The Frankestein Chronicles 2: La recensione della seconda stagione

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The Frankenstein Chronicles (2015)

The Frankestein Chronicles 2

Anno: 2017

Paese: Regno Unito

Lingua: Inglese

Genere: poliziesco

Casa di Produzione: ITV Encore

Ideata: Benjamin Ross, Barry Langford

Stagione: 2

Episodio: 6

Attori: Sean Bean, Tom Ward, Richie Campbell, Vanessa Kirby, Ed Stoppard​

Trailer di The Frankestein Chronicles

The Frankestein Chronicles è una serie tv britannica pubblicata in due stagioni, nel 2015 e nel 2017 sulla piattaforma streaming Netflix, uscite in Italia entrambe nel 2018. Come preannuncia il titolo, si tratta di una libera ispirazione del classico romanzo gotico di Mary Shelley, Frankestein, o il moderno Prometeo (1818).

Dal primo istante si viene immersi tra i sobborghi di una Londra di primo Ottocento, quando l’investigatore John Marlott, interpretato dall’inglese Sean Bean, inizia a indagare sul ritrovamento di strani cadaveri che riaffiorano dalle acque del Tamigi. Si va alla ricerca di un serial killer chiamato The Monster, identificato, dagli abitanti e dalla polizia stessa, come un macellaio che assembla magistralmente parti di corpi diversi, giungendo a un perfetto intero.

Vanessa Kirby The Frankestein Chronicles
Vanessa Kirby in The Frankenstein Chronicles (2015)

Trama di The Frankestein Chronicles 2

La seconda stagione si apre con il nostro protagonista rinchiuso all’interno di un manicomio. L’investigatore non riesce a comprendere da quanto tempo sia lì (sono passati tre anni) né dove si trovi realmente. Poco a poco Marlott riesce a recuperare la memoria e a fuggire da quel luogo.

Sean Bean serie tv The Frankestein Chronicles 2
Sean Bean in The Frankenstein Chronicles 2

Recensione di The Frankestein Chronicles 2

Già da queste prime immagini si inizia ad intendere l’aria noir che caratterizzerà l’intera produzione. Bisogna premettere che la fortuna e l’unicità del romanzo di Mary Shelley hanno fatto sì che la speculazione attorno al Dottor Victor Frankestein e al suo mostro non si esaurisse facilmente, tanto che la storia ha avuto vari rifacimenti narrativi, specialmente nel cinema in cui rintracciamo già i primi lungometraggi sulla “Creatura di Frankestein già nel 1910 per gli Edison Studios. Da grande amante del libro, non avevo mai avuto il piacere di assaporare un arrangiamento che catturasse la mia attenzione, intento in cui, con grande stupore, è riuscito, invece, The Frankestein Chronicles.

Si trovano sullo schermo personaggi quali Mary Shelley, William Blake, di cui la poesia The little girl lost sarà centrale, soprattutto nella prima stagione; abbiamo riferimenti a Lord Byron, di cui conosceremo la figlia, la matematica Ada, in una società gestita da diversi politici britannici dell’epoca, il tutto gestito con una meticolosa attenzione per i dettagli storici.

Le ambientazioni, i costumi, ma anche i colori, sanno riportare perfettamente indietro di due secoli, mostrando le case e i vicoli londinesi, illuminati da fioche luci di candela. Si viene anche accolti nello sfarzo che, storicamente, viveva, in un contrasto avvolgente, il secolo delle grandi rivoluzioni. Vite pubbliche e private trovano un connubio che si sposa elegantemente con l’intimità distaccata che Mary Shelley riesce a tramandare con le sue pagine.

Le due stagioni di The Frankestein Chronicles si distinguono per intenzione e per tematiche. Se, infatti, nella prima stagione è centrale la chiave investigativa che ricorda, per certi versi, le dinamiche a la Conan Doyle, la seconda stagione è più focalizzata sulla letteratura da cui prende ispirazione, in particolare la figura del mostro e il rapporto che questo ha con il suo creatore.

È interessante notare come si sia cercato di portare un’ipotetica risposta di un pubblico allineato alle tendenze di Victor Frankestein, pochi anni dopo la pubblicazione del romanzo e come gli effetti di una distorta ricezione siano possibili da imputare, e così accade nel film, a Mary Shelley.

Il protagonista, John Marlott, è una figura controversa che finisce quasi per mimare, in maniera inversa, la progressiva crescita del mostro che troviamo all’interno del libro. Col passare del tempo, l’investigatore diventa, come verrà descritto da più personaggi, a lost soul, un’anima persa, aumentando, sempre più, in lui, la consapevolezza dell’incessante fluire di vita e morte. Ciò che stupisce rispetto ad altre produzioni circa la stessa storia, è proprio la non pretesa di ricrearla. Si hanno infatti vicende che riescono a mostrare la grandezza e il fascino dell’originale, escludendo però l’intenzione di mettere in scena le sue esatte dinamiche, lasciandosi ad una narrazione totalmente indipendente dal Frankestein a tutti noi noto.

Senza lasciare anticipazioni, si troverà un medico che, amico di Mary Shelley, rimane folgorato dalla potenza che l’autrice immagina esista nel corpo umano, così, aiutato, prima, dalle leggi dell’elettricità di Galvani, e poi attraverso la ricomposizione chirurgica degli organi vitali, inizia il suo tentativo di creazione della vita dalla morte, il tutto permesso dall’Anatomy Act, trattato storico che dava il via libera, a dottori e studenti, per utilizzare e dissezionare i corpi per le loro ricerche.

Sicuramente, come già scritto, dopo la delusione di tante riproduzioni cinematografiche scadenti, bisogna ammettere che le prime puntate sembrano voler accogliere lo spettatore senza fretta, arrivando successivamente nel vortice della storia che prende, tutto d’un tratto, velocità.

La serie tv consta, infatti, di due stagioni, da sei puntate ciascuna e la sensazione che si ha è quella di prendere confidenza con la storia proprio quando questa giunge al termine. Avrei sinceramente rallentato più punti, cercando di dare spazio a diversi dettagli un po’ incompiuti, a più personaggi che alternano la loro presenza tra l’essere un contorno e l’essere centrali. Per quanto riguarda l’arrivo di una terza stagione è tutto ancora in forse. Nonostante la ITV ne abbia annullato il rinnovo, la serie tv è stata acquistata da Netflix, cosa che fa ben sperare in un prossimo ritorno, totalmente possibile dato il finale di stagione, un finale aperto e poco chiaro che potrebbe rimanere tale o essere concluso in altre puntate. Sarebbe interessante avere un terzo capitolo, così come il libro di Mary Shelley propone, preservando questo sottile, seppur esplicito, rapporto con il romanzo.

Note positive:

  • Adattamento della storia ad un’opera indipendente;
  • fotografia, ho amato i colori
  • sceneggiatura, mai banale o ridicola.

Note negative:

  • Avrei scelto una narrazione più lenta, a tratti era troppo veloce. Avrei preferito vivere con più attenzioni certi dettagli o passaggi narrativi.
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