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Acasa – My Home
Titolo originale: Acasă – My Home
Anno: 2020
Paese: Romania
Genere: Documentario
Produzione: Manifest Film, HBO Europe, HBO Romania, Corso Film
Distribuzione: Kino Lorber, Zeitgeist Films
Durata: 1h 26m
Regia: Radu Ciorniciuc
Fotografia: Radu Ciorniciuc, Mircea Topoleanu
Montaggio: Andrei Gorgan
Musiche: Gaute, Codrin Lazar, Yari
Attori: Gica Enache, Vali Enache, Rica Enache, Mihaela Murgoci, Cristian Zãrescu, Prince Charles, Dacian Ciolos
Trama di Acasa – My Home
La famiglia Enache vive in mezzo alla natura, nell’area disabitata e selvaggia del delta di Bucarest. Tutto cambia quando la zona viene trasformata in un parco nazione e la famiglia viene costretta e aiutata a trasferirsi in città e a confrontarsi con un nuovo modello di vita in contrapposizione con quello che hanno adottato fino ad allora.

Recensione di Acasa – My Home
Opera prima del documentarista Radu Ciorniciuc, Acasa – My Home, presentata in Italia alla 32 edizione del Trieste Film Festival, si dimostra una pellicola matura e che possiede al suo interno una storia piena di sfumature tematiche che conduce, inevitabilmente, il pubblico a porsi delle domande e a prendere una posizione sugli eventi che vengono mostrati nel lungometraggio a tinte documentaristiche che ricorda per certi versi quella povertà mostrata nel cinema italiano anni ’50 con il movimento neorealista; ma in Acasa – My Home non siamo nella finzione ma nella realtà e tale elemento fa ancor di più da contrapposizione con le logiche della gente comune abituate a un certo tipo di vita definita “giusta” sopratutto se riflettiamo che quello stile di vita “povera” e all’interno di un parco naturale come degli animali in libertà non è altro che una scelta e non un vero e proprio obbligo.
Il capo – padrone della famiglia Enache per una forma di ribellione ben diciotto anni prima degli eventi trattati nel lungometraggio decide di trasferire la sua famiglia all’interno di un bacino idrico (disabitato) situato nella periferia di Bucarest, denominato Delta di Bucarest. In questo luogo ha costruito una baracca insieme alla moglie e lì hanno iniziato a vivere e a creare la loro piccola tribù immettendo in quel luogo “non comune” ben nove figli, che non ottengono nessuna educazione scolastica ma bensì quella della natura. Interessantissimo l’inizio di Acasa – My Home in cui rintracciamo immediatamente l’elemento più primitivo e naturale della vita: bambini che giocano nel grande bacino andando a pescare e catturare animali, il tutto in grande armonia, ma proprio questa armonia familiare (o forse apparente felicità infantile) viene messa subito in pericolo dall’incombenza della società capitalistica della Bucarest, grande metropoli mostrata con un emozionante panoramica realizzata con un uso del drone in cui prima siamo con gli animali e dei bambini mezzi nudi e sporchi (terrificante tutta la sporcizia intorno all’abitazione) per poi avere uno spazio più aperto visivamente in cui scopriamo l’oscuro agglomerato di case: la società e le sue regole. Tale scena mette in chiaro un elemento: la vita di quella famiglia è in pericolo, in effetti è proprio così: arriveranno spesso degli assistenti sociali e la trasformazione del territorio in un parco naturalistico segna la fine della loro vita in quel luogo con un trasferimento all’interno di una casa, che non rispecchia lo stile di vita della famiglia. Inoltre la vita sociale impone delle regole che loro non sembrano comprendere veramente (come vediamo nella scena in cui pescano il pesce e interviene la polizia)

Acasa – My Home, girato con una macchina a mano che avvicina il pubblico ai suoi personaggi, mostra l’impossibilità di vivere dove e come si vuole prendendo in esempio una famiglia di apparenti zingari che vivono esclusivamente di carità. Il regista non vuole immettere il suo giudizio anche per un semplice motivo: saranno i figli della coppia che nel corso del film esprimeranno il loro parere pro e contro il padre creando una lotta ideologica e di radici interne alla famiglia. Lo spettatore non può che giudicare positivamente o negativamente questi individui che Radu Ciorniciuc porta sullo schermo con grande umanità, elemento che rende il prodotto ancor di più meritevole di visione essendo essente da ogni logica razziale o di buonismo, ma il cineasta mostra la realtà cruda e vera, il tutto senza fare uso d’interviste e senza entrare in maniera evidente nella storia, anzi lui è un narratore impassibile e non entra mai negli eventi, ma li osserva come uno studioso. Tale suo approccio dona al pubblico uno spaccato di vita e del modo di pensare al di fuori delle logiche europee e capitalistiche che può essere compresso oppure contestato sopratutto nella figura del padre – padrone, colui che ordina e non fa mai niente per gli altri, come il figlio maggiore gli andrà a contestare. In tutto ciò però viene messo in evidenza come l’uomo ( forse in maniera possessiva) provi un forte attaccamento verso i suoi figli da cui teme di doversi separare.
Indubbiamente resta al pubblico una riflessione dopo aver terminato la visione della pellicola, quei giovani bambini erano più felici nell’habitat naturale o in quello societario industriale? Guardate il lungometraggio per scoprilo e per crearvi una vostra opinione in merito, su un film che mette varie tematiche interne alla storia per smuovere lo spettatore a pensare.
Note positive
- Regia
- Approccio umanitario nel mostrare la famiglia
- Tematiche
- Fotografia
Note negative