Una storia vera (1999): il film atipico di Lynch

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Una storia vera

Titolo originale: The Straight Story

Anno1999

Paese di Produzione: Stati Uniti d’America, Canada

Genere: avventura, drammatico, biografico

Casa di Produzione:  Asymmetrial Productions, Canal +, FilmFour Productions, Ciby 2000, Le Studio Canal+

Distribuzione: BiM Distribuzione (Italia)

Durata : 112 minuti

Regia: David Lynch

Sceneggiatura: John Roach, Mary Sweeney

FotografiaFreddie Francis

Montaggio: Mary Sweeney

Musica: Angelo Badalamenti

Attori:  Richard Farnsworth, Sissy Spacek, Harry Dean Stanton, Jane Galloway Heitz, Dan Flannery, Ed Grennan, Joseph A. Carpenter, Jack Walsh James Cada, Wiley Harker, Kevin Farley, John P. Farley, Anastasia Webb, Barbara E. Robertson, John Lordan

Trailer di una storia vera

Trama di Una storia vera

Alvin Straight (Richard Farnsworth) è un uomo anziano e testardo. Vive a Laurens, in Iowa, con la figlia Rosie (Sissy Spacek), e conduce una vita serena e monotona, corredata da tutti gli acciacchi dell’anzianità. La sua tranquillità viene spezzata da una telefonata improvvisa che lo avverte che suo fratello Lyle, con cui non ha rapporti da dieci anni, ha avuto un infarto.

Alvin decide che è giunta l’ora di ricongiungersi con il fratello e abbandonare i vecchi rancori. Sprovvisto di patente e troppo povero per prendere un biglietto aereo, deciderà di dirigersi a Zion, nel Wisconsin, a bordo del suo tosaerba. Sei settimane di viaggio a cinque chilometri orari, in cui percorrerà 240 miglia e in cui avrà modo di fare alcuni incontri fortuiti, condividere il proprio tempo e i propri ricordi di vita. In questa avventura attraverso l’America rurale, Alvin abbandona tutte le pesanti zavorre del passato per arrivare sereno alla destinazione e al ricongiungimento con quel fratello per troppo tempo tenuto lontano.

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Fotogramma di Una storia vera

Recensione di Una storia vera

Ci sono matrimoni che sembrano impossibili e surreali ma che, alla fine, hanno un fortunato epilogo. Tra questi, uno dei più improbabili connubi cinematografici, è quello tra David Lynch e la Disney. Dopo le fughe psicotiche di Fred Madison in Strade Perdute, Lynch sceglie percorsi meno tortuosi e misteriosi e, con Una storia vera (The Straight Story) realizza un road movie nostalgico e sentimentale. Sarà proprio la Disney a co-produrre e distribuire, nel 1999, l’opera di Lynch più lineare (anche il termine “straight” lo sottolinea) e adatta ad un pubblico eterogeneo.

La storia si base sulla reale impresa di Alvin Straight, un 73enne americano che, a bordo del suo tagliaerbe, decise di percorrere circa 400 chilometri per andare a trovare il fratello, reduce da un infarto e con cui non aveva rapporti da dieci anni. Un viaggio in “slow motion” attraverso l’America più autentica, tra piccole cittadine e panorami immensi, che cela, all’interno di una storia apparentemente classica, elementi e suggestioni care all’autore di Mulholland Drive. Un atto d’amore dedicato alla vecchiaia e a tutta la saggezza che si porta dietro, un’ode alla lentezza e alla voglia di sotterrare ogni piccola briciola di rancore e di rimorso accumulato in giovinezza.

Richard Farnsworth in Una storia vera
Richard Farnsworth in Una storia vera

Un film particolare per Lynch

Eraserhead, Strade Perdute, Mulholland Drive, Inland Empire. Quando pensiamo alla filmografia di David Lynch non possiamo far altro che essere travolti da un senso di angoscia, da una sensazione di perturbante e oscurità che è l’essenza principale del suo immaginario. All’interno di questo mondo di celluloide fatto di strutture narrative frammentate e trame assurde,

Una storia vera sembra essere un oggetto estraneo, un prodotto di un Lynch in preda a forti dosi di camomilla e serate rilassanti passate sul divano e vicino al camino. Ma, in realtà, anche questa storia lineare ha, sparsi qua e là, elementi tanto cari al regista americano. Innanzitutto il tema principale, ovvero quello della strada che, a differenza di Cuore selvaggio, Strade perdute o Mulholland Drive, non appare come un percorso minaccioso, da attraversare a grandi velocità e in cui si rischia perdere qualsiasi coordinata spazio temporale e, soprattutto, esistenziale. Questo road trip che vede protagonista Alvin Straight è un cammino rilassato e la strada, attraversata con calma e lentezza, diventa la traduzione del suo stato d’animo, riflessivo e pacato.

David Lynch, probabilmente per la prima volta nella sua cinematografia, non mette alla prova il suo protagonista con l’incontro di personaggi ambigui e spettrali. Certo, anche Alvin Straight fa alcuni conoscenze bizzarre (come i due gemelli e la donna vittima di continui incidenti causati da attraversamenti di cervi), ma il suo tragitto non sarà mai spezzato da situazioni inquietanti o persone pericolose. Lynch ha profondo rispetto di questo suo stanco e zoppicante protagonista, figlio di un’America rurale e vera. Quell’America dimenticata, fatta di gente umile che cerca di aiutarsi l’un l’altro e che sarà omaggiata anche in Twin Peaks-The Return, nella figura di Harry Dean Stanton, (che qui interpreta Lyle, il fratello di Alvin) nel suo buon cuore, nella sua calma e nel suo essere spettatore silenzioso di un mondo sconclusionato.

Qua e là degli elementi lynchani fanno capolino e si materializzano, oltre che nei personaggi curiosi, in segnali che rivelano un pericolo o una sensazione verso cui prestare attenzione. Come la presenza dei fulmini e della loro luce intermittente, che precedono la telefonata che avverte Alvin dell’infarto del fratello o la capanna che brucia, che ricorda quella di Strade perdute e che si materializza nel punto in cui Alvin perde il controllo del suo tosaerba. L’anima di Lynch si trova anche in quell’atmosfera surreale presente nel finale, degno di un quadro di Magritte, in cui i fratelli, illuminati dalla luce del sole, alzano gli occhi al cielo, e ciò che si fermano ad ammirare sono le stelle. Un buio non tetro e opprimente come quello in cui si trova imprigionato Fred di Strade perdute, ma un cielo che infonde armonia e serenità. L’uomo che ha dato vita a Bob, una delle figure più inquietanti del piccolo schermo, può mettere in scena anche personaggi semplici e dolci della provincia americana.

Dal set di una storia vera
Dal set di una storia vera

In conclusione

Note positive

  • La storia, adatta a tutti, anche a coloro che di solito non amano le trame contorte di Lynch.
  • La fotografia, che mostra i panorami americani in tutta la loro bellezza.
  • La musica del fedele Angelo Badalamenti

Note negative

  • La trama che, per i lynchani duri e puri, potrebbe risultare troppo lineare
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