L’uomo che disegnò Dio (2022). Vedere con il cuore

Recensione, trama e cast di L'uomo che disegnò Dio (2022), film biografico di Franco Nero dove è anche il regista.

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L’uomo che disegnò Dio - Immagine concessa a uso editoriale
L’uomo che disegnò Dio – Immagine concessa a uso editoriale

L’uomo che disegnò Dio

Titolo originale: L’uomo che disegnò Dio

Anno: 2022

Nazione: Italia

Genere: drammatico

Casa di produzione: L’Altrofilm

Distribuzione italiana: L’Altrofilm, Rai Cinema

Durata: 112 minuti

Regia: Franco Nero

Sceneggiatura: Lorenzo De Luca, Eugenio Masciari, Franco Nero

Fotografia: Gerardo Fornani

Montaggio: Paolo Guerrieri

Musiche: Giuliano Taviani, Carmelo Travia

Attori: Franco Nero, Wehazit Efrem Abrham, Isabel Ciammaglichella, Roberto Davi, Faye Dunaway, Stefania Rocca, Kevin Spacey

Trailer di “L’uomo che disegnò Dio”

Informazioni sul film e dove vederlo in streaming

Dopo quasi vent’anni dal suo ultimo film da regista (Foverer Blues), Franco Nero dirige L’uomo che disegnò Dio, un dramma/biopic che racconta la storia vera di Emanuele Assuero, un artista cieco che riusciva a realizzare dei ritratti basandosi soltanto sulla voce dell’interlocutore. Il film, girato interamente a Torino, è uscito un po’ in sordina nelle sale italiane, ricevendo critiche miste da parte di testate giornalistiche e siti specializzati.

Oltre a Franco Nero, regista e protagonista, fanno parte del cast Wehazit Efrem Abrham, Isabel Ciammaglichella, completano il quadro attori e attrici più famosi come Stefania Rocca, Faye Dunaway, Massimo Ranieri e Kevin Spacey.

Il film fu presentato al Torino Film Festival del 2022, uscendo nelle sale italiane nel marzo del 2023.

Trama di “L’uomo che disegnò Dio”

Emanuele Assuero è un artista non vedente che insegna ritrattistica a carboncino in una scuola serale. Anche se sembra impossibile, l’uomo è capace di fare ritratti di persone sentendone la voce, questa sua abilità nascosta per anni diventa virale grazie a un video messo in rete da una sua giovane alunna.

Recensione di “L’uomo che disegnò Dio”

Medicina, legge, economia, ingegneria sono nobili professioni, necessarie al nostro sostentamento, ma la poesia, la bellezza, il romanticismo, l’amore, sono queste le cose che ci tengono in vita“. Queste sono parole famosissime del Professor Keating, personaggio interpretato da Robin Williams in L’attimo fuggente. Si tratta di parole che si adattano meravigliosamente al personaggio di Emanuele Assuero. Sicuramente i due professori non sono simili per carattere, ma il loro amore per l’arte può accomunare in qualche modo queste due figure.

L’uomo che disegnò Dio è un film che ci ricorda l’importanza dell’altruismo, perché se in un primo momento Emanuele può sembrare un personaggio scomodo e antipatico, dietro alle apparenze c’è un uomo solo, devastato dalle atrocità del passato, come la Shoah, la cecità, la malattia della madre. Questa dualità fa riflettere lo spettatore, in effetti è facile mettersi contro di lui per alcune prese di posizione discutibili, ma è altrettanto facile riconoscere il suo impegno in altre battaglie. Ad ogni modo, il film è un percorso tortuoso che va analizzato passo dopo passo, ascoltando con cura ciò che dice Emanuele, ma facendo anche attenzione ai suoi movimenti, alle sue abitudini e ai suoi sentimenti. Seguendo attentamente questo schema, si può capire facilmente cosa ha passato il protagonista, comprendendo appieno la scrittura del personaggio. Nel corso della visione assistiamo ad un’esperienza crescente, a volte bizzarra, ma piena di significato, perché ci ricorda saggiamente come sia difficile sostentarsi con l’arte, mostrando le proprie doti, ma al tempo stesso ci ricorda come sia facile raggiungere la notorietà attraverso cose superficiali, come un video di pochi secondi messo su internet o un programma volutamente trash. Il film ci ricorda come sia cambiata la società, analizzando con completezza gli aspetti peggiori e quelli migliori. Nonostante un monologo finale un po’ stereotipato sulla tecnologia, il film ha la capacità di articolare un pensiero ben ragionato, andando, come anticipato, a criticare severamente la società e la superficialità con la quale si prende gioco delle persone. Probabilmente è questo il lato più interessante della storia: se da una parte c’è l’imbarazzo di dover partecipare ad un programma dove le persone sono mostrate come se fossero un’attrazione circense, dall’altra c’è il più classico dei pensieri machiavellici: il fine giustifica i mezzi. Se Emanuele non si fosse sottoposto a questo sacrificio, mettendo a repentaglio la sua reputazione di artista serio, non avrebbe mai potuto racimolare il denaro necessario per aiutare dei bisognosi. Una triste consolazione che rimarca il fatto che spesso l’arte non paga.

La parabola di Emanuele è molto interessante, perché in un mondo dove la meritocrazia sta scomparendo, viene raccontata una storia dai sapori antichi, dove si cerca di fare giustizia. Trattandosi di una storia vera, sopraggiunge il dubbio che alcune parti siano romanzate, o quantomeno modificate per colorire una storia che altrimenti sarebbe troppo piatta, nonostante ciò, il film ha una buona resa, incuriosendo il pubblico per tutta la durata del film. Gran parte del merito va dato alla caratterizzazione del personaggio di Emanuele, il quale ha i riflettori perennemente puntati addosso e ha modo di raccontarsi attraverso diverse scene. Il suo carisma, la sua allergia per la gioia e l’espressione facciale burbera, sono parte integrante di un film che non ha delle qualità speciali, ma intrattiene quel tanto che basta grazie ad un percorso puntellato e contornato da scene in cui il protagonista deve affrontare diverse situazioni.

Tecnicamente parlando, il film fa un po’ fatica a reggere l’intera visione: se da una parte Nero è bravissimo come attore, è un po’ più lascivo dietro la macchina da presa, infatti la regia sembra molto asciutta, determinate inquadrature risultano superflue o impostate in modo poco approfondito. Anche la fotografia fa fatica ad esporsi, a volte sembra poco nitida e non eccelle in nessuna scena specifica. Ciò che rimane impresso del comparto tecnico sono le musiche, curate da Carmelo Travia e Giuliano Taviani. I due artisti si ritrovano ancora una volta dopo diverse esperienze cinematografiche e televisive, creando colonne sonore davvero avvolgenti per questo film.

Il cast è sicuramente un biglietto da visita interessante, perché è composto da diverse guest star rinomate ma un po’ decadute, dando loro un modo per tornare a farsi vedere. Ma a brillare è certamente Franco Nero, il quale non si sforza di essere espressivo (la parte non lo richiede), ma è convincente lo stesso. L’attore è capace di arrivare al cuore del pubblico con un ruolo meraviglioso, che denota ancora una volta il suo magnetismo.

L’uomo che disegnò Dio probabilmente rimarrà un film per pochi, non gradito al pubblico mainstream, ma è un prodotto valido, che è riuscito a far emozionare il pubblico con un linguaggio moderno e nostalgico allo stesso tempo.

In conclusione

L’uomo che disegnò Dio è un film che cerca di coinvolgere il pubblico attraverso un gradito mix di nostalgia e modernità, utilizzando anche guest star importanti. Nonostante qualche scena più colorita, il film è interessante perché racconta in modo lineare le vicende reali del protagonista, riuscendo a coinvolgere lo spettatore sul piano emotivo. Anche se il comparto tecnico non risulta sempre convincente, il film ha delle musiche eccezionali.

Note positive

  • L’interpretazione di Franco Nero
  • Le musiche
  • Diverse scene emozionanti

Note negative

  • Alcuni momenti troppo coloriti
  • Regia a volte incerta
  • Fotografia

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Review Overview
Regia
Fotografia
Sceneggiatura
Colonna sonora e sonoro
Interpretazione
Emozione
SUMMARY
3.3
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Francesco Lesti
Francesco Lesti

Laureato presso il DAMS di Roma Tre. Sono appassionato di cinema da quando ne ho memoria, ma non smetto mai di cercare nuovi film e nuove storie da amare.