The one (2022). La vera storia della sopravvissuta Larisa Savitskaya

Recensione, trama e cast del lungometraggio russo The one (2022), liberamente basato su un fatto di cronaca avvenuto nella russia degli anni '80

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Trailer di “The one”

Informazioni sul film e dove vederlo in streaming

Distribuito nei cinema russi il 9 giugno 2022, The One (titolo originale Одна) è il quinto lungometraggio diretto da Dmitriy Suvorov (Vse ili nichego, 2018; Naughty Girl, 2023). Il film è liberamente ispirato alla storia vera di Larisa Savitskaya, l’unica sopravvissuta alla caduta di un Antonov An-24RV, precipitato da un’altitudine di 5.000 metri nell’agosto del 1981. Larisa fu ritrovata viva il 27 agosto, diversi giorni dopo l’incidente.

Per interpretare il ruolo principale, quello di Larisa, è stata scelta l’attrice russa Nadezhda Kaleganova, nota per la sua partecipazione al lungometraggio Tsoy. Con The One, distribuito in Italia direttamente sul mercato home video da Eagle Pictures e Blue Swan Entertainment il 16 febbraio 2023, Kaleganova affronta la sua prima vera prova attoriale come protagonista.

Trama di “The one”

Il 24 agosto 1981, Larisa e Vladimir Savitsky, novelli sposi, si imbarcano su un volo civile dell’Unione Sovietica sulla rotta Komsomolsk-on-Amur – Blagoveshchensk, per fare ritorno a casa. Tuttavia, a circa 30 minuti dall’atterraggio, l’aereo Antonov AN-24 collide con un bombardiere Tu-16K dell’Aeronautica sovietica, precipitando in pezzi da un’altezza di oltre 5 chilometri. In un incidente che sembrava non lasciare alcuna speranza di sopravvivenza, accade l’impensabile: Larisa si risveglia tra i rottami, immersa nella fitta taiga siberiana.

Sopravvissuta al disastro, Larisa deve affrontare la natura selvaggia e le sue insidie, lottando per la sopravvivenza con una forza d’animo straordinaria. Determinata a sopravvivere al freddo e ai pericoli circostanti, non perde la speranza di ritrovare suo marito Vladimir, credendo possibile che anche lui sia riuscito a scampare all’incidente.

Nadezhda Kaleganova e Maksim Ivanov-Marenin in The One (2022)
Nadezhda Kaleganova e Maksim Ivanov-Marenin in The One (2022)

Recensione di “The one”

Con The one, Dmitriy Suvorov realizza una pellicola che può essere definita, con una certa riluttanza, “carina”. Un termine che personalmente evito, poiché racchiude un giudizio spesso ambivalente: nel definire qualcosa “carino”, si sottintende una mancanza di profondità o incisività. Applicato all’arte – che si tratti di cinema, pittura o musica – “carino” diventa sinonimo di mediocrità, di un’opera che non provoca né fastidio né emozione, lasciando lo spettatore indifferente. Purtroppo The one rientra perfettamente in questa definizione. Alla fine della visione, il film non lascia alcun segno nel cuore o nella mente dello spettatore. Se da un lato si presenta come un prodotto audiovisivo ben confezionato, capace di intrattenere con una regia e un montaggio tecnicamente solidi, dall’altro manca di quella scintilla che rende un’opera memorabile o coinvolgente. Suvorov e il team di sceneggiatori non riescono a infondere al racconto quella tensione emotiva o quel senso di adrenalina che una storia come questa potrebbe facilmente evocare. Il risultato è un film godibile, ma privo di sostanza, che non riesce a lasciare un’impronta duratura nello spettatore. Dopo pochi giorni, la pellicola rischia di svanire dalla memoria del pubblico, relegata a un’esperienza piacevole ma fondamentalmente dimenticabile.

La struttura narrativa di The One si articola in due, o forse tre, parti drammaturgicamente interconnesse. Il film, prima di tutto, si presenta come una classica storia di sopravvivenza, seguendo Larisa nella sua disperata lotta per la vita dopo essere miracolosamente sopravvissuta alla caduta di un aereo. La giovane deve fronteggiare condizioni estremamente avverse: una grave ferita alla gamba e le temperature gelide della taiga siberiana. Parallelamente, si sviluppa una sottotrama di carattere investigativo-politico, incentrata sul soldato russo Knyazev, incaricato dall’URSS di indagare sull’incidente. Il suo compito non è solo quello di individuare, o fabbricare, colpevoli a cui addossare la responsabilità del disastro, ma anche di occultare ogni traccia dell’incidente per evitare che il mondo venga a conoscenza dell’errore sovietico. Una trama secondaria concettualmente e tematicamente interessante ma che non riesce a risultare minimamente interessante a causa di una mancanza di approfondimento psicologico di Knyazev, un personaggio alquanto bidimensionale e non trattato a livello interiore nel corso della pellicola. Difatti, tra questi due archi narrativi, è senza dubbio la storia di sopravvivenza di Larisa a suscitare maggiore interesse emotivo. Tuttavia, anche questa parte risulta priva di un vero impatto emotivo, con pochi momenti davvero coinvolgenti e una scrittura che non riesce a creare un percorso di crescita per il personaggio. Larisa sembra non subire un’evoluzione significativa, a causa di una sceneggiatura incapace di svilupparne la sua complessità interiore.

A complicare ulteriormente la narrazione, la trama include una serie di flashback, che ci riportano indietro di un anno per esplorare il passato di Larisa. Dopo la tragedia aerea, il film effettua un salto temporale all’indietro del tempo che ci mostra una Larisa reduce da un’esperienza fallimentare a Mosca, un periodo così difficile da spingerla a contemplare il suicidio. Questo elemento, pur interessante, non viene mai approfondito a sufficienza: perché la ragazza vuole suicidarsi?. La narrazione, sviluppata tramite il salto temporale, si concentra invece sulla storia d’amore tra Larisa e il diciannovenne Maksim Ivanov, il giovane che diventerà suo marito. La rappresentazione del loro amore, però, appare frettolosa e superficiale. Gli spettatori assistono a una successione di eventi che descrivono le difficoltà di Maksim nel lavorare e studiare per mantenere Larisa e costruire una vita con lei, senza l’aiuto economico dei genitori. Tuttavia, questa parte del film manca di profondità emotiva e non riesce a creare un legame significativo con il pubblico. Inoltre, il passaggio tra il presente e il passato viene gestito in modo confuso. Dopo aver mostrato frammenti della storia d’amore, il film improvvisamente introduce una sequenza onirica inquietante: una sorta di incubo che Larisa vive all’interno di un cinema, dopo aver guardato un film su una donna miracolosamente sopravvissuta a un disastro aereo (proprio come lei, in un gioco quasi metacinematografico fine a sé stesso). Questo evento, inspiegabile e sconnesso, interrompe bruscamente il lungo flashback, trasformando quello che avrebbe potuto essere un efficace viaggio nel passato in un momento narrativamente caotico, dal sapore onirico., trasformando questo flashback in una sorta di visione – sogno.

L’elemento più interessante di The One, al di là delle mediocri interpretazioni degli attori e di una colonna sonora poco incisiva, è sicuramente la fotografia, che riesce a riflettere in modo efficace lo stato interiore dei personaggi. Il cromatismo, infatti, muta in base ai sentimenti di Larisa, creando un legame visivo tra il mondo esterno e le sue emozioni. Nelle sequenze iniziali e durante i flashback, la fotografia assume un sapore retro, con tonalità quasi seppia e una scenografia che richiama gli anni ’80 in Russia. I momenti di felicità tra Larisa e Maksim sono caratterizzati da una luce calda e colori vivaci, che sottolineano la spensieratezza della loro vita di coppia. Al contrario, le scene in cui Larisa lotta per sopravvivere nella natura selvaggia sono dominate da cromatismi spenti, in cui prevalgono toni freddi e desaturati, enfatizzando il senso di isolamento e la durezza dell’ambiente siberiano. Questa contrapposizione cromatica è particolarmente evidente nei momenti in cui Larisa, intrappolata nella foresta, ricorda il suo passato con Maksim. Gli stessi luoghi, che nel presente appaiono gelidi e inospitali, vengono mostrati attraverso toni caldi e avvolgenti nei ricordi della protagonista, creando una dicotomia visiva tra il calore emotivo del passato e la desolazione del presente. Questo contrasto contribuisce a rendere tangibile la perdita vissuta da Larisa e amplifica la dimensione emotiva della sua lotta per la sopravvivenza.

Nadezhda Kaleganova in The one (2022)
Nadezhda Kaleganova in The one (2022)

In conclusione

“The One” di Dmitriy Suvorov è un film che, nonostante alcune qualità tecniche come la fotografia evocativa e una regia solida, fatica a lasciare un’impronta significativa. Tra trame poco approfondite, personaggi bidimensionali e una narrazione confusa, la pellicola risulta un’esperienza visivamente apprezzabile ma emotivamente piatta. È un’opera che intrattiene senza osare, perdendo l’occasione di trasformare una storia di sopravvivenza e rinascita in un racconto davvero memorabile.

Note positive

  • Fotografia evocativa che amplifica lo stato emotivo dei personaggi.

Note negative

  • Personaggi poco approfonditi, specialmente il soldato Knyazev.
  • Narrazione confusa con passaggi tra presente e flashback mal gestiti.
  • Mancanza di tensione emotiva e di evoluzione significativa dei protagonisti.
Review Overview
Regia
Fotografia
Sceneggiatura
Colonna sonora e sonoro
Interpretazione
Emozioni
SUMMARY
2.9
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Stefano Del Giudice
Stefano Del Giudice

Laureatosi alla triennale di Scienze umanistiche per la comunicazione e formatosi presso un accademia di Filmmaker a Roma, nel 2014 ha fondato la community di cinema L'occhio del cineasta per poter discutere in uno spazio fertile come il web sull'arte che ha sempre amato: la settima arte.

4 commenti

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  1. Bellissimo film, molto coinvolgente. Mi sa no commossa tremendamente sul finale e ho apprezzato molto l’intervista finale.

  2. A me è piaciuto invece è parecchio. Temo che il giudizio del critico sia frutto di una visione molto superficiale, dato che scrive, parlando dei flashback, “Dopo la tragedia…suicidio” quando invece viene salvata dal marito, quindi PRIMA della tragedia. Tutti i flashback sono PRIMA della tragedia (si chiamano così apposta).

    • Trovo che il film abbia tutte le caratteristiche di un prodotto costruito ad arte e coinvolgente tenendo conto del contesto umano nell’ URSS prima della ” trasparenza”.