Zatoichi (2003): Una vivanda multigusto

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Zatoichi

Titolo originale: 座頭市

Anno: 2003

Paese: Giappone

Genere: Azione / Storico

Durata: 1 hr 55 min (115 min)

Prodotto da: Jack Maeby

Distribuzione: Mikado Film

Regia: Takeshi Kitano

Sceneggiatura: Takeshi Kitano

Montaggio: Takeshi Kitano

Dop: Katsumi Yanagishima

Musiche: Keiichi Suzuchi

Attori: Takeshi Kitano, Tadanobu Asano, Daigoro Tachibana, Yuuko Daike

Trailer di Zatoichi (2003)

TRAMA DI ZATOICHI

L’albino Zatoichi (Takeshi Kitano) è un massaggiatore cieco errante con il vezzo del gioco d’azzardo che vaga per il Giappone dell’Ottocento in cerca di lavori che gli permettano di sopravvivere giorno dopo giorno. Scampato a un’imboscata che rivelerà le sue sovrumani doti da samurai (nasconde una katana all’interno del suo bastone), il non vedente giunge in un villaggio conteso da due bande di predoni.

Sul posto giungono anche due misteriose geishe in cerca di vendetta e il ronin Hattori Gennosuke (Tadanobu Asano), le cui vite si incroceranno con quelle di Zatoichi per raddrizzare i torti o difendere i deboli dai soprusi.

RECENSIONE DI ZATOICHI

Per chi volesse avvicinarsi alla filmografia di Takeshi Kitano, questo undicesimo sforzo del regista giapponese può costituire il giusto punto di partenza. Noto per i racconti esteticamente raffinati di personaggi laconici alle prese con un mondo violento ma non privo di ironia nerissima, Kitano ha realizzato con Zatoichi il suo film più accessibile, con una trama a incastri tutto sommato lineare, tributo essenziale e sobrio alla cultura giapponese della contemplazione che miscela mille generi e toni agli antipodi.

Zatoichi è un personaggio della tradizione nipponica che è stato molto spesso protagonista di numerosi film e serie tv; ma la versione che ne fa Kitano si differenzia per il tono più rilassato e meditativo, in cui però la violenza fa breccia sul racconto con esplosioni grafiche improvvise ma mai gratuite e, soprattutto molto eleganti (Kitano ha volontariamente scelto di realizzare il sangue in digitale per dargli una parvenza di “petali di rose liberati nell’aria”).

Con un incasso pari a 32 milioni di dollari, Zatoichi è stato il film di Kitano che più ha incassato nel mondo. Un successo coronato poi con la vittoria del Leone d’Argento al Festival del Cinema di Venezia del 2003.

Takeshi Kitano in Zatoichi
Tadanobu Asano in Zatoichi

ANALISI DI ZATOICHI

Uscito nello stesso periodo in cui nelle sale di mezzo mondo imperavano altre opere “di samurai” come Kill Bill di Quentin Tarantino o L’Ultimo Samurai di Edward Zwick, Zatoichi costituisce un ideale ponte tra la tradizione del cinema influenzato dal teatro nō di Akira Kurosawa (evidente soprattutto nel finale) e il surrealismo tipico dei manga moderni.

Kitano coniuga la colonna sonora percussiva di Keiichi Suzuki, l’approccio alla composizione perfetta delle immagini e l’alternanza di dramma serioso e ironia grottesca senza mai perdere il controllo sull’omogeneità dell’insieme. Per quanto alcuni momenti possano apparire esagerati, non si scade mai nell’eccesso; le inquadrature sono perfette, il montaggio chiaro e mai dispersivo. Tutto è in armonia, come lo può essere il lavoro dei contadini che dissodano la terra a tempo di musica.

Pur essendo un “film di samurai” con personaggi impenetrabili e dal rigore morale ferreo, Zatoichi non fa della componente action un fine estetico. Duelli e spargimenti di sangue vengono intervallati da lunghi momenti in cui il ritmo rallenta per delineare i caratteri dei personaggi o per soffermarsi su lunghi dettagli di vita quotidiana. Ciò a uno sguardo poco attento può sembrare una scelta insignificante atta a dilatare la narrazione, ma le immagini ben fotografate di momenti giocosi o di lavoro sono l’invito di Kitano a riflettere sulla bellezza delle cose semplici.

L’epilogo è un piccolo gioiello di spensieratezza dopo il tumulto della tempesta in cui personaggi e spettatori non possono far altro che abbandonarsi ad una festa dalla coinvolgente base ritmica.

NOTE POSITIVE

  • Takeshi Kitano scrive, monta, dirige e interpreta un film raffinato ed equilibrato che celebra la bellezza della vita e della natura.
  • La colonna sonora percussiva si incastra alla narrazione, dandole il giusto ritmo e la giusta enfasi.
  • I personaggi sono ben delineati e interessanti.
  • La ricostruzione storica e la composizione delle immagini sono perfette.

NOTE NEGATIVE

  • Volendo fare i pignoli, la trama è lineare e senza grandi colpi di scena; ma si tratta di una formula collaudata da racconto favoloso tradizionale che non nuoce alla visione.
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