Distribuito in anteprima al cinema, il 5 e il 6 dicembre 2022, per poi venire distribuito ufficialmente il 7, Si, Chef! – La Brigade è un emozionante film francese diretto dal Louis – Julien Petit (Dicount, 2014; Carole Matthieu, 2016). Il regista parlando della sua pellicola ha dichiarato:
Mi interesso della questione dell’integrazione in Francia in tutte le sue forme dalle riprese di Le invisibili. Parallelamente alle mie domande, Liza Benguigui, la mia produttrice, mi ha presentato Sophie Bensadoun, sceneggiatrice e documentarista che aveva in mente di scrivere un film sul tema dell’integrazione dei minori stranieri non accompagnati attraverso la cucina. L’idea mi è sembrata fin da subito molto interessante, dovevo solo trovare una storia originale e solare. Quindi ho deciso d’intraprendere, come per ogni mio film, un’indagine. Grazie a Sophie, ho avuto la possibilità di conoscere Catherine Grosjean, insegnante di corsi di cucina professionalizzanti a cui sono iscritti dei migranti di minore età. Quando ho scoperto il suo carattere forte e il metodo pedagogico che utilizza con i suoi studenti, ho avuto le idee molto più chiare riguardo alla piega che doveva prendere il film: per riuscire a farne una storia luminosa, era necessario contrapporre questi giovani con un background difficile a un personaggio singolare. Ispirata da diversi chef che ho incontrato durante il mio lavoro di ricerca in Francia, Cathy Marie è diventata l’eroina che mi ha permesso di integrare questi universi. Una cuoca testarda che ha sempre sognato di fare la chef e che si trova con le spalle al muro; è costretta a mettere in pausa la sua vita per lavorare qualche mese in un centro per giovani migranti. Non lo sa, ma questa esperienza le permetterà di realizzare il suo sogno in modo diverso, grazie a una qualità che non sospettava di possedere: l’approccio pedagogico. Finirà quindi per realizzarsi diventando chef a modo suo, creandosi una vera e propria famiglia nel centro.
Il tutto rientra dentro un ottica da commedia sociale, rivolta verso tematiche importante rivolte agli abbandonati dalla società.
Volevo che Sì, Chef! – La brigade fosse una commedia sociale, il genere che amo sin dal mio primo film, Discount. Mi sembra uno dei migliori per affrontare i problemi sociali più difficili. La sfida era quindi quella di affrontare realisticamente il problema dei migranti di minore età, senza ignorare la spada di Damocle che pende sulla loro testa – quella dell’espulsione se non intraprendono un percorso di formazione entro i 18 anni – e mantenendo una parte di comicità e ottimismo. Il personaggio di Cathy Marie è stato il vettore ideale per questo: egocentrica e sicura di sé, la sua immersione forzata in questo centro lontano anni luce dai suoi pensieri dà vita, sin dall’inizio del film, a una situazione comica. Poi, proprio come lo spettatore, Cathy scoprirà la realtà del viaggio di questi giovani – dal loro arrivo in Francia ai loro sforzi per integrarsi, compresa la minaccia dell’espulsione. Con lo svolgersi della trama, la commedia cede il passo all’emozione, poiché Cathy comprende davvero la storia di ciascuno dei membri della sua brigata. Infine, volevo che l’ultimo terzo del film fosse un vero sfogo comico per lo spettatore, un tuffo nel mondo moderno e molto particolare dei reality show. Un universo spietato che Cathy detesta, ma che si rivelerà l’unico modo per mettere sotto i riflettori la sua brigata.

Riguardo all’attrice protagonista Audrey Lamy, che riveste i panni di Cathy Marie, il regista ha affermato:
Mi sono accorto di aver trovato il mio alter ego in Audrey Lamy sul set de Le invisibili. È un’attrice profondamente umana, che sa passare dalla commedia al dramma in un istante: incarna il genere dramedy. Quindi ho scritto questa sceneggiatura per lei. Audrey ha, grazie alla sua formazione al Conservatoire national, una perfetta padronanza del testo e un grande talento per l’improvvisazione e il lasciarsi andare di fronte ad attori non professionisti. Ci siamo trovati di fronte a una grande sfida: gli spettatori dovevano accettare la lingua lunga del personaggio senza trovarlo troppo fastidioso o irritante; dovevano provare empatia per questa donna che si trova a un bivio della sua vita. Ho puntato sui difetti di Cathy Marie per ammorbidirla a poco a poco, rallentare il suo ritmo approfondendo il suo lato umano, il suo rapporto con gli altri.
Audrey Lamy si è impegnata molto nella preparazione per questo personaggio: ha trascorso diversi mesi nelle cucine di due grandi ristoranti (Apicius e Divellec) esercitandosi a sfilettare sgombri fino non riuscire più a togliersene l’odore dalle dita! Sotto la guida degli chef Mathieu Pacaud e Christophe Villermet, già dopo poche settimane era irriconoscibile, perché si mimetizzava perfettamente nelle brigate di professionisti. Così come Cathy Marie realizza il suo sogno, anche Audrey ha realizzato il suo con questo film: recitare al fianco di François Cluzet. Quando ha saputo che avrebbe recitato al suo fianco, è scoppiata a piangere dalla gioia. Entrambi questi attori non antepongono mai loro stessi al film. E credo sia questo il segreto del loro successo: sono al servizio del film, totalmente coinvolti, ed è il sogno di ogni regista. Sono estremamente fortunato ad averli avuti nel mio film.
Era anche il mio sogno avere François Cluzet nei panni di Lorenzo. Questo personaggio incarna le problematiche sociali del film: un minore non accompagnato deve intraprendere un percorso di formazione entro i 18 anni, pena l’espulsione dal Paese. È un personaggio benevolo e fragile, che cerca di trovare una soluzione per questi giovani, ma si scontra con le porte chiuse delle istituzioni e la lentezza della burocrazia. Per Cathy Marie, il metodo da “studente modello” di Lorenzo non basta più, ed è lei che lo incoraggerà alla disobbedienza civile, a fare ciò che è vietato, ma giusto. E chi meglio di François Cluzet poteva affiancare Audrey Lamy? Si sono spronati a vicenda con precisione e generosità sconfinata.
Riguardo al casting dei bambini:
Il casting dei giovani si è svolto da luglio a ottobre 2020 in varie associazioni di accoglienza parigine. I due direttori del casting hanno filmato più di 300 giovani. Ho guardato tutte le interviste, 300 ore di girato, in cui ognuno racconta la propria vita, il proprio viaggio. Cercavo delle personalità la cui energia potesse alimentare il film. Dopo una prima selezione, ho voluto incontrarne 150. Poi abbiamo organizzato dei laboratori teatrali durante i quali abbiamo provato una scena, quella della prova dello scalogno. Lì ho visto come si muovevano, come reagivano. Dopodiché ho annunciato a una quarantina di loro che erano stati selezionati per recitare nel film. Abbiamo proposto a coloro che avevano partecipato al casting senza essere stati selezionati per la brigata principale, di fare le comparse, se lo desideravano. Non ho dato loro nessun copione, ho solo raccontato a grandi linee la storia. Volevo mantenere intatta la loro sincerità e far sì che scoprissero naturalmente, passo dopo passo, il personaggio di Cathy Marie. La ricchezza del film deriva anche dall’amore che Audrey ha saputo dare loro. Poiché non conoscevano il copione, ho dovuto affidarmi ad Audrey, che conosceva la struttura delle scene e della narrazione. Abbiamo girato il film seguendo la sceneggiatura per sviluppare i loro personaggi mentre avanzano nella storia. Il fatto che li guardassimo, che li prendessimo in considerazione, li ha sconvolti. E se, durante le riprese, hanno imparato un po’ da noi, noi abbiamo imparato moltissimo da loro: hanno avuto molto rispetto per la squadra, ottima puntualità, una disciplina incredibile, grande consapevolezza di quanto siano fortunati a essere in Francia. Hanno incarnato perfettamente ciò che volevo evidenziare con il film, hanno la voglia, il coraggio e le capacità per riuscire a integrarsi; sono il cuore della brigata.