Squali (2025). La frenesia della scelta tra giovinezza e ambizione

"Squali" ha l'ambizione di raccontare una storia di crescita e la sensazione di accelerazione forzata che travolge i giovani nel momento in cui devono compiere scelte che peseranno sul resto della loro esistenza.

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Immagine del film al momento non disponibile per motivi di copyright - L'occhio del cineasta
Immagine del film al momento non disponibile per motivi di copyright – L’occhio del cineasta

Trailer di “Squali”

Informazioni sul film e dove vederlo in streaming

“Squali” è il primo film di Daniele Barbiero e scritto da Mauro Graiani, dal romanzo omonimo di Giacomo Mazzariol. Presentata in Alice nella città 2025, sezione Panorama Italia Concorso, l’opera è prodotta da Camaleo Film, Rhino, Eagle Pictures, Neo Art Producciones, Agresywna Banda, con il contributo del Ministero della Cultura, con il sostegno di Regione Lazio, con il sostegno di Fondazione Veneto Film Commission. Il cast è formato da Lorenzo Zurzolo, James Franco, Francesco Centorame, Ginevra Francesconi, Francesco Gheghi, Greta Fernàndez, Federica Baù, Gabriele Rollo e Melania Dalla Costa. La pellicola esce nei cinema il 16 ottobre 2025 distribuito da Eagle Pictures.

Trama di “Squali”

A tutti è capitata la sensazione di doversi muovere per forza ed entro un tempo stabilito. In particolare, dopo la maturità, quando ci si ritrova a dover prendere una decisione fondamentale: che strada intraprendere? Ma soprattutto quando è il momento in cui ci si sente pronti a fare questa scelta? Questa è la domanda che si pone Max (Lorenzo Zurolo), un ragazzo della provincia veneta di 19 anni che insieme al suo gruppo di amici ha già pianificato il viaggio in Spagna dell’estate più importante della sua vita, l’estate che della libertà dopo l’esame di maturità. Ma, una sera, arriva improvvisamente una mail di Robert Price (James Franco), fondatore di un incubatore di sturt-up a Roma che ha notato e vuole sviluppare l’App che Max ha ideato per aiutare i suoi coetanei a scegliere cosa fare nel loro futuro, partendo dalla facoltà da scegliere. Senza rendersene conto si trova su un treno verso la Capitale pronto a rincorrere un’opportunità che potrebbe cambiare ogni cosa.

Accade tutto troppo velocemente. In un attimo perde la spensieratezza della sua giovane età e si trova catapultato nelle regole del mondo degli adulti. La vita lo obbliga a dover decidere, in un continuo movimento, proprio come fanno gli squali, che non possono stare mai immobili, altrimenti muoiono. Quei ragazzi sono squali: non sono cattivi, sono solo affamati e non possono rimanere fermi. Soldi, status sociale, fama sembra tutto lì a portata di mano. Gli amici di sempre tra cui il suo migliore amico Filippo (Francesco Centorame) e il suo amore adolescenziale Anna (Ginevra Francesconi) trascorrono le vacanze godendosi “il loro tempo” e facendo i conti con i loro dubbi irrisolti mentre Max dovrà capire ciò che realmente desidera. Quale sarà il suo futuro?

Recensione di “Squali”

Nel panorama del cinema italiano contemporaneo, raramente si incontrano opere che riescano a catturare con autenticità il momento di passaggio più delicato e vertiginoso della vita: quello tra l’adolescenza e l’età adulta. “Squali”, diretto da Daniele Barbiero, si inserisce in questo territorio inesplorato con l’ambizione di raccontare non solo una storia di crescita, ma soprattutto la sensazione di accelerazione forzata che travolge i giovani nel momento in cui devono compiere scelte che peseranno sul resto della loro esistenza.

Una metafora che morde

Il titolo del film non è casuale. Gli squali sono creature condannate al movimento perpetuo: se si fermano, muoiono. È questa l’immagine che Barbiero sceglie per rappresentare la condizione dei suoi giovani protagonisti, intrappolati in una corsa contro il tempo che non hanno scelto ma che sono costretti ad affrontare. La metafora funziona su più livelli: da un lato cattura la voracità dell’ambizione giovanile, dall’altro illustra la crudeltà di un sistema che impone ritmi frenetici senza lasciare spazio alla riflessione, alla pausa, al respiro necessario per capire chi si è veramente.

Max: il ragazzo che corre troppo veloce

Lorenzo Zurzolo interpreta Max con una credibile vulnerabilità. Il suo personaggio è un diciannovenne della provincia veneta che ha fatto ciò che molti ragazzi della sua generazione fanno: ha creato qualcosa, un’app pensata per aiutare i coetanei a orientarsi nel labirinto delle scelte post-maturità. Ma quando Robert Price (James Franco), fondatore di un prestigioso incubatore di start-up romano, nota il suo progetto e lo convoca nella Capitale, Max si trova improvvisamente catapultato in un mondo che non comprende del tutto.

Zurzolo riesce a trasmettere lo spaesamento di chi si trova a vivere un’opportunità che potrebbe essere quella della vita, ma che arriva nel momento sbagliato, quando ancora non si è pronti. Il suo Max è un ragazzo affamato di futuro ma nostalgico di un presente che gli sta scivolando via troppo in fretta. Nelle sue espressioni si legge il conflitto tra l’entusiasmo per il riconoscimento professionale e la consapevolezza di ciò che sta perdendo: l’estate con gli amici, il viaggio in Spagna pianificato da tempo, la spensieratezza che non tornerà più.

James Franco e il mondo degli adulti

La presenza di James Franco nel cast porta con sé un certo peso simbolico. Il suo Robert Price incarna il mondo degli adulti, quello fatto di opportunità, di scadenze, di investimenti e di promesse. È il catalizzatore che innesca la crisi di Max, la figura che rappresenta tutto ciò che il protagonista potrebbe diventare ma anche tutto ciò che dovrà sacrificare per arrivarci.

Franco interpreta il personaggio con un carisma ambiguo, lasciando lo spettatore nel dubbio: è un mentore sincero o un manipolatore affascinante? È l’opportunità reale o solo un miraggio dorato? Questa ambiguità è uno dei punti interessanti del film, perché riflette l’incertezza che ogni giovane prova di fronte alle promesse del successo: Roma, con le sue luci e le sue seduzioni, diventa il palcoscenico di una trasformazione che potrebbe essere tanto una crescita quanto una perdita d’identità.

Gli amici rimasti indietro

Mentre Max viene risucchiato nell’orbita della sua app e delle possibilità che essa rappresenta, i suoi amici vivono un’estate completamente diversa. Francesco Centorame nei panni di Filippo, il migliore amico di Max, offre una buona performance: è il ragazzo che resta, quello che non ha un’app da lanciare o un businessman americano che lo corteggia. Filippo rappresenta la normalità, il ritmo naturale della crescita, quello che non viene accelerato da ambizioni straordinarie.
Ginevra Francesconi interpreta Anna, l’amore adolescenziale di Max, con una delicatezza che rende il personaggio più di una semplice interesse romantico. Anna è anch’essa alle prese con i propri dubbi, con le proprie incertezze sul futuro. La sua presenza diventa un’ancora emotiva per Max, un richiamo a ciò che è autentico e non mediato dalle logiche del successo e del profitto.
Il gruppo di amici – completato da Francesco Gheghi, Greta Fernández, Federica Baù e Gabriele Rollo – viene ritratto con sincerità. A tratti sono personaggi stereotipati, ma funzionali alla trama: sono ragazzi veri, con le loro fragilità, le loro domande senza risposta, le loro paure di non essere abbastanza o di sbagliare tutto. Mentre Max è a Roma a inseguire un sogno che forse non è nemmeno suo, loro stanno in quella provincia veneta che il cinema italiano racconta raramente, vivendo un’estate che è insieme festa e malinconia, libertà e incertezza.

Quando è il momento giusto?

Al cuore di “Squali” c’è una domanda universale ma particolarmente pressante per la generazione Z: quando si è pronti a fare scelte che determineranno il resto della propria vita? Il film non offre risposte facili, e questo è uno dei suoi meriti maggiori. Max vive un’accelerazione che non ha scelto: l’email di Robert Price arriva come un fulmine, e improvvisamente si trova su un treno verso Roma senza aver avuto il tempo di metabolizzare cosa sta accadendo.

Barbiero costruisce una narrazione che riflette questa frenesia: le scene si susseguono con un ritmo che mima lo stato d’animo del protagonista, sempre in movimento, sempre proiettato verso qualcosa che deve accadere domani. Il contrasto tra i due mondi – quello della provincia, fatto di tempi dilatati e di relazioni autentiche, e quello della capitale, dominato dall’urgenza e dalla performance – viene reso attraverso una regia che sa modulare i toni, nonostante, ogni tanto, cada nel didascalico.

La critica sociale sottesa

Pur essendo una storia personale, “Squali” contiene una critica sociale implicita ma vera. Il film parla di una generazione costretta a scegliere troppo presto, bombardata da messaggi che esaltano il successo precoce, l’imprenditorialità giovanile, la realizzazione immediata. L’app di Max, nata per aiutare i ragazzi a orientarsi, diventa paradossalmente lo strumento che lo disorienta, che lo strappa alla sua età e lo proietta in un gioco che non ha le competenze per giocare.

C’è una riflessione sottile sul capitalismo digitale, su come le start-up e il mondo delle nuove tecnologie seducano i giovani con promesse di cambiamento immediato, di ricchezza rapida, di status sociale. Soldi, fama, riconoscimento: tutto sembra a portata di mano, ma il film si chiede quale sia il prezzo di questa corsa. E la risposta, suggerita più che esplicitata, è inquietante: il prezzo è il tempo, quello che non si recupera, quello in cui si costruiscono le relazioni, si scoprono le passioni vere, si impara a conoscersi.

Un finale frettoloso

Se c’è un punto debole in “Squali”, è il finale che risulta frettoloso. Dopo aver costruito con pazienza e attenzione la tensione emotiva e narrativa, il film sembra avere fretta di concludersi, come se anche la regia fosse stata contagiata dalla metafora dello squalo che non può fermarsi.

La risoluzione della storia di Max arriva senza la necessaria elaborazione, lasciando lo spettatore con la sensazione che manchi un passaggio, un momento di vera riflessione dove il protagonista metabolizza ciò che ha vissuto. Questa scelta potrebbe essere deliberata – un modo per lasciare aperta la questione, per non fornire risposte definitive – ma rischia di suonare come un’occasione mancata per approfondire ulteriormente le implicazioni delle scelte del protagonista.

Un film che parla ai giovani (e non solo)

“Squali” è un film coraggioso perché affronta un tema complesso senza semplificarlo. Non è un coming-of-age tradizionale, dove il protagonista attraversa una crisi e ne esce trasformato e consapevole. È piuttosto il ritratto di una generazione che vive nella fretta, che è costretta a nuotare continuamente altrimenti affoga, che non ha il lusso di fermarsi a capire dove sta andando.

Daniele Barbiero dimostra sensibilità nel raccontare questi ragazzi senza giudicarli, senza ridicolizzarli, ma anche senza idealizzarli. Sono “squali”: non cattivi, solo affamati. Affamati di vita, di opportunità, di conferme. E in questa fame c’è tutta la disperazione e tutta la vitalità di un’età che è insieme piena di possibilità e terribilmente fragile.

Il film intrattiene, questo è certo. La storia scorre, i personaggi sono credibili, le interpretazioni sono solide. “Squali” pone domande scomode. Costringe a interrogarsi sul senso di una società che impone ai diciannovenni di comportarsi come trentenni, che non concede loro il diritto all’incertezza, all’errore, al tempo per crescere davvero.

Nonostante il finale affrettato, che toglie un po’ di profondità alla risoluzione narrativa, “Squali” resta un’opera significativa nel panorama del cinema italiano recente. È un film che parla ai giovani che stanno vivendo quella transizione ma anche agli adulti che l’hanno vissuta e che forse hanno dimenticato quanto fosse vertiginosa, quanto fosse spaventosa, quanto fosse necessario avere il tempo per sbagliare prima di trovare la propria strada.

In conclusione

“Squali” è un invito a rallentare in un mondo che corre, a chiedersi se davvero non possiamo permetterci di fermarci, se davvero moriremo se non continuiamo a nuotare. E la risposta, suggellata dalla storia di Max, è che forse la vera morte non è nel fermarsi, ma nel correre così veloce da non accorgersi più di chi siamo e di cosa veramente vogliamo. Un film sincero e attuale, che intrattiene e fa riflettere, penalizzato solo da un finale che meritava più respiro.

Note Positive

  • Regia
  • Recitazione

Note Negative

  • Finale frettoloso
  • Caratteristiche dei personaggi ed elementi narrativi didascalici e già visti
Review Overview
Regia
Sceneggiatura
Fotografia
Colonna sonora e suono
Interpretazione
Emozioni
SUMMARY
3.5
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Renata Candioto
Renata Candioto

Diplomata in sceneggiatura alla Roma Film Academy (ex Nuct) di Cinecittà a Roma, ama il cinema e il teatro.
Le piace definirsi scrittrice, forse perché adora la letteratura e scrive da quando è ragazzina.
È curiosa del mondo che le circonda e si lascia guidare dalle sue emozioni.
La sua filosofia è "La vita è uguale a una scatola di cioccolatini, non sai mai quello che ti capita".