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The Shannara Chronicles
Anno: 2017
Paese di produzione: Nuova Zelanda
Genere: Fantasy, Teen drama
Produzione: Farah Films, Millar Gough Inc, Raygun One, Sonar Entertainment, MTV Production Development
Distribuzione: Spike
Ideatore: Alfred Gough, James Millar
Stagione: 2
Puntante: 10
Regia: James Marshall, Brad Turner
Attori: Austin Butler, Ivana Baquero, Poppy Drayton, Manu Bennett, Malese Jow, Vanessa Morgan
Trama di The Shannara Chronicles
Un anno dopo il sacrificio di Amberle e la scomparsa di Eretria, Wil cerca di coronare il suo sogno di diventare guaritore e di lasciarsi alle spalle quanto accaduto durante la battaglia con i demoni. Purtroppo per lui, Bandon, corrotto dall’influenza del Dagda Mor e del Signore degli Inganni, tenterà di risvegliare quest’ultimo e, per farlo, si servirà dello stesso Wil, che, nel tentativo di fermarlo dovrà appellarsi all’aiuto di Eretria e di Mareth, una ragazza dotata di misteriosi poteri magici che afferma di essere la figlia di Allanon.

Recensione di The Shannara Chronicles
(Contiene SPOILER sulla prima stagione)
Nello stendere la trama per questa recensione ho omesso decine di nomi di personaggi secondari che avevano preso parte alla storia di The Shannara Chronicles per evitare che i lettori impazzissero nel cercare di ricollegare tutti i fili di questa matassa fantasy.
Ciò che infatti si può comprendere anche solo dando uno sguardo alla trama di questa tanto disprezzata serie, è che ci si trova davanti a un prodotto fantasy puro, con tutti gli elementi tipici del genere: l’elfo, lo gnomo, la magia, la principessa, il demone cattivone, i nomi che a volerli ricordare tutti si farebbe prima a imparare a memoria l’intero ordinamento giuridico italiano (che, per inciso, non è poi così corto). La serie, del resto, è ispirata ai romanzi fantasy di Terry Brooks ed era verosimile che il prodotto televisivo avrebbe assunto le fattezze chiaramente fiabesche dell’ultraquarantenne saga di Brooks.
A ogni modo, a uccidere questo prodotto non è stata certo l’incredibile mole di nomi strani e incomprensibilmente aulici.
Il primo elemento che gioca a sfavore della serie ideata e co-scritta da Alfred Gough e James Millar è sicuramente la narrazione. I dieci episodi della prima stagione presentavano un ritmo frenetico, che introduceva lo spettatore in maniera troppo repentina e decisamente poco curata al vasto mondo delle Quattro Terre, in un turbinio di scene che non solo raccontavano gli eventi in maniera decisamente poco curata e superficiale, ma che comportavano un inevitabile crollo della qualità della caratterizzazione dei personaggi. La camera (con la regia affidata, nella gran parte dei casi, a James Marshall e Brad Turner) passava da una storia all’altra con una velocità impressionante, senza dare a chi guardava la possibilità di assimilare e conoscere le personalità dei vari personaggi, ai quali comunque non veniva dato lo spazio necessario per farsi adeguatamente conoscere. Ed è così che ci abbiamo messo tempo prima di affezionarci al tortuoso passato di Wil, alla difficile esistenza di Eretria o al fardello che Amberle, in quanto principessa, doveva portare per salvare il suo popolo.
La seconda stagione ha cambiato le carte in tavola. Ma non come ci si aspettava. Il materiale da trasporre era, ancora una volta, tanto, forse troppo, e dieci episodi da quaranta miseri minuti l’uno erano pochi per poter far fronte a una mole così impressionante di contenuto. Ciò che resta è un miscuglio ordinato (perché, va detto, alla fine ogni pezzo del puzzle viene messo al posto giusto), ma poco approfondito d’informazioni e, verosimilmente, molti spettatori (soprattutto quelli “occasionali”) saranno tentati dal lasciar perdere la serie ancor prima che questa entri nel vivo della narrazione.
Quanto alla scrittura di questo secondo atto di The Shannara Chronicles 2, Gough e Millar non si sono sforzati di cercare uno spunto di originalità che potesse differenziare il loro prodotto dai mille altri fantasy sdolcinati e senza senso. Le avventure fantasy finiscono per essere il mero pretesto per dar vita a dei veri e propri menage a trois, con i protagonisti (in maniera del tutto similare a quanto accadeva nella prima stagione) che sembrano avere più difficoltà a combattere i propri ormoni che le forze del male che rischiano letteralmente di distruggere il mondo (seppur questa imbarazzante caratteristica della serie sia stata abbondantemente arginata rispetto a una prima stagione in cui l’elemento “Uomini e Donne” prevale di gran lunga su tutto il resto) . Non c’è nulla di male nell’inserire elementi romantici in un’opera televisiva o cinematografica, ma The Shannara Chronicles sfocia nel ridicolo.
Questo, in aggiunta alla scarsa profondità che viene data alla narrazione e alla caratterizzazione, non fa che abbattere ancora di più la qualità del prodotto finale.
L’interpretazione non è da meno. Non me ne vogliano Austin Butler, Poppy Drayton e Ivana Baquero (rispettivamente Wil, Amberle ed Eretria), che sono belli, carini e quant’altro ma sembrano avere le facce settate su due o tre espressioni che si accendono con i bottoni in base alla situazione. Non da meno sono i loro colleghi che interpretano personaggi secondari.

La seconda stagione, però, presenta anche qualche notevole miglioramento.
La narrazione, con gli spiegoni abbondantemente esauriti nel corso della stagione precedente, procede a ritmi molto più sostenuti e gradevoli, i protagonisti (complice la quasi totale assenza di Amberle) sembrano meno propensi a dedicarsi unicamente ad attività legate al soddisfacimento dei propri istinti sessuali (nonostante questi rimangano comunque un elemento inspiegabilmente centrale della storia) e, seppur non risulti poi così profonda nel complesso, intrattiene e diverte sicuramente più della precedente (complice anche l’ormai acquisita familiarità con i personaggi).
Purtroppo, però, la seconda stagione ha fatto registrare ascolti da incubo che hanno portato alla cancellazione dello show.
L’assenza di fanservice tra le cause?
Un fantasy di questo tipo è inevitabilmente legato alla forte fidelizzazione che ottiene da una schiera piuttosto nutrita di spettatori che sono fan del ciclo letterario o, duole ammetterlo, sono semplicemente legati all’epopea amorosa dei vari personaggi. Seppur la seconda stagione si sia differenziata dalla prima per una maggiore attenzione alla fluidità narrativa e alla crescita dei personaggi (alle storie dei quali viene data sempre più attenzione), sembra che questa abbia abbattuto ogni prospettiva di continuo per The Shannara Chronicles.
L’assenza di Amberle per via del suo sacrificio finale nella prima stagione ha comportato la chiusura della sua relazione amorosa con il personaggio di Wil (elemento sicuramente molto apprezzato dai fan nella prima stagione) e questo probabilmente ha deluso le aspettative di molti, che probabilmente (e purtroppo, oserei aggiungere) hanno preferito accantonare la storia di Wil e compagni piuttosto che stare a vedere come si sarebbe evoluta. Questo, in aggiunta ovviamente al fatto che la prima stagione era di per se deludente sotto ogni punto di vista (motivo che spiegherebbe perché molti avrebbero deciso di non continuare con la visione del secondo gruppo di episodi), potrebbe rappresentare la causa che ha distrutto il progetto della MTV Production, interrompendo la storia nel bel mezzo del suo svolgimento.
I costumi e la CGI: il bene ed il male della messa in scena
Ciò che mi è piaciuto sin dall’inizio di questa serie, erano i costumi con cui erano realizzati i character-design di alcuni personaggi. Dagli gnomi ai nomadi, infatti, seppur si ravvisasse una certa “plasticosità” dei materiali utilizzati, la qualità dei costumi è uno dei pochi punti di forza della serie. Nulla che si avvicini a prodotti ben migliori (si pensi a “The Witcher” di Netflix), ma sicuramente un elemento in più, che arricchisce la resa visiva insieme all’ottima realizzazione degli scenari mozzafiato delle Quattro Terre (anche questi spesso realizzati manualmente con set fisici).
D’altro canto, l’uso di una CGI degna dei peggiori episodi dei Power Rangers appesantisce alcuni personaggi (si pensi agli effetti delle fiamme e delle magie) e contribuisce a macchiare uno dei pochi punti a favore della produzione neozelandese.
I combattimenti: ai Power Rangers non c’è mai fine
Ebbene si, i combattimenti ricordano proprio quelle sequenze confusionarie degne dei peggiori di film di serie Z che vedevamo da piccoli negli episodi dei Power Rangers. La situazione migliora con l’avanzare degli episodi (si nota una certa qualità nelle coreografie e nei movimenti di attori e stuntman, molto più curati e studiati), ma i primi hanno fatto già troppi danni e correre ai ripari con sequenze di migliore realizzazione non basta.
Conclusione
Per realizzare un prodotto ci vogliono dei soldi. Per realizzare un prodotto di una certa qualità ci vogliono più soldi. Con mezzi economici limitati (solo così si potrebbe spiegare l’utilizzo di effetti in computer grafica che rasentano il ridicolo e tempi narrativi inspiegabilmente stretti), The Shannara Chronicles punta a trasporre un ciclo narrativo enorme e, seppur solo ispirandovisi, finisce col riuscire solo a iniziare l’ardua impresa. Diversamente da quanto fatto dagli showrunner di Shadowhunters (serie giunta al termine un anno fa), che più hanno assecondato le aspettative della propria fanbase, riportando sullo schermo situazioni che, seppur si discostassero dall’opera narrativa originale, contribuivano ad alimentare gli ascolti, i direttori di The Shannara Chronicles hanno cercato, disponendo di quantità esigue di mezzi, di trovare un compromesso tra narrazione e fanservice, non concludendo nulla e finendo per cancellare quello che stava per diventare un progetto molto interessante.
Note positive
- I costumi offrono un bel colpo d’occhio
- I set realizzati a mano creano paesaggi mozzafiato
- Le coreografie dei combattimenti della
- seconda stagione sono ottimamente realizzate
- La narrazione è fluida e gradevole
Note negative
- Alcuni passaggi narrativi non sono sufficientemente approfonditi
- L’eccessiva attenzione all’aspetto amoroso ridicolizza l’intera narrazione e lascia poco spazio alla caratterizzazione dei personaggi
- Un’interpretazione non all’altezza
- Le sequenze in CGI sono di pessima qualità
- Troppe informazioni compattate in pochi episodi