Rumore bianco (2022): l’epopea catastrofica di Noah Baumbach apre Venezia 79

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Trailer di Rumore Bianco

Dopo Storia di un matrimonio, Noah Baumbach inaugura la 79° edizione della Mostra del Cinema di Venezia con White Noise, film tratto dall’omonimo bestseller di Don DeLillo del 1985. Questa è la prima volta che Baumbach scrive e dirige un adattamento, dopo aver scritto insieme a Wes Anderson la sceneggiatura di Fantastic Mr. Fox. Nel cast ritroviamo Adam Driver, al suo terzo film con il regista, e Greta Gerwig, attualmente impegnata con Baumbach alla lavorazione di Barbie, atteso film con Margot Robbie e Ryan Gosling. Dopo la presentazione al Festival di Venezia, il film arriverà nei cinema il prossimo 25 novembre, per essere poi disponibile su Netflix dal 30 dicembre.

Trama di Rumore bianco

White Noise racconta i tentativi di una famiglia americana contemporanea di affrontare i conflitti della vita quotidiana, confrontandosi con i misteri universali dell’amore, della morte e con la possibilità di essere felici in un mondo incerto. Alla conferenza stampa di presentazione del film, il regista ha chiarito il profondo legame con la cultura americana alla base della storia.

Ero un bambino negli anni ’80, è stato un periodo molto formativo per me. I film che ho visto poi mi hanno informato e mi hanno portato a voler fare quello che faccio. Quindi l’ho vista anche come una storia sul cinema americano. A causa degli elementi di genere e dei cambiamenti tonali a mia disposizione, potevo usare questo linguaggio a mio favore.

Noah Baumbach su White Noise
White Noise Recensione
Conferenza stampa di White Noise (credit: La Biennale di Venezia. Foto ASAC)

Recensione di Rumore bianco

La Mostra del cinema di Venezia festeggia 90 anni e sceglie come film d’apertura una riflessione attuale e destabilizzante della nostra realtà, che definirà nel bene o nel male l’intera rassegna. Il dramma della pandemia ha decisamente condizionato il cinema che verrà, sempre più legato al reale e poco all’immaginazione. In questo scenario, Noah Baumbach sembra trovare una sua dimensione, lontanissima da quella intimista di Marriage Story. L’autore, almeno a prima vista, rappresenta una scelta inusuale per adattare la prosa distopica di DeLillo, discostandosi dalle sue origini indipendenti e dai dialoghi realistici per abbracciare un progetto più ambizioso, sia in termini registici che produttivi. White Noise in un certo senso propone quel ritratto tipico della famiglia americana, ma lo fa con un nichilismo spietato ben lontano dalla sicurezza borghese a cui il regista ci ha abituato.

L’unico elemento di familiarità lo ritroviamo nella dimensione domestica, definita dal ritmo delle conversazioni che si mescolano e confondono senza mai un attimo di quiete. Il nucleo è composto da Jack, professore universitario esperto dell’epoca nazista, Babette e i quattro figli, alcuni avuti da precedenti relazioni. Il fascino risiede proprio nel modo in cui i personaggi parlano costantemente tra loro, ognuno apparentemente immerso nelle proprie ossessioni. Inizialmente, l’elemento che si insinua nelle loro conversazioni è l’angoscia della morte, con una cornice al collasso che amplifica il senso di pericolo e paranoia. La bolla in cui vive la famiglia è infatti destinata a scoppiare. Come in una storia americana di inizi anni ’80 (diversi i richiami a Incontri ravvicinati del terzo tipo), la minaccia viene dall’alto. L’incidente di un treno merci ha rilasciato sostanze chimiche condensate in una nuvola alla deriva sopra la città. Insieme a tutti gli altri nella zona, la famiglia fa i bagagli e parte diretta verso un rifugio per nascondersi dalla nube tossica. 

White Noise Recensione
Fotogramma di Rumore bianco

Soggettivismo metafisico e paura della morte

Sul film proprio come la nube, incombe una grande metafora sulla paura ancestrale della morte, trattata inizialmente come fobia, diventa condizione esistenziale nel momento in cui viene percepita come un evento intrinsecamente legato alla vita. Tutti sembrano insensibili alla minaccia, così tra commedia dell’assurdo, epopea catastrofica, satira e dramma familiare indaghiamo quell’angoscia a cui non c’è un rimedio universale. Lo dimostra benissimo l’arco narrativo di Babette, che in stile cronenberghiano si trascina in una dipendenza fine a sé stessa. Distrutta la quiete consumistica della famiglia, in un contesto di post-pandemia, la metafora della morte diventa sempre più assordante. Fino ad allora è un pensiero che sfiora il protagonista e i suoi amici, annunci di cronaca lasciati in sottofondo. Ma non appena la possibilità della morte si fa reale, Jack va in tilt, tra panico e curiosità morbosa. Questo dimostra che oltre ogni rumore, prodotto dal flusso costante d’informazioni e consumismo, persiste nell’essere umano il desiderio di porsi al di fuori della realtà oggettiva. Esploriamo così la dimensione collettiva, tra realtà esterna e stati interni alla coscienza.

White Noise Recensione
White Noise (2022) Netflix

In conclusione

Baumbach per fortuna non si pone al di sopra di queste riflessioni, anzi traspare il desiderio di raccontare lo stato attuale delle cose, delineando il crescente senso di terrore del contemporaneo. La narrazione pecca di troppi cambi tonali e prosegue a volte confusionaria fino a raggiungere la scena finale che è forse la migliore del film. Il supermercato, in una parabola quasi religiosa, diventa teatro dell’assurdo e lascia trasparire la sensazione autentica di perdizione che attraversa la società odierna. Le interpretazioni sono adatte ma non straordinarie. Driver funziona nei panni del professore di studi hitleriani che tuttavia non conosce il tedesco e Gervig ruba la scena con i suoi ricci fuori controllo e lo sguardo vitreo. Nichilismo e morte finiscono col diventare membri della stessa famiglia, figli acquisiti dell’era tardo capitalista, personaggi impercettibili con i quali imparare a convivere. Ed è proprio alla base di questo che White Noise riesce a catturare, anche solo per un breve istante, la follia del presente.

Note positive

  • Regia ambiziosa
  • Tema e attualità della storia
  • Dipartimenti tecnici di livello

Note negative

  • Tempi narrativi non sempre fluidi
  • Elementi di genere confusionari e troppi cambiamenti tonali
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