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Taxi Monamour
Titolo originale: Taxi Monamour
Anno: 2024
Nazione: Italia
Genere: Drammatico
Casa di produzione: Kimerafilm, MFF
Distribuzione italiana: Adler Entertainment
Durata: 110 minuti
Regia: Ciro De Caro
Sceneggiatura: Ciro De Caro, Rosa Palasciano
Fotografia: Manuele Mandolesi
Montaggio: Jacopo Reale
Musiche: –
Attori: Rosa Palasciano, Yeva Sai, Valerio Di Benedetto, Ivan Castiglione, Matteo Quinzi, Taras Synyshyn, Halyna Havryliv, Laurentina Guidotti
Trailer di “Taxi Monamour”
Informazioni sul film e dove vederlo in streaming
Quarto lungometraggio del regista romano classe ’75, Ciro De Caro, autore di pellicole come Spaghetti Story (2013) e Acqua di Marzo (2016), “Taxi Monamour” è un film drammatico presentato il 3 settembre 2024 alla 21ª edizione delle Giornate degli Autori, all’interno del Festival di Venezia. De Caro torna a Venezia dopo aver presentato nel 2021 “Giulia“, sempre nella sezione parallela Giornate degli Autori. Per la realizzazione del suo nuovo film, De Caro si affida nuovamente all’attrice Rosa Palasciano, con cui aveva già lavorato in “Giulia”, un’interpretazione che le valse il David di Donatello 2022 come miglior attrice protagonista. Accanto a Rosa Palasciano troviamo la giovane attrice ucraina Yeva Sai, originaria di Leopoli e giunta in Italia nel 2022 a causa dell’invasione russa in Ucraina. Conosciuta dal pubblico italiano per la sua performance nelle stagioni 3, 4 e 5 di “Mare Fuori“, Yeva Sai debutta nel cinema come protagonista con “Taxi Monamour”.
Il lungometraggio, scritto da De Caro insieme a Rosa Palasciano e prodotto da Simone Isola e Giuseppe Lepore per Kimerafilm, in associazione con Michael Fantauzzi per MFF, con la collaborazione di Rai Cinema, Adler Entertainment e il contributo del Ministero della Cultura, viene distribuito al cinema dal 4 settembre 2024 da Adler Entertainment, casa di distribuzione e produzione fondata nel 2013.
Trama di “Taxi Monamour”
Anna ha un grave problema di salute che non può cancellare né nascondere per sempre. La dottoressa che la segue non le consente di rinnovare la patente e insiste affinché inizi a prendere le medicine e cominci la terapia, cosa che Anna non intende fare. Nessuno è a conoscenza della sua condizione fisica e, nonostante i sintomi sempre più evidenti, continua a fingere che tutto vada bene, portando avanti la sua vita come se nulla fosse. Anna, forse credendo o fingendo che tutto andrà bene, mantiene la sua routine: lavoro, casa e famiglia. Ogni giorno si reca al lavoro, dove è impiegata come cameriera in prova, sperando di ottenere un’assunzione. Sul piano personale, convive con il suo compagno, un uomo più grande di lei, che presto dovrà trasferirsi in Afghanistan per motivi di lavoro, per partecipare alla costruzione di un gasdotto, un incarico che lo terrà lontano dall’Italia per oltre due mesi. Lui le ha proposto di seguirlo, ma Anna ha rifiutato. Infine, c’è la sua famiglia, composta da una madre malata e due fratelli. Anna è particolarmente legata al fratello minore, il più emarginato dalla famiglia.
Nadiya è una giovane ragazza ucraina costretta a lasciare il proprio paese a causa della guerra tra Russia, Ucraina e NATO. Rifugiatasi in Italia, vive con la zia e il marito di lei. La zia le vuole molto bene, trattandola come una figlia e preoccupandosi per il suo stato d’animo apatico e demotivato da quando è stata costretta a trasferirsi a Roma. Nadiya lavora senza entusiasmo come badante per un’anziana signora, nonostante abbia ricevuto una proposta di lavoro più allettante che non ha preso in considerazione. Priva di amici, l’unico desiderio di Nadiya è quello di tornare in Ucraina, nonostante la zia insista affinché rimanga a Roma, al sicuro dalla guerra.
Una sera, le due donne si trovano alla fermata dell’autobus, ma il veicolo non arriva a causa di uno sciopero dei trasporti. Due uomini stranieri si offrono di accompagnarle a casa, definendo la loro vettura “Taxi Monamour”. Le due ragazze, diffidenti, temono che la situazione possa degenerare, ma fortunatamente ciò non avviene. Questo strano incontro diventa il primo contatto verso la formazione di un legame speciale, che aiuterà entrambe a combattere la loro tristezza e solitudine.

Recensione di “Taxi Monamour”
“Taxi Monamour” è una pellicola marcatamente realistica, quasi neorealista, che ci racconta, attraverso il contesto sociale dell’Italia del 2023-24, una storia complessa, intima e delicata, incentrata su due personaggi in lotta contro l’ambiente circostante, e forse anche contro la realtà stessa, che impone loro vincoli da cui faticano a liberarsi. Le due protagoniste, Anna e Nadiya, sono imprigionate in situazioni da cui cercano disperatamente di uscire, alla ricerca di una felicità autentica e personale. La famiglia di Anna la spinge a rimanere accanto al compagno, rinunciando a ogni desiderio di indipendenza e vivendo per lui e per il suo lavoro. Allo stesso modo, la famiglia di Nadiya crede di sapere quale sia la cosa migliore per lei, costringendola a rimanere in Italia, a Roma, un luogo per lei insopportabile, facendola lavorare in un mestiere deciso da altri, privandola così di ogni scelta autonoma e personale. In poche parole, Nadiya è imprigionata e costretta a seguire i comandi della zia e dello Stato Italiano, mentre sogna di tornare in patria.
Anna e Nadiya, tuttavia, non sono facili da comandare e non intendono sottomettersi alla famiglia o alla realtà stessa. Invece di adattarsi a una vita monotona e standardizzata, preferiscono prendere decisioni azzardate e rischiose, che però possono consentire loro di assaporare, anche solo per un momento, la libertà, esplorando e comprendendo meglio il loro io. “Taxi Monamour” è dunque la storia del loro incontro-scontro, di un incrocio di anime che nasce da un sentimento di titubanza e diffidenza, ma che si trasforma in una fervente intesa e amicizia. Un’amicizia che permette loro di comprendere e sostenersi a livello emotivo, anche senza molte parole. L’incontro tra Anna e Nadiya è quello di due anime tristi e imprigionate in un destino avverso, contro cui non intendono cedere, ed è la storia di un’amicizia che offre loro un senso di momentanea libertà e riscoperta del proprio io. In alcuni momenti, soprattutto nel toccante finale, questa amicizia sfocia quasi in un sentimento romantico, mostrando come tra le due ragazze sia nato un profondo legame emotivo, che possiamo definire amore, un amore intenso e forte, capace di spezzare ogni catena in favore di una totale libertà interiore, nonostante un dolore che costantemente avvolge entrambe, come dimostrano le loro espressioni prive di gioia giorno dopo giorno.
A donare maggior spessore emotivo alla pellicola, che si sviluppa con un ritmo tranquillo e misurato, trasmettendo quel senso di realismo neorealista e dolcezza presente nel film, sono le interpretazioni delle due attrici protagoniste, assolutamente perfette per i ruoli assegnati. Rosa Palasciano non è una novità a livello attoriale, avendo già offerto una prova di spessore in “Giulia”, ma qui realizza una performance ancora più convincente, probabilmente grazie anche alla sua partecipazione nella fase di sceneggiatura, riuscendo a trasmettere una parte di sé stessa nel personaggio di Anna. Palasciano riesce a far emergere ogni sfumatura del suo personaggio, una donna fragile e stramba, che rifiuta di combattere la propria malattia, non accettandola e fingendo che non esista. Allo stesso tempo, trova in Nadiya un appoggio, una presenza da cui trarre forza per sentirsi nuovamente viva, sconfiggendo la solitudine che attanaglia la sua esistenza. Accanto a Rosa Palasciano troviamo la sorprendente Yeva Sai, una scelta perfetta per il ruolo a lei attribuito. Il suo personaggio è quello di una ragazza ucraina arrabbiata con il mondo, incapace di abbandonarsi al divertimento e alla felicità, mantenendo giorno dopo giorno uno sguardo di profonda tristezza e apatia. Questa apatia viene spezzata solo nel finale della pellicola, attraverso l’intensa scena in mare e il toccante epilogo sentimentale. La performance di Yeva Sai è ben realizzata, riuscendo a farci empatizzare con il suo personaggio e offrendo una prova solida che fa ben sperare per il suo futuro attoriale, dimostrando che sa recitare bene se ben diretta.
La regia di Ciro De Caro è pregevole, al servizio della narrazione, con scelte registiche autoriali che rafforzano le sensazioni di tristezza, apatia e bisogno di libertà e affetto che la storia richiama espressamente. La posizione della macchina da presa non è mai banale né fine a sé stessa, ma sempre funzionale alle emozioni che il regista vuole trasmettere. De Caro costruisce le sue inquadrature con intelligenza, scegliendo con cura la costruzione scenica e usando l’immagine per raccontare un mondo più attraverso le immagini che con le parole. La macchina da presa, sempre tenuta a mano, si muove costantemente nello spazio scenico, spostandosi da un primo piano di un personaggio all’altro, fino a catturare un dettaglio o un particolare significativo. Molto efficaci sono anche le numerose scene in macchina, con la telecamera posizionata nei sedili posteriori, senza mai mostrarci i guidatori frontalmente, ma solo di spalle, dove possiamo ascoltare i loro dialoghi o intravedere il loro profilo e la strada. Questa scelta diventa particolarmente funzionale nel finale, creando una sequenza pregevole e capace di emozionare lo spettatore. Al tempo stesso, questa scena racconta molto di Anna, soprattutto se ripensiamo alla scena di addio tra lei e il compagno, anch’essa ripresa dall’interno dell’auto, che risulta estremamente fredda, evidenziando i sentimenti interiori di Anna nei confronti di Nadiya, molto più forti e intensi di quelli che prova per il suo compagno (o almeno così dovrebbe essere). La regia riesce quindi a utilizzare le inquadrature al momento giusto, sapendo quando seguire i personaggi da vicino e quando mostrarli in campi medi o totali, permettendo al film di ottenere una sua intensità emotiva e psicologica importante, che lo spettatore può apprezzare, ben sapendo però che questo film è un lungometraggio di nicchia, che solo un pubblico specifico può apprezzare completamente.

In conclusione
Taxi Monamour è una pellicola marcatamente realistica, che racconta con delicatezza e profondità la lotta di due donne contro le restrizioni imposte dalla società e dalla famiglia. Il loro viaggio emotivo si trasforma in una ricerca di libertà e scoperta di sé, attraverso scelte coraggiose e rischiose. La regia di Ciro De Caro, insieme alle intense interpretazioni di Rosa Palasciano e Yeva Sai, conferisce al film un tono intimo e riflessivo, facendo emergere le emozioni più profonde dei personaggi. Tuttavia, il ritmo lento e la narrazione statica potrebbero limitare l’attrattiva del film a un pubblico di nicchia.
Note positive
- Rosa Palasciano e Yeva Sai offrono performance convincenti, conferendo profondità ai loro personaggi e facendo emergere le loro lotte interiori.
- Il film cattura con precisione il contesto sociale italiano del 2023-2024, dando vita a una narrazione intima e complessa
- La regia di Ciro De Caro è funzionale e intelligente, utilizzando la macchina da presa per raccontare più attraverso le immagini che con le parole.
Note negative
- La narrazione procede con un ritmo tranquillo, che potrebbe risultare troppo lento per alcuni spettatori.
Regia |
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Interpretazioni |
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Sceneggiatura |
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Fotografia |
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Colonna sonora e sonoro |
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Emozioni |
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SUMMARY
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3.9
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