Emilio Vedova. Dalla parte del naufragio: Vita e arte del grande pittore veneziano

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Emilio Vedova. Dalla parte del naufragio

Titolo originale: Emilio Vedova. Dalla parte del naufragio

Anno: 2019

Genere: documentario

Paese di produzione: Italia

Lingua originale: italiano

Regia: Tomaso Pessina

Fotografia: Michele Vairo e Lucio Pontoni, Giacomo Betti

Montaggio: Olga Stopazzolo

Casa di produzione: Fondazione Emilio e Annabianca Vedova, Twin Studio

Distribuzione: Wanted Cinema

Durata: 68 min.

Fabrizio Gazzarri, Gabriella Belli, Alfredo Bianchini, Carla Schulz-Hoffmann, Luca Massimo Barbero, Karole Vail, Georg Baselitz, Germano Celant, Toni Sorvillo.

Trailer italiano di Emilio Vedova. Dalla parte del naufragio

Trama di Emilio Vedova. Dalla parte del naufragio

Il documentario ricostruisce la vita del pittore, figura chiave dell’arte contemporanea e degli avvenimenti che hanno caratterizzato il Novecento, coinvolgendo alcune delle personalità che ruotavano attorno a lui come Alfredo Bianchini, Presidente della Fondazione dedicata a Emilio e alla compagna Annabianca; il critico d’arte Germano Celant, Curatore Artistico della Fondazione; Karole Vail, direttrice della Guggenheim Collectione nipote di Peggy; Fabrizio Gazzarri, storico assistente di Vedova e direttore dell’Archivio della Fondazione; Georg Baselitz, pittore tedesco e amico di Vedova. A loro, si aggiungono estratti dal diario di Vedova, brillantemente letti da Toni Sorvillo e prezioso materiale d’archivio.

Recensione di Emilio Vedova. Dalla parte del naufragio

Emilio Vedova. Dalla parte del naufragio è un documentario scritto e diretto da Tomaso Pessina in occasione del centenario dalla nascita del pittore e selezionato ufficialmente per la corsa ai Nastri d’Argento 2020 e presentato alle Giornate degli Autori in occasione della 76/ma Mostra del Cinema di Venezia.

Raccontare la vita di un artista non è mai semplice; raccontarla in modo dinamico e coinvolgente lo è ancora meno. Ma Tomaso Pessina ci è riuscito perché in qualche modo è stato lo stesso Vedova, grazie alla sua dirompente personalità, a costruire l’intera narrazione.

Il film inizia svelandoci il senso ultimo dell’arte di Vedova:

Tentare di spiegare un quadro è come spiegare un po’ tutta la tua vita, è una registrazione del cuore del mondo, del mio mondo”.

cit. Emilio Vedova in un’intervista

Il concetto di spazialità dell’opera d’arte è fondamentale nell’economia artistica del pittore e non solo viene profondamente indagato nel corso del documentario, ma è anche la scelta stessa di lasciar parlare video e registrazioni audio a enfatizzarne l’importanza. L’arte di Vedova è sempre stata molto fisica, un rapporto intimo tra lui, la tela e la pittura. Ogni composizione comincia dal centro della tela, dal quale poi si diramano le linee forza atte a sostenere la struttura della rappresentazione. Si tratta di un lavoro strutturato, equilibrato e organizzato, ma estremo, come lo è il suo approccio: selvaggio, ma pieno di empatia. Lo spazio viene esplorato anche tramite il segno: agitato, vigoroso, sporco, si spande su tutta la tela con l’intento anche di uscirne per continuare a vivere in un infinito proseguo. E proprio nel gesto sta la differenza con un altro grande artista del Novecento: Jackson Pollok. Se lui escludeva, delegando il compito alla materia che colava sulla tela, per Vedova ogni movimento e segno erano già l’espressione soggettiva di quello che voleva raggiungere e modificare. Tintoretto è stato l’artista che ha influenzato maggiormente Vedova, quasi un mentore. Egli ha sempre cercato di rappresentare nei suoi quadri lo stato d’animo e l’atmosfera che si respirava a Venezia, la quale gli trasmette l’impulso con cui dipingere. In lui vediamo rivivere i capisaldi della pittura tintorettiana: spazio, luce, diagonali e costruzione, con l’aggiunta di una pennellata veloce, non finita. Vedova ne ricita anche i colori: nero (oscurità), bianco (luce) e rosso (sangue). L’arte di Emilio Vedova è anche scandita dai maggior avvenimenti storici del Novecento: tra il 1944 e il 1945 prende parte alla resistenza; nel 1946 entra a far parte del Fronte Nuovo delle Arti, un gruppo di artisti che porrà fine pratiche pittoriche novecentesche, dando inizio ad una nuova era dell’arte in Italia; l’anno successivo conoscerà Peggy Guggenheim, impegnata nella sua campagna al sostegno dei giovani artisti, che trova il suo principio a Venezia. Il secondo dopoguerra sarà per lui un periodo cruciale, che lo vedrà barcamenarsi tra la riscoperta delle avanguardie con i quadri in bianco e nero e le geometrie, e l’informale, che gli permetteva di essere libero e anarchico verso la rappresentazione. All’inizio degli anni Cinquanta però si ribella alla geometria, nel tentativo di far vibrare una maggiore spontaneità, tanto che nel 1953 dipinge il “ciclo della protesta”, dando sfogo ad un crescendo di forza e tensione inesauribile. Un ruolo importante nella vita dell’artista l’ha svolto la compagna Annabianca, nonché suo supporto critico. Ella fu determinante nella sua crescita culturale, studiando e viaggiando assieme. Fu proprio lei a portarlo nelle università americane dove tenne alcune lezioni.

Parte tecnica

La presenza di Emilio Vedova è permeata fino alla parte più tecnica del documentario. Il suo modo di essere è riscontrabile in un montaggio incalzante ma coinvolgente, che rallenta nelle interviste per accelerare nel materiale d’archivio o negli estratti, che lo ritraggono intento a spiegare o comporre i suoi quadri. Troviamo anche l’uso, insolito per un documentario, di animazioni realizzate tramite i rotoscopio, una tecnica che permette di rendere realistiche le figure umane; il disegnatore ricalca le scene a partire da una pellicola precedentemente filmata, ricreando i movimenti e le azioni. I titoli di testa e di coda sono un omaggio al pittore, la cui figura iconica si disegna stagliandosi dinamica e imponente sullo schermo nero.

Note positive

  • Accuratezza della narrazione
  • La qualità del materiale d’archivio
  • Montaggio

Note negative

  • Nessuna in particolare
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