presentato il film e il suo intento di raccontare una storia d’amore moderna, oltre alle sue fonti di ispirazione e alla scelta di girare il film in bianco e nero.

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Parigi, 13arr: intervista a Jacques Audiard
Il suo ultimo lavoro era un western girato con attori americani e ora ambienta e gira il suo nuovo film in Francia, cosa l’ha spinta a questa scelta?
Avevo voglia di scrivere una storia d’amore e di ambientarla nel tredicesimo arrondissement. Io ho girato tanto a Parigi e conosco bene la mia città e i suoi limiti. So che non è molto grande, che è museale, che è romantica, che è una città storica e io non volevo mostrarla così, avevo voglia di stare a Parigi come se fossi altrove. Per questo la scelta del tredicesimo arrondissement e quella di girare in bianco e nero.
Come mai questa Parigi così americana e moderna? Ha forse a che fare con la modernità e i tempi in cui viviamo, caratterizzati dall’uso dei social e delle app?
Sì, questo per me faceva parte del progetto. Si parla di “spostamento e globalizzazione” in un certo senso, ripresa anche dall’uso delle varie app. Volevo anche evidenziare e normalizzare questo aspetto interetnico, per cui il fatto che una giovane cinese potesse stare con un franco africano doveva sembrare assolutamente normale. Forse questo, in realtà, è un po’ troppo moderno per la società francese, ma volevo fosse una cosa scontata.
E’ una casualità che in questo momento molti registi come Branagh per “Belfast”, oppure il film con Joaquin Phoenix “C’mon C’mon”, oppure recentemente il film di Netflix “Malcom e Marie” utilizzino il bianco e nero? Prima era usato sporadicamente mentre adesso alcuni autori sentono l’esigenza di utilizzarlo.
In effetti penso che il bianco e nero sia una sorta di fantasia per ogni regista e credo anche che “lotti” in qualche modo contro la televisione. Bisogna sapere, inoltre, che in Francia se si decide di girare in bianco e nero si riceveranno meno sovvenzioni. Io poi ho fatto questa scelta per mostrare Parigi in un altro modo: ormai il bianco e nero è considerato uno standard del passato, e immagino che il “Belfast” di Branagh racconti una storia del passato. Io invece lo considero uno standard dell’era moderna e se lo applico a Parigi è un modo di mostrare una città moderna, come se non fosse Parigi, questa città troppo romantica e museale. Se poi lo applico al 13 arrondissement, riprendendolo di notte, potrei avere la sensazione, ad esempio, di essere in una metropoli asiatica.

I protagonisti del suo film sono tutti giovani. E’ il sesso, più che l’ideologia, la chiave di quest’epoca per i giovani secondo lei?
Io non ho la pretesa di parlare al posto dei giovani, non appartengo a questa categoria da un bel pezzo.
Avevo da tempo voglia di scrivere una storia d’amore, e avevo un film di riferimento che è “Ma nuit chez Maud” (“La mia notte con Maud”) di Rohmer. Nel mio film è come se facessi un nuovo inventario sul discorso amoroso. Oggi, che siamo nell’epoca delle app di incontri, esiste ancora un discorso amoroso? Io credo di si, ma in quali modi si manifesta? In “Ma nuit chez Maud” vi erano un uomo e una donna che parlavano per tutta una notte di qualsiasi cosa: di filosofia, di matematica, della neve che cade, della bellezza delle giovani ragazze cattoliche, e quando vanno in camera per fare l’amore non fanno più l’amore. E’ come se il loro discorso avesse già riempito tutta questa carica erotica. Oggi il principio si è invertito, nel senso che si va a letto con le persone fin dalla prima sera e poi, se ne segue una seconda, come procede? E che forma prenderà quel discorso amoroso? Era questo che mi interessava.
Del suo film ha colpito, al di là della presenza di varie scene di sesso, la presenza di sesso prevalentemente eterosessuale. Ha pensato a questo aspetto? In Italia inoltre il film uscirà con il divieto ai minori di 14 anni, qual’è il suo parere sulla censura?
E’ un peccato che venga vietato ai minori di 14 anni.
Per tornare alla questione dell’amore eterosessuale, il paradosso del film sta nel fatto che la relazione più intima e forse più sincera si svolge fra due donne attraverso lo schermo di un computer: per me questo era fondamentale. All’inizio del film ci sono tre personaggi, un ragazzo e due donne, e questi personaggi non sanno chi sono davvero: Emilie pensa di essere una piccola punk dell’amore, Camille si crede un dandy libertino e Nora si sbaglia su ciò che lei è. Il film dirà loro quello che sono realmente. C’è un unico personaggio che non si sbaglia su quello che è, ed è proprio Amber Sweet, lei sa cos’è dal punto di vista amoroso e intellettuale.
Lei dice che i personaggi si sbagliano su ciò che sono. Si può dire che i personaggi recitano in qualche modo?
Volevo dei personaggi sicuri di sé, che parlassero molto, e che pensassero di essere molto intelligenti. Mi sono divertito molto a scrivere i personaggi di Camille ed Emilie. Sono un pò tracotanti e a volte verrebbe da prenderli un pò a schiaffi, ma la realtà di tutto questo è che sono immaturi e che, sostanzialmente, sono ancora degli adolescenti.
Penso che per loro parlare sia fondamentale e che il silenzio sia l’inizio della morte, per cui parlano tantissimo e, a volte, dicono delle grandi sciocchezze. Io appartengo un po’ alla vecchia scuola e per me non c’è nulla di più seducente del discorso e della parola; credo inoltre che l’intelligenza e il fascino passino tantissimo attraverso la parola.
Che differenza c’è fra l’adattamento di una graphic novel rispetto a quello di un romanzo? Perché la graphic novel ha già una componente visiva, se vogliamo ogni fumetto è un inquadratura.
Non ho incontrato difficoltà diverse rispetto all’adattamento di un romanzo. C’è una cosa di cui mi sono accorto abbastanza tardi, ovvero che una delle ultime graphic novel di Adrian Tomine era in bianco e nero, quindi forse questo mi ha influenzato nel girare il film in questo modo. Però quando si fa l’adattamento di un opera americana o anglosassone, si pone il problema dell’esotismo, che diventa un’attrattiva dell’opera. Io sono francese e quindi sono molto sensibile all’esotismo di questo romanzo, che so venire da altrove, e credo che sia stato questo il filo portante dell’adattamento e sia collegato alla volontà di mostrare Parigi come fosse una città straniera, americana o asiatica. Credo anche che l’aspetto un pò interetnico del film faccia parte anch’esso di questo adattamento; il grande contributo di Tomine è stato propormi personaggi a cui io non avrei mai pensato, come la giovane asiatica o la cam girl.

C’è stata una scena o una sequenza difficile da girare?
Le scene d’amore e di sesso sono sempre difficili da girare. Sono un po ‘ come le scene di violenza, perché si sa che non sono reali. Una scena di sesso al cinema, se mostrasse veramente l’atto sessuale, diventerebbe cinema pornografico. Quindi io ho scelto di far lavorare gli attori con un coreografo e un coach, ognuno di loro singolarmente. Una volta arrivati sul set sono stati loro a fare tutto in realtà, io semplicemente decidevo le varie inquadrature, ma l’atto e i gesti sono stati decisi da loro. Un’altra cosa piuttosto importante da capire, e difficile da spiegare agli attori, era il fatto che queste scene sono una parte integrante dell’evoluzione del loro personaggio, non è la parte “sesso” del film, ma è un momento nella creazione del loro personaggio.
Per concludere le chiederei se sta già lavorando al suo prossimo film. In che direzione andrà?
Sarà una commedia musicale che girerò in Messico.