The Substance (2024). Filosofia di un manifesto al valore femminile

Recensione, trama, cast del film The Substance (2024) per la regia di Coralie Fargeat. Il film è stato presentato in concorso al 77° Festival di Cannes.

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Trailer di “The Substance”

Informazioni sul film e dove vederlo in streaming

Presentato in concorso al 77° Festival di Cannes, “The Substance” è un film diretto dalla regista francese Coralie Fargeat (“Revenge“), vincitrice in Costa Azzurra del Prix du scénario per la miglior sceneggiatura. Originariamente affidato al canale distributivo di Universal Pictures, MUBI ne acquistò i diritti in prossimità della proiezione a Cannes e se ne assicurò l’esclusiva per i Paesi d’oltreoceano e per buona parte d’Europa. Nelle sale italiane, il film ha iniziato a circolare il 30 ottobre 2024 sotto la direzione di I Wonder Pictures.

Trama di “The Substance”

Elisabeth Sparkle (Demi Moore), una diva hollywoodiana ormai dimenticata, conduce per il piccolo schermo una popolare trasmissione di aerobica. Scaricata dal suo datore di lavoro (Dennis Quaid) perché ritenuta troppo vecchia, la donna si propone per un misterioso trattamento scientifico noto come The Substance, che promette di generare una versione più giovane e perfetta di chi ne fa uso, a condizione che le due varianti si alternino ogni settimana. I suddetti equilibri saranno via via messi in discussione dall’alter ego di Elisabeth, una ragazza più incantevole e prestante (Margaret Qualley) che raggiungerà il successo a nocumento della sua “matrice” .

Elisabeth Sparkle (Demi Moore) - THE SUBSTANCE
Elisabeth Sparkle (Demi Moore) – THE SUBSTANCE

Recensione di “The Substance”

Se, a detta di qualcuno, criticare Barbie significa non sostenere le lotte della comunità femminista, amare “The Substance” equivale ad apprezzare il cinema nella sua forma più pura. Le idee di Coralie Fargeat sono chiare e definite sia nel farsi portatrici di un messaggio sociale assolutamente rilevante, che nel porre in essere un’opera d’arte dalle mille sfaccettature: derivativa ma originale, impattante nella forma ed eclettica nella sostanza.

Partendo dal mito del divo decadente tanto caro a Billy Wilder, questo nuovo body horror di genuino stampo cronenberghiano configura nel mondo contemporaneo una macabra visione della realtà, che lega la rappresentazione del “mostro” tipica dei vari Lynch, Carpenter o Yuzna a sequenze già trasformate in cult da Brian De Palma e ancora a elementi di raccordo al cinema di Hitchcock e Kubrick. In questo calderone dove le diverse unità possono sembrare disunite o desultorie, la regista francese traccia un filo rosso di grande spessore e imprime alla narrazione uno sguardo femminile unico e prodigioso.

La macchina da presa risulta, infatti, quasi invadente nell’estremizzare caratteri di totale ripugnanza o nell’indugiare sulle voluttuose sinuosità delle protagoniste, sostituendosi al male gaze e adattando l’obiettivo della telecamera allo sguardo superficiale e malizioso di uno spettatore qualunque. Al netto dei già citati rimandi ad un cinema passato, il secondo lungometraggio di Coralie Fargeat riflette con estremo rigore la società del nuovo millennio, nella quale anche una donna come Demi Moore è spinta a mettere in dubbio la propria bellezza.

Sarà un’astratta lente pop a filtrare un’atmosfera di per sé cruda e oscura, conferendo colore e dinamicità a un racconto che per sua natura non ne gioverebbe. Personaggi, oggetti e persino scenografie non si mostrano per come dovrebbero ma appaiono a favor di camera nella loro minuziosa rappresentazione e maniacale linearità. Solo nel finale si manifestano quelle imperfezioni di cui lo spettatore era rimasto all’oscuro, esistite sino a quell’istante solo nelle preoccupazioni di chi aspirava a un vacuo miglioramento.

Nelle loro magistrali interpretazioni, Demi Moore e Margaret Qualley rappresentano due personaggi che vivono un tradizionale dualismo di cui non è scontato comprenderne l’origine, dove, pur essendo sfaccettature di una stessa entità, animo ribelle e tendenze razionali si ritrovano in uno scontro perenne. A monte di tale dicotomia non si pone uno sguardo giudicante, bensì un faro a illuminare gli eventi, che non chiede di emettere sentenze ma si interroga sulla natura dell’orrendo: il brutto sta nel corpo non perfetto o si protende nell’occhio stigmatizzante di chi non lo accetta come tale?

Alla pari di interpretazioni femminili così potenti e centrali, l’attenzione della regista non dimentica il ruolo primario di un Dennis Quaid entrato nel progetto in punta di piedi, chiamato a sostituire Ray Liotta in seguito alla sua improvvisa scomparsa. Anche l’interprete originario di Houston lavora a stretto contatto con la cinepresa che, nei riguardi del suo personaggio, alterna primissimi piani e particolari senza oggettificarne il corpo, ma esplicitando con metafore e allusioni un temperamento viscido e disgustoso.

Finalmente una narrazione così attenta al sociale si fa promotrice di un’adeguata dose di coraggio, per mezzo della quale non teme l’effetto di sequenze visivamente impattanti, indugia su inquadrature di nudo integrale e si sofferma con quasi disturbante sistematicità sulla sessualizzazione di corpi femminili volutamente esposti in pubblica piazza. Un ritmo sostenuto e frizzante accompagna lo sguardo colpevole dello spettatore ignaro verso una storia circolare di disagio e di trasformazione, di vittime e di carnefici, di paure e di ansie. Come “Barbie“, anche “The Substance” non si priva dello scintillio di brillantini color rosa acceso, ma in compenso rinuncia a una morale spicciola e retorica, scegliendo oculatamente di far parlare le immagini anche quando possono apparire eccessive.

Sue (Margaret Qualley) - THE SUBSTANCE
Sue (Margaret Qualley) – THE SUBSTANCE

«I corpi femminili. The Substance è un film che parla di corpi femminili. Di come siano sempre oggetto di scrutinio, fantasie e critiche all’interno dello spazio pubblico. Di come noi, in quanto donne, siamo portate a pensare di non avere scelta se non essere perfette/sexy/sorridenti/magre/giovani/belle per avere valore nella società. E di quanto ci risulti impossibile sfuggire a questa logica, per quanto istruite, intelligenti e indipendenti possiamo essere. Perché da oltre 2000 anni i corpi femminili sono plasmati e controllati dal desiderio di coloro che li osservano. Ovunque intorno a noi, nelle pubblicità, nei film, nelle riviste vengono messe in mostra versioni di noi che sono frutto della fantasia di altri. Versioni sempre belle. E magre. E giovani. E sexy. Sono la “donna ideale” che attrae amore. Successo. Felicità. E se osiamo distaccarci da quei canoni, che sia per l’età, il peso, le curve, la società ci dice che siamo finite. Nessuno vuole più vederci. Nessuno ci vuole più sugli schermi. Nessuno ci vuole più sulle copertine delle riviste. Veniamo cancellate dallo spazio pubblico. Non valiamo più il tempo e l’attenzione della società. E i social media hanno acuito la gravità della situazione per le nuove generazioni. Credo fermamente che questa sia la nostra prigione. Una prigione che la società ci ha costruito intorno e che è diventata uno strumento potentissimo di controllo e dominio. Una prigione che crediamo di volere. Questo film, invece, ci dice che è ora di far saltare tutto per aria. Perché com’è possibile che sia il 2024 e viviamo ancora in questa situazione?

Note di regia

In conclusione

The Substance” è titolo dall’indubbio valore sociale e artistico. Le frequenti citazioni a grandi capolavori del passato non ne fanno un’opera stantia, bensì centrano l’essenza di un racconto scritto per le nuove generazioni. Interpretazioni di grande pregio affiancano una regia curiosa e funzionale, che proietta lo spettatore all’interno dell’universo narrato e ne dichiara ogni intento.

Note positive

  • Regia
  • Fotografia
  • Interpretazioni
  • Coraggio e sincerità

Note negative

  • Un occhio meno esperto potrebbe non cogliere il discorso metacinematografico
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Matteo Tartarini
Matteo Tartarini

Laureando al DAMS ed appassionato della settima arte dal giorno zero!
Ho deciso di rischiare tutto per rincorrere il sogno di vivere scrivendo di cinema.
Non temo nulla! Cerco di essere in prima fila anche per i film peggiori, sicuro di trarne qualche insegnamento.