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Quando la vita ti dà mandarini
Titolo originale: 폭싹 속았수다
Anno: 2025
Nazione: Corea del Sud
Genere: Drammatico, Sentimentale
Casa di produzione: Pan Entertainment
Distribuzione: Netflix
Episodi: 16
Regia: Kim Won-seok
Sceneggiatura: Lim Sang-choon
Fotografia: Choi Yoon-man, Kim Dong-soo
Musiche: Park Sung-il
Attori: IU, Park Bo-gum, Moon So-Ri, Kim Seon-Ho, Yeom Hye-Ran, Park Hae-Joon, An Tae-Rin, Kang You-seok, Choi Dae-Hoon
Trailer di “Quando la vita ti dà mandarini”
Informazioni sulla stagione e dove vederla in streaming
Nel panorama delle produzioni coreane del 2025, Quando la vita ti dà mandarini si è affermata come la serie più chiacchierata, ma anche tra le più amate dal pubblico. Uscita il 7 marzo 2025, ormai da oltre cinque mesi, continua a far parlare di sé, lasciando gli spettatori commossi episodio dopo episodio, con una delicatezza narrativa che regala lezioni di vita profonde e indimenticabili, capaci di rimanere nel cuore anche a distanza di tempo.
La serie, subito dopo la sua uscita è esplosa sui social network, dove gli utenti ne condividono riflessioni, emozioni e citazioni. In un contesto televisivo spesso dominato da trame epiche e mondi idealizzati, questa produzione sudcoreana — disponibile anche in lingua italiana — si distingue raccontando la bellezza di una vita vissuta nella sua semplicità, con i suoi momenti di gioia e imperfezione.
Il riconoscimento della critica non ha tardato ad arrivare: Quando la vita ti dà mandarini ha ottenuto ben otto candidature ai Baeksang Arts Awards, i corrispettivi coreani dei David di Donatello. Tra queste, risaltano le categorie di “Miglior serie” e “Miglior sceneggiatura”, insieme a quelle dedicate alle performance attoriali, a conferma dell’intensità e della qualità interpretativa del cast.
Trama di “Quando la vita ti dà mandarini”
Suddivisa in quattro capitoli di quattro episodi ciascuno, la serie, ambientata nella pittoresca isola di Jeju, racconta la vita di una donna, Oh Ae Sun (interpretata da IU nella versione giovane e Moon So-Ri in quella adulta), figlia di una pescatrice Haenyeo, dagli anni della sua infanzia alla sua vecchiaia. La sua storia si intreccia sin da subito con quella di Yang Gwang-Sik (interpretato da Park Bo-Gum nella versione giovane e da Park Hae Joon in quella adulta), il figlio di una famiglia di pescatori che cerca di proteggerla e spalleggiarla sin da bambini. Nonostante il desiderio di proseguire gli studi per diventare poetessa, le speranze di Ae Sun si spengono con la fine dell’adolescenza e l’inizio dell’età adulta, che la mette di fronte alla realtà femminile della Corea degli anni 60′, quella in cui la donna poteva essere solo madre e figlia. Così rifiutato Sang-Il, un uomo ricco e arrogante che, nonostante le possibilità economiche, le avrebbe comunque proibito di andare all’università, sposa il suo vero amore: il devoto Gwang-sik, che per amore ribalta ogni convenzione e si oppone alla sua stessa famiglia.
Insieme iniziano una difficoltosa, per ragioni economiche, ma anche felice vita matrimoniale a cui segue la nascita di tre figli: Geumyeong, Eumyeong e Domyeong, a cui segue tuttavia un dramma che cambierà per sempre la vita della coppia.
La storia si articola così parallelamente a quella della Corea del sud per ben quarant’anni, osservando i figli di Ae Sun crescere e diventare a loro volta adulti, in una società diversa, ma non senza problemi, ma soprattutto osservando Ae Sun e Gwang-sik invecchiare insieme fino alla fine.
Recensione di “Quando la vita ti dà mandarini”
Il titolo
“Quando la vita ti dà mandarini” è una di quelle serie che colpisce a fondo e su più punti. Innanzitutto il titolo (in coreano “폭싹 속았수다” ovvero “Grazie per il tuo duro lavoro) richiama un concetto quasi filosofico: il mandarino infatti non è soltanto il frutto iconico dell’isola di Jeju, nella quale è ambientata quasi l’intera serie, ma è anche un simbolo della vita stessa, dolceamara, aspra, ma anche colorata e dall’aroma inconfondibile. Già da questa prima semplice riflessione si potrebbe tracciare una particolarità in questa serie che sta letteralmente commuovendo i social, ma c’è di più.
I personaggi
A partire dall’ infanzia di Seo Ae Sun e Yang Gwangshik, innamorati bambini, giovani sposi e devoti genitori, “Quando la vita ti dà mandarini” non racconta semplicemente il senso di una vita, ma ne elogia la semplicità: i due protagonisti non sono infatti oggetto di una storia grandiosa, ma piccola, apparentemente come tante, eppure a suo modo spettacolare. Lo spettatore entra letteralmente da subito nella loro storia d’amore, ne prende parte tenendo i due giovani “Romeo e Giulietta di Seogwipo” mano per la mano, quando lui rinuncia all’atletica per lei, quando si ritrovano a organizzare una fuitina tutta sbagliata a Busan. Lo spettatore entra nella loro umile casa, quando decidono di sposarsi e quando nascono i loro tre figli, assiste al sovvertimento della famiglia patriarcale, alla crescita di una nuova generazione in una nuova Corea immersa in nuove difficoltà, ma anche in un nuovo sviluppo economico, ma assiste anche i due protagonisti nei momenti più bui della loro vita, vivendo assieme a loro nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, nella vita come nei lutti, specialmente quelli più strazianti. E’ proprio il coinvolgimento pieno e totale di chi, anziché osservare dall’esterno una storia, è chiamato a viverla, a distinguere questa serie da molte altre e questo pathos è amplificato proprio dalla voce narrante, quella di Geumyeong, primogenita della famiglia Yang, nonché narratrice della storia, ma anche della varietà di emozioni che contraddistinguono la sua vita e quella della sua famiglia.
Qualcuno mi ha detto che “qualsiasi figlio di immigrato può rivedersi in questa serie”, ma io aggiungerei che davvero chiunque, a suo modo, può trovare un posto tra questi personaggi. Articolata in un arco temporale di cinquant’anni le tematiche di “Quando la vita ti dà mandarini”, ma soprattutto i suoi personaggi sono in grado di riflettersi nelle generazioni di qualsiasi Paese, senza alcuna distinzione di cultura o etnia. Se da un lato Ae Sun e Gwang-shik rappresentano la generazione del lavoro duro e manuale in un Paese ancora arretrato e sfiancato da una guerra appena terminata, rappresentano un amore ancora fatto di piccole cose ma valori non meno importanti, i loro figli, tra cui spiccano Geumyeong ed Eunmyeong riflettono pienamente il cambiamento dei tempi: da un lato infatti la prima, ambiziosa e determinata, riesce a entrare all’università di Seul e diventa il riflesso del sogno di sua madre, quello di diventare una donna acculturata nella grande città, il secondo, rancoroso, ma anche frustrato proprio a causa della sofferenza impressa dalla povertà vissuta nell’infanzia e del suo essere sempre secondo, si perde alla ricerca della “ricchezza facile”. Chiunque può trovare dunque il proprio volto tra i personaggi, può sentirsi rappresentato, nel successo o nelle difficoltà, nell’amore o nella sofferenza, soprattutto perché le dinamiche familiari sono vivaci, profondamente vere, grazie a una sceneggiatura che a volte sembra davvero leggere nel pensiero di chiunque abbia vissuto certe dinamiche.
La storia di un paese e di un isola
La storia della famiglia Yang è indissolubilmente legata poi a quella del Paese in cui si svolge tutta la storia: la Corea del sud, il cui sviluppo repentino degli anni 70′ e 80′, contraddistinto anche dalla presenza delle Olimpiadi del 1986, si scontra con la successiva crisi economica e finanziaria della fine degli anni 90′, anni in cui l’intero Paese dovette dichiarare bancarotta, e poi ancora la ripresa col nuovo millennio contraddistinto da quell’onda culturale coreana, che ora tutti siamo abituati a riconoscere. I fatti principali di un Paese piccolo e relativamente giovane si imprimono episodio dopo episodio sull’isola di Jeju, sul villaggio di Dodong-ri, nella parte meridionale dell’isola (Seogwipo), e anche sulla famiglia Yang, da umili pescatori nella fase di sviluppo del proprio Paese, a imprenditori poi, osservando una povera isola diventare lentamente una meta turistica per viaggiatori da tutto il mondo. E’ anche la narrazione storica accurata di un periodo variegato nel quale la famiglia Yang, l’isola di Jeju non sono altro che microcosmi esemplificativi di una Corea del sud che si destreggia da piccolo Paese emergente nel post guerra di Corea a nuova grande potenza economica dell’Asia.
La narrazione del femminile
Oh Ae Sun, Yang Geumyeong, madre e figlia, interpretate in gioventù entrambe da IU, nonchè narratrici a momenti alterni di questa storia, possono essere considerate nell’ampio mosaico di personaggi, le due vere protagoniste della storia. Sono proprio le vicende di Ae Sun, giovane ribelle alle convenzioni che la volevano madre e moglie senza voce in capitolo sulle decisioni, e di sua figlia Geumyeong dopo, ribelle a sua volta nella grande città, a tracciare una narrazione del femminile in Corea del sud precisa ed articolata, ma soprattutto contraddistinta proprio dalla capacità delle due protagoniste di ribaltare tutto con la loro forza mentale e il supporto di due coraggiosi, nonchè eccezionali personaggi maschili. Nonostante il Paese si evolva, le sue città cambino faccia da un decennio all’altro e la sua economia passi da quella di Paese emergente a quella di piccola potenza continentale, lo spaccato sul femminile che emerge dall’intera serie non è ottimista, bensì piuttosto critico: come sua madre vent’anni prima, anche Geumyeong, laureata in una delle università più prestigiose di Seoul e cresciuta con la mentalità aperta dei suoi stessi genitori, si trova a di fronte a un maschilismo ancora imperante nelle relazioni, al quale, proprio come sua madre molti anni prima, decide di andare contro, anche a costo di scegliere una vita diversa. Gwangsik per Ae Sun e Yeosop per Geumyeong, due esempi maschili di grande positività per lo spettatore e per il genere femminile tutto, non sono tuttavia altro che due eccezioni in un mondo ancora fino agli anni 90′, profondamente impregnato di una mentalità che vuole la donna al servizio dell’intero ecosistema familiare. Anche in questo aspetto, “Quando la vita ti dà mandarini” raccoglie la preziosa missione di rendere i suoi spettatori consapevoli di una realtà che, seppur in forme e colori diversi, si ripresenta sempre con le stesse dinamiche per la donna, in Corea del Sud, ma in fondo forse anche in Occidente.
In conclusione
Solo quando ci si approccia a “Quando la vita ti dà mandarini” se ne comprende il vero valore, quello di una serie non categorizzabile in un genere, non etichettabile come kdrama romantico.
“Quando la vita ti dà mandarini”, che ha fatto sorridere, ma soprattutto piangere migliaia di spettatori da marzo ad oggi, è un riflesso della vita stessa, della normalità che diventa un unicum, un qualcosa di speciale di cui innamorarsi ogni giorno, anche nelle difficoltà.
Note positive
- Narrazione intergenerazionale coerente e ricca di pathos
- Scrittura intensa e coinvolgente delle dinamiche familiari
- Tracciato storico accurato della Corea del Sud
Note negative
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Sceneggiatura |
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Interpretazione |
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4.1
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