The Blessed (2017): una giornata tipo nella città bianca?

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The Blessed

Titolo originale: Les Bienheureux

Anno: 2017

Nazione: Algeria, Belgio, Francia

Genere: Drammatico

Casa di produzione: Liaison Cinematograhique, Artemis Productions, Shelter Prod

Distribuzione italiana: MyMovies One

Durata: 1 ora e 42 minuti

Regia: Sofia Djama

Sceneggiatura: Sofia Djama

Fotografia: Pierre Aïm

Montaggio: Sophie Brunet

Musiche:

Attori: Sami Bouajila, Nadia Kaci, Adam Bessa, Amine Lansari, Lyna Khoudri, Faouzi Bensaïdi, Hadjar Benmansour, Salima Abada, Abdelkader Affak, Mohamed Ali Allalou

Trailer del film “The Blessed” (2017)

Sofia Djama – Classe 1979, regista e attivista algerina, ha esordito nel 2012 con il corto pluripremiato Softly One Saturday Morning, seguito nel 2017 dal lungometraggio The Blessed. Il film segue le vite di alcuni personaggi ad Algeri dopo la guerra civile. Per questo film ha ricevuto due premi alla Mostra del Cinema di Venezia. Il primo, il Brian Award, viene assegnato a un film che difende i valori dei diritti umani, della democrazia, della diversità e della libertà di pensiero, senza distinzione di genere od orientamento sessuale; il secondo, il Premio Lina Mangiacapre, viene assegnato a un film che cambia la rappresentazione e l’immagine delle donne nel cinema.

Trama di ‘The Blessed’ (2017)

Algeri, 2008, qualche anno dopo la guerra civile. L’Algeria sta ancora piangendo i suoi morti

Il film segue un disparato gruppo di personaggi, durante una sola giornata, in una città non ancora ripresasi da un conflitto interno.

Recensione di ‘The Blessed’ (2017)

La narrazione (non la si può chiamare trama) immerge lo spettatore in una singola “giornata tipo” nella capitale dell’Algeria, Algeri, poco dopo la fine ufficiale di una guerra civile. Algeri è detta “la città bianca” per via degli accecanti edifici calcarei francesi dai quali, di giorno, è impossibile sfuggire. Ma quando cala la notte, è tutt’altra storia. C’è una coppia sposata che cerca di festeggiare l’anniversario, senza troppi conflitti. C’è il loro figlio (svogliato?) Che gironzola di qua di là senza un apparente scopo. C’è l’amico che vuole a tutti i costi tatuarsi un passaggio del Corano sul corpo. E una ragazza “ribelle” (secondo gli standard che la circondano) con una cicatrice sul collo, che occasionalmente bada a un padre depresso che richiude le tende ogni qualvolta lei cerchi di aprirle, impedendo alla luce della città bianca di entrare in casa.

La pellicola ha una chiara impronta neorealista, con una regia semplice, ma non per questo poco curata. Poche cose accadono nel film, con una sceneggiatura che invece ci avvolge nel “Nulla Quotidiano”. Il ritmo narrativo è rilassante, mai noioso, ma che anzi crea un raffinato senso di suspense che cresce col passare del tempo, via via che la luce del giorno scompare, immergendoci nel nero della notte in cui le spaccature che ancora affliggono la città divengono più evidenti.

“Tu mi annoi”.

“Ti annoio?”

“Sì, ma mi piace come mi annoi”.

“Anche a me piace annoiarmi con te”.

dialogo tratto dal film

Mentre solitamente più c’è luce più le cose si vedono chiaramente, qui più il buio cala e più il divario nel paese si vede, si sente, si percepisce e la tensione fra i personaggi sale. Fra fuggevoli menzioni di scioperi, attacchi terroristici, gente con la gola mozzata, e crescenti tensioni domestiche, si fa più forte il rischio che, in tutta questa quotidianità, possa accadere qualcosa. Non necessariamente qualcosa di brutto; semplicemente qualcosa. Accadrà? Questo è quello devono scoprire gli spettatori, seguendo il film fino quando la luce tornerà, il mattino successivo, ammesso che tutti i nostri eroi riescano ad arrivarci. Il tutto è accompagnato da un sottilissimo velo di benaccolto umorismo che non soltanto alleggerisce un’esperienza altrimenti pesante da digerire, ma permette inoltre di affezionarsi ai protagonisti.

Fotogramma di The Blessed
Fotogramma di The Blessed

I legami fra i personaggi non sono immediatamente chiari, rischiando forse di confondere alcuni spettatori, ma è tutta parte dalla raffinata narrativa che tiene per la gola l’attenzione degli spettatori, in cui niente di ciò che accade (o non accade) si può dare per scontato. I dialoghi alternano fra il francese e l’arabo; un bilinguismo che è sia elemento di fascino del luogo nonché simbolo della sua spaccatura culturale.

Conclusione

Un pubblico senza un’infarinatura del contesto storico-culturale in cui il film lo trasporta potrebbe inizialmente trovarsi spiazzato, poiché gli vengono forniti pochi dettagli di contesto. Ma non ne servono altri per farsi coinvolgere. I pochi elementi offerti allo spettatore poco preparato sono più che sufficienti a scaraventarlo lentamente ma inesorabilmente in una storia sempre più intrigante, ricca di tematiche sorprendentemente attuali, indifferentemente dal luogo in cui si è, tra cui: il divario fra chi sceglie di restare a ricostruire ciò che stato distrutto e chi invece se ne va da ciò che non può più essere aggiustato.

L’unica pecca…

…è che in tutto questo tempo Sofia Djama non ci abbia potuto presentare un altro film oltre a questo. Forse, proprio come per questo suo primo film, è solo questione di pazientare un po’.

Note positive:

  • Narrazione raffinata e sempre più coinvolgente con lo scorrere del film
  • Solido collettivo di personaggi protagonisti
  • Tematiche impegnate e ancora attuali

Note negative:

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