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Sulla mia pelle
Titolo originale: Sulla mia pelle
Anno: 2018
Paese: Italia
Genere: Biografico
Produzione: Cinemaundici, Lucky Red
Distribuzione: Lucky Red, Netflix
Durata: 100 min
Regia: Alessio Cremonini
Sceneggiatura: Alessio Cremonini, Lisa Nur Sultan
Fotografia: Matteo Cocco, Michele D’Attanasio
Montaggio: Chiara Vullo
Musiche: Mokadelic
Attori: Alessandro Borghi, Jasmine Trinca, Max Tortora, Milvia Marigliano
I tempi d’oggi, nella nostra cara Italia, sono duri e difficili e l’essere umano, raramente, riesce a intravedere dietro ad una nube di profonda tristezza e squallore uno spiraglio di luce, che riesce a penetrare nella nostra quotidianità ponendoci un bacio d’amore, che sussurri alla nostra anima ”Puoi farcela”. Onestamente viviamo in una società in cui nessuno porge più una mano d’aiuto al proprio vicino in difficoltà ma il resto del mondo mostra solo il suo aspetto più negativo: la crudeltà e la pura indifferenza.
Non possiamo non notare che nel 2018, entro un panorama cinematografico nostrano avvolto da commediole più o meno insulse, il cinema autoriale ha messo sotto i riflettori storie di incredibili disperazioni, che danno un colpo allo stomaco al proprio pubblico. Sto parlando del Trio “Vite Spezzate“: Dogman ( Matteo Garrone), La Terra dell’Abbastanza (Fratelli D’Innocenzo), Sulla mia pelle ( Cremonini), due dei quali ispirati a eventi reali, che mostrano personaggi che senza effettive colpe, per scelte più o meno obbligate, si trovano a confrontarsi con ingiustizie e mondi a cui loro non appartengono e che li tengono legati alla paura: nessuno li aiuta, nessuno gli sta accanto, solo il male è il loro compagno di giochi. Queste sono le tre testimonianze del 2018 sulla cruda realtà del nostro beneamato paese fatto di corruzione, illegalità, delitti e di vite spezzate.
Sulla Mia Pelle è l’ultima opera uscita, in ordine cronologico, di questa coincidenza italiana. La pellicola di Cremonini è stata presentata come film d’apertura nella sezioni Orizzonti alla 75essima edizione della Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia. Un film sofferente, che ti costringe a stare accanto allo suo protagonista dannato senza poter fiatare.
Trama di Sulla mia pelle
Riviviamo gli ultimi sette giorni di vita del “detenuto” Stefano Cucchi, geometra romano, dal giorno in cui è stato arrestato fino al suo decesso. La storia si ispira a fatti di cronaca avvenuti nel 2009 basati sull’ingiustizia e la crudele morte che la polizia e gli eventuali infermieri carcerari hanno voluto infliggere al detenuto Cucchi, violentemente pestato a morte dalla polizia il giorno dell’arresto per possesso di 21 grammi di hashish e accusato di spaccio.
Recensione di Sulla mia pelle
– “Buongiorno, sono Cucchi Stefano, nato a Roma il primo ottobre 1978”.
Sulla mia pelle
– “Si?”
– “Ehm si. Mi scusi, non riesco a parlà tanto bene.”
Assistiamo impotenti alla sofferenza di un essere umano, incapace di reagire perché privato di ogni forza e di ogni diritto umano. Non possiamo alzare un dito davanti all’ingiustizia che Cucchi sta vivendo e non troviamo un briciolo di speranza per tutti i cento minuti di film. Il regista ci fa vivere perfettamente l’esperienza vissuta da Stefano Cucchi, bloccato dalla paura di essere nuovamente malmenato, dai suoi familiari a cui non verrà mai dato il permesso di vedere il loro figlio con varie scuse inventate lì al momento, gli stessi infermieri, dottori e guardie carcerarie non muovono un dito verso il giovane morente ma gli danno solo una cura irrisoria e priva di senso.
Tutti i personaggi del film sono in stand-bye aspettano con le loro paure e ansie e nessuno è realmente artefice del destino a cui andrà incontro. Tutto è già stato deciso per loro e il finale è già inevitabile. Non è un caso che la prima scena del film mostra la morte di Cucchi, solo in una stanza fredda senza nessuno che gli stia accanto. Il regista vuole farci provare l’impotenza di poter contare qualcosa nella nostra vita, vuole farci assistere senza poter fare niente agli ultimi giorni di vita di un uomo a cui nessuna pietà e nessuna gentilezza è donata, a cui nemmeno il diritto di difendersi da un proprio avvocato è permesso.
Nella prima parte di “Sulla mia pelle” abbiamo un alternanza di inquadrature strette e larghe con macchina a mano alternate a quelle fisse. Conosciamo il personaggio, spacciatore romano oltre che geometra, impariamo a empatizzare con lui e conosciamo la sua famiglia. Il personaggio viene presentato senza veli e senza renderlo un santo ma per quello che realmente era: un ragazzo che ha sbagliato nella vita.
Con il procedere del film siamo sempre maggiormente incollati al protagonista con la macchina da presa con lunghi carrelli a macchina a mano lungo le sue camminate entro i corridoi del carceri e delle caserme di polizia. Contrariamente quando si trova allettato e dentro le celle troviamo una macchina da presa fissa con una scenografia scarna e cupa segno del devasto dentro l’anima che il detenuto sta provando. Più il suo dolore sale più noi siamo dentro di lui e con lui. Una persona può anche sbagliare ma per possesso di droga tutto quello che ha subito è fin troppo esagerato, venendo trattato come un efferato serial killer se non addirittura peggio.
Giusta scelta è stata quella di non aver mostrato l’aggressione subita dal giovane, magistralmente interpretato da Alessandro Borghi, sia perché non sappiamo come siano andate esattamente le cose tra lui e i poliziotti e soprattutto perché non si vuole parlare di un aggressione fisica soltanto, ma la discesa nel buio di un uomo che per motivi assurdi ha perso la sua umanità trasformandosi in un oggetto, un essere senza valore. Varie e varie volte gli sentiamo chiedere il diritto di vedere il proprio avvocato, tutte le volte negatogli o peggio senza ricevere risposta.
La famiglia, allo stesso modo, non riceve nessuna informazione sullo stato di salute di Cucchi è darle non è solo un dovere ma prima di tutto buon senso e bontà d’animo verso persone che soffrono.
L’opera pone l’accento su un uomo che per un errore è stato distrutto fisicamente, psicologicamente e poi privato di tutti quei doveri che lo definiscono essere umano. Il tutto mostrato con pochezza di dialoghi, con scene e sequenze di estrema sofferenza in cui il pubblico, se possiede un cuore, non può che non provare disturbo e pena verso quell’uomo mandato al macello.
Note positive
- La prova attoriale di Borghi è da premiare
- Il coraggio di aver parlato di questa storia mostrandola sotto l’aspetto dei diritti umani
- La scelta registica
- Emoziona
Note negative
- Alcune battute dette nella prima parte come il saluto con la madre prima di essere arrestato sanno un po troppo di ultimo saluto benché sia emozionante