Malcolm McDowell al Lucca Film Festival: tra Alex DeLarge (Arancia Meccanica) e il controverso Caligola

Malcolm McDowell ospite al Lucca Film Festival 2025: Premio alla Carriera e presentazione di Caligola: The Ultimate Cut, nuova versione del film ricostruita da Thomas Negovan. Intervista esclusiva sull’eredità di Arancia Meccanica e il cinema ribelle di ieri e oggi.

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Il Lucca Film Festival ha accolto, il 24 settembre 2025, l’attore britannico Malcolm McDowell, protagonista di una serata memorabile nell’ambito della ventunesima edizione della rassegna, tenutasi dal 20 al 28 settembre nella città toscana. L’evento, a ingresso gratuito fino a esaurimento posti, è stato diretto da Nicola Borrelli con il contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca. Sul palco del Cinema Astra, McDowell ha ricevuto il Premio alla Carriera e ha presentato Caligola: The Ultimate Cut, la nuova versione del film ricostruita da Thomas Negovan a partire dalla sceneggiatura originale di Gore Vidal. Ad affiancarlo, l’artista internazionale Hershey Felder, in collaborazione con FirenzeOnStage. La pellicola, originariamente nota anche con il titolo Io, Caligola, è un film storico-erotico diretto da Tinto Brass nel 1979, in cui l’attore Malcolm McDowell interpreta l’imperatore romano Caligola con straordinaria intensità.

Il film, proiettato in versione originale con sottotitoli in italiano, racconta l’ascesa al potere del giovane Caligola (interpretato da McDowell) dopo l’assassinio dell’imperatore Tiberio (Peter O’Toole), e la successiva discesa dell’Impero Romano in una spirale di violenza, lussuria e follia. Uscito nel 1980, Caligola è rimasto celebre per la sua travagliata lavorazione e per lo scandalo che ne seguì: divergenze artistiche e interventi produttivi ne alterarono profondamente la struttura, generando un’opera tanto decadente quanto controversa. A oltre quarant’anni dalla sua uscita, Caligola torna in una nuova veste con The Ultimate Cut, una versione completamente ricostruita da Thomas Negovan. Il progetto ha preso forma a partire da oltre 100 ore di negativi originali ritrovati negli archivi della Penthouse, materiale mai utilizzato nella versione distribuita nel 1980. A guidare il montaggio, una bozza iniziale della sceneggiatura firmata da Gore Vidal, che restituisce coerenza narrativa e profondità drammatica all’opera.

Malcolm McDowell, prima di diventare il protagonista del cult Arancia Meccanica di Stanley Kubrick (1971), aveva già recitato in titoli come Se… di Lindsay Anderson (1968) e Caccia sadica di Joseph Losey (1970). Nel corso della sua carriera ha lavorato con registi del calibro di Blake Edwards, Robert Altman, Hugh Hudson, Rob Zombie, Michel Hazanavicius e Jay Roach, partecipando anche a produzioni italiane come Mortacci di Sergio Citti (1989), Maggio musicale di Ugo Gregoretti (1989) e Cuori estranei di Edoardo Ponti (2002). Candidato al Golden Globe nel 1972 per Arancia Meccanica, ha vinto nel 2005 un Nastro d’Argento Europeo per Evilenko di David Grieco. Il 16 marzo 2012 ha ricevuto una stella sulla Hollywood Walk of Fame, al numero 6714 dell’Hollywood Boulevard.

Malcolm McDowell riceve il Premio alla Carriera al Lucca Film Festival 2025 - Immagine ricevuta per uso stampa dal Lucca Film Festival
Malcolm McDowell riceve il Premio alla Carriera al Lucca Film Festival 2025 – Immagine ricevuta per uso stampa dal Lucca Film Festival

Intervista a Malcolm McDowell

Che ricordo ha di Tinto Brass? E come è stato lavorare con lui in Caligola?

Mi piace molto Tinto. È un uomo straordinario, molto intelligente. Mi piaceva davvero. Eravamo compagni. Ricordo di aver camminato con lui a Soho, a Londra. Lui aveva una voce roca, e diceva: “Ecco perché amo Soho: perché ha sesso, cinema e cibo.” Ed è vero. Soho è il luogo dove si fa la post-produzione dei film, dove ci sono ottimi ristoranti, e dove il commercio del vizio — le prostitute — è ovunque. A lui piaceva. Diceva che lo amava. Era il mio partner, e mi piaceva molto lavorare con lui. Un uomo fantastico, davvero. È triste che non stia bene, gli auguriamo ogni bene. Non credo che abbia visto questa versione, ma è simile a quello che abbiamo fatto io e lui.

Qual è il messaggio di Arancia Meccanica? Nel corso degli anni è cambiato?

È lo stesso messaggio. Il film per me parla della scelta tra essere una persona morale o immorale. È tutto lì: una questione di libertà di scelta. Per questo il film non è mai davvero datato. Essendo leggermente futuristico per l’epoca, il 1970, non è ancora invecchiato. Forse alcune parti sì, ma non lo vedo da più di vent’anni. Lo ricordo molto bene, ma non è più nella mia coscienza. È come una vecchia amante: ogni tanto riemerge, lo amo di nuovo e basta.

Guardando il cinema di oggi possiamo dire che la ribellione di adesso, quella che si vede al cinema, abbia preso forme diverse da quelle presenti in Arancia Meccanica?

È vero. I film di quel periodo erano molto più rivoluzionari e ribelli. Ma non dimentichiamo che era un’epoca di grande ribellione, sia in Europa che in America. Era il periodo della guerra del Vietnam, profondamente impopolare non solo negli Stati Uniti, ma anche in Europa. Ci furono enormi manifestazioni contro la guerra e contro la proliferazione nucleare. Non abbiamo lasciato ai nostri figli un mondo molto sicuro in cui vivere. Temo che questi siano tempi piuttosto brutti. Onestamente quando uscì per la prima volta, rimasi scioccato dal fatto che la stampa fosse inorridita dalla violenza nel film. Sì, c’è violenza, ma non è come nei film di Sam Peckinpah. Non c’è sangue, non è un film slasher. È un film altamente filosofico. Ho sempre pensato di fare una commedia nera. Ed è divertente. È interessante vederlo oggi con un pubblico: quel film si è davvero insinuato nella coscienza di ciò che stava accadendo nella società. Si è diffuso in molte altre forme d’arte. È stato incredibile.

Il personaggio di Alex potrebbe vivere anche nel presente. Se vivesse ora, come si comporterebbe?

Probabilmente sarebbe in prigione. Oggi non si può farla franca come negli anni ’70. Ovviamente è un personaggio romanzato, e alcuni lo vedono come uno psicopatico. Ma quando ho letto il libro, ho capito che dovevo far sì che il pubblico lo apprezzasse, ma senza imbrogliare, senza sentimentalismi. Dovevano apprezzarlo alle sue condizioni. Oggi ci sono ancora gang, droga, attività criminali: solo l’enfasi cambia. E la cosa sorprendente è che, in un certo senso, vince. Alla fine dice: “Sono stato curato, giusto?”. Questo è ciò che lo rende davvero interessante.

Per vedere tutte le dichiarazioni rilasciate dall’attore, v’invito a visionare il video:

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Stefano Del Giudice
Stefano Del Giudice

Laureatosi alla triennale di Scienze umanistiche per la comunicazione e formatosi presso un accademia di Filmmaker a Roma, nel 2014 ha fondato la community di cinema L'occhio del cineasta per poter discutere in uno spazio fertile come il web sull'arte che ha sempre amato: la settima arte.