Il mio cammino (2024). Un esperienza di cambiamento interiore

Recensione, trama e cast de Il mio cammino (2024). Un racconto leggero e umano sull’esperienza del viaggio e della condivisione.

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Il mio cammino (2024) - Immagine ricevuta per uso editoriale da Nfilm
Il mio cammino (2024) – Immagine ricevuta per uso editoriale da Nfilm

Il mio cammino

Titolo originale: The Way, My Way

Anno: 2024

Nazione: Australia

Genere: drammatico

Casa di produzione: Bonsai Films

Distribuzione italiana: Nfilm

Durata: 98 minuti

Regia: Bill Bennett

Sceneggiatura: Bill Bennett

Fotografia: Calum Stewart

Montaggio: Rishi Shukla

Musiche: Jackson Milas

Attori: Chris Haywood, Jennifer Cluff, Laura Lakshmi, Pia Thunderbolt

Trailer di “Il mio cammino”

Informazioni sul film e dove vederlo in streaming

Nato nel 1953 a Londra da genitori australiani e cresciuto a Brisbane, Bill Bennett ha iniziato la sua carriera nel giornalismo dopo aver abbandonato gli studi di Medicina all’Università del Queensland nel 1972. Entrato come cadetto nell’Australian Broadcasting Corporation (ABC), ha lavorato a programmi come This Day Tonight, The Big Country e The Australians. Durante i suoi dieci anni da reporter, ha vinto due Logie Awards — uno come Miglior Reporter dell’anno e uno per il Miglior Documentario — riconoscimenti che lo hanno spinto verso il cinema di finzione.

Nel 1985, dopo aver diretto i documentari The Cattle King (1983) e Shipwrecked (1984), si cimenta nella regia di un lungometraggio di finzione, realizzando A Street to Die, vincitore del Crystal Globe al Festival di Karlovy Vary. Seguono Backlash (1986) e Malpractice (1989), entrambi selezionati nella sezione Un Certain Regard del Festival di Cannes. Il suo noir ambientato nell’Outback, Kiss or Kill (1997), conquista cinque Australian Film Institute Awards, tra cui Miglior Film e Miglior Regia. Nel corso della sua carriera ha diretto 17 lungometraggi, con retrospettive dedicate negli Stati Uniti, in Germania e in India. Ha realizzato anche due documentari teatrali: PGS – Intuition is Your Personal Guidance System e Facing Fear, parte della serie My Journey, che esplora temi come speranza, amore e morte.

La sua attività non si limita al cinema: Bennett è anche autore della trilogia thriller soprannaturale Palace of Fires, pubblicata da Penguin Random House, e del romanzo autobiografico incentrato sulla sua esperienza lungo il cammino dal titolo The Way, My Way: A Camino Memoir edito da CreateSpace Independent Publishing Platform dal 2 gennaio 2014.

Dieci anni dopo la pubblicazione del libro, Bennett decide di realizzarne una versione cinematografica, dando vita al lungometraggio The Way, My Way, distribuito in Australia dal 16 maggio 2024 da Maslow Entertainment. In Italia, la pellicola, denominata Il Mio Cammino, è stata distribuita in alcune sale cinematografiche a partire dal 6 ottobre 2025 grazie alla casa di distribuzione Nfilm.

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Trama di “Il mio cammino”

Bill è un uomo australiano prossimo ai sessant’anni, dal carattere burbero e fortemente testardo, di professione regista. Durante un viaggio in Spagna, viene incuriosito dalla presenza di numerosi pellegrini impegnati nel Cammino di Santiago. Una domanda lo assilla: perché lo stanno facendo? Che senso ha percorrere a piedi centinaia di chilometri fino alla Cattedrale di Santiago di Compostela?

Questi interrogativi si trasformano presto in un’ossessione, tanto da spingerlo a mettersi in cammino lui stesso. Dopo qualche mese di allenamento e nonostante i problemi al ginocchio, Bill decide di affrontare la sfida: sei mesi dopo quell’incontro casuale, anche lui è diventato un pellegrino. Nonostante il dolore fisico, si ritrova a percorrere la via Francese, un itinerario di circa 800 chilometri attraverso il nord della Spagna.

Bill non parte per motivi religiosi, né per una ragione precisa: sente semplicemente che deve farlo, convinto che sarà il viaggio stesso a rivelargli il perché. Lungo il cammino incontra altri pellegrini (molti dei quali interpretano sé stessi nel film) e condivide con loro momenti di fatica, riflessione e scoperta. Questi incontri si rivelano fondamentali per il suo cambiamento interiore. Il Cammino, infatti, non è solo un percorso geografico, ma un’esperienza di trasformazione personale. Passo dopo passo, Bill si confronta con le proprie fragilità, con il senso del tempo e con il bisogno profondo di dare un nuovo significato alla propria esistenza.

Recensione di “Il mio cammino”

Una pellicola che, senza ombra di dubbio, sa riempire il cuore dello spettatore — soprattutto di coloro che si accingono a vederla dopo aver compiuto il Cammino di Santiago, dopo aver sperimentato in prima persona il senso profondo del viaggio: un’esperienza tanto fisica quanto spirituale, capace di svelare nuovi lati di sé. Pur con una narrazione estremamente semplice e un approccio sceneggiativo e registico piuttosto didascalico — che rende la visione più adatta a un medium televisivo che non al grande schermo — il film riesce comunque a trasmettere la veridicità dell’esperienza. Racconta con autenticità l’essenza del percorso psicologico che ogni pellegrino affronta, a partire dalla preparazione: dalla lettura dei libri per comprendere le tappe e localizzare gli ostelli, fino alla ricerca del giusto peso dello zaino, dove ogni grammo in eccesso può diventare un ostacolo. In una scena particolarmente divertente, vediamo il protagonista — interpretato con grande naturalezza da Chris Haywood — pesare ogni oggetto sulla bilancia da cucina, perfino le mutande, per evitare che lo zaino superi il 10% del proprio peso corporeo. Un gesto che può sembrare assurdo, ma che chiunque abbia affrontato il Cammino con un minimo di preparazione riconoscerà come assolutamente realistico: perché nel viaggio, più si è leggeri, meno si fatica.

La rappresentazione del Cammino prosegue con coerenza e realismo, mantenendo un tono leggero, umoristico e spesso comico — soprattutto nella prima parte del film. Non manca, ad esempio, il classico siparietto sul russare negli ostelli: il protagonista, durante la notte, russa così profondamente da impedire il sonno ai suoi compagni di viaggio. Compagni che incontrerà in momenti diversi lungo i suoi trentun giorni di cammino, con i quali stringerà legami profondi e autentici.

La pellicola non si concentra tanto sul luogo, sulla rappresentazione paesaggistica del Cammino tra natura e città, quanto sulle interazioni umane, raccontando lo scambio di opinioni, il confidarsi reciproco, l’aprirsi completamente allo sconosciuto incontrato lungo il viaggio. Vediamo così il protagonista entrare in contatto con altre persone: individui che lo aiutano ad affrontare le difficoltà del percorso, aggravate dai dolori al ginocchio malconcio, e che, a loro volta, aprono il proprio cuore a lui, condividendo storie personali, anche tragiche — come quella di una ragazza malata, alla ricerca di perdono per aver causato la morte dell’uomo che amava. n ognuno dei suoi compagni di viaggio, Bill ricerca la risposta alla sua domanda portante: cosa mi ha spinto a intraprendere questo cammino? Perché lo sto facendo? Non a caso, il protagonista rivolge questa stessa domanda a tutte le persone che incontra lungo il percorso, nella speranza che le loro risposte possano illuminare anche la sua. È proprio questa domanda che gli consente di ascoltare i racconti più intimi e profondi dei suoi compagni di viaggio. Attraverso il dialogo, Bill entra in contatto con le fragilità, le speranze e i dolori degli altri pellegrini, scoprendo che il Cammino è fatto anche — e forse soprattutto — di condivisione emotiva. Ogni risposta ricevuta diventa uno specchio, un frammento di verità che lo avvicina alla comprensione di sé. Questi racconti, pur potenzialmente carichi di emotività, non vengono mai narrati attraverso atmosfere cupe o drammatiche, ma sempre con un tocco di leggerezza, lasciando trasparire un senso di bontà e affetto tra le persone. Il dramma, in questa pellicola, non trova spazio: a prevalere è un tono lieve, che talvolta sfiora la commedia, anche se la risata è confinata quasi esclusivamente ai primi venti minuti del film.

Sicuramente, pur senza grandi qualità registiche e con un approccio che potremmo definire scolastico, il film funziona. Riesce a emozionare, proprio grazie alla sua leggerezza, sia chi ha vissuto in prima persona l’esperienza del Cammino di Santiago, sia chi non l’ha mai percorso, ma conosce qualcuno che lo ha fatto.

In conclusione

Il film dedicato all’esperienza del Cammino di Santiago si rivela un racconto sincero e accessibile, capace di restituire con leggerezza e umanità l’essenza di un’esperienza trasformativa. La narrazione, pur semplice e priva di ambizioni cinematografiche elevate, riesce a coinvolgere lo spettatore grazie alla sua autenticità, alla delicatezza dei rapporti umani e alla capacità di evocare il senso profondo del viaggio

Note positive

  • Rappresentazione realistica e coerente del Cammino di Santiago
  • Tono leggero e umoristico ben calibrato
  • Interpretazione naturale e credibile del protagonista

Note negative

  • Regia e sceneggiatura didascaliche e poco cinematografiche
  • Ambientazione paesaggistica poco valorizzata

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Review Overview
Regia
Fotografia
Sceneggiatura
Colonna sonora e sonoro
Intepretazione
Emozione
SUMMARY
3.1
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Stefano Del Giudice
Stefano Del Giudice

Laureatosi alla triennale di Scienze umanistiche per la comunicazione e formatosi presso un accademia di Filmmaker a Roma, nel 2014 ha fondato la community di cinema L'occhio del cineasta per poter discutere in uno spazio fertile come il web sull'arte che ha sempre amato: la settima arte.